lunedì 14 aprile 2025

La cementazione della parte più profonda dei pozzi di reiniezione come provvedimento a successo per riduzione della sismicità indotta dalla reiniezione dei fluidi pompati insieme agli idrocarburi in Oklahoma


Torno dopo una decina di anni a parlare dell’Oklahoma e dei terremoti indotti dalla reiniezione in profondità dei fluidi derivati dall’estrazione di idrocarburi. Dopo che è stata evidenziata la correlazione fra terremoti e reiniezione i principali provvedimenti adottati dalle autorità dopo gli eventi sismici più importanti sono consistiti nella chiusura di alcuni pozzi di reiniezione e/o limitazioni nel tasso di smaltimento in altri. Con l’evidenza della correlazione fra la vicinanza della zona di reiniezione al basamento metamorfico, in Oklahoma è iniziata la cementazione della parte più profonda dei pozzi in modo da evitare che i fluidi reiniettati si fermassero nella loro discesa lontani dal basamento e dalle sue faglie. Un nuovo studio, modellando la sismicità, ha dimostrato la validità dei provvedimenti presi dal governo di questo Stato, in particolare la cementazione dei pozzi nei sedimenti cambriani del gruppo di Arbuckle, che sono quelli più vicini al basamento. 

in rosa l'area studiata da Skoumal et al (2024) e l'evolversi della sismicità

IL PROBLEMA DELL’ACQUA ESTRATTA INSIEME AGLI IDROCARBURI. I fluidi provenienti dalle attività di estrazione di idrocarburi si dividono grossolanamente in due categorie:
  1. nelle coltivazioni tradizionali di idrocarburi le cosiddette acque di strato: i fluidi che vengono vengono estratti insieme a petrolio e gas dai pozzi petroliferi 
  2. quando si usa invece la tecnica del fracking, una parte dei fluidi immessi in pressione nella roccia torna indietro e deve essere smaltita (i fluidi di “flow-back”)
Il volume delle acque di strato varia da giacimento a giacimento ed è particolarmente notevole in Oklahoma e nel Texas. Ad esempio nel texano Permian Shale a fronte di 6,5 milioni di barili al giorno di idrocarburi ne vengono prodotti 20 di acque reflue, dove 20 milioni di barili è pure la quantità di petrolio equivalente utilizzata in tutto gli USA. Il problema è che non solo le acque di strato sono fino a nove volte più salate dell'acqua di mare, ma sono spesso caratterizzate anche dalla presenza di livelli elevati di benzene e altri idrocarburi, tracce di petrolio, metalli pesanti, materiali radioattivi naturali e persino elementi oggi essenziali come il litio. Nel caso delle acque di flowback del fracking poi, si aggiungono pure composti chimici di sintesi quali acidi ed altri. È chiaro ed evidente come queste acque non possano essere rilasciate nell’ambiente e debbano quindi essere smaltite in qualche modo, una questione sempre più impattante per gli operatori e gli enti regolatori, sia pure in un clima non certo sfavorevole al settore da parte della classe politica statunitense. 
La depurazione sarebbe la soluzione più ovvia, ma ha un costo talmente elevato da essere ritenuta almeno nel sudovest degli USA economicamente insostenibile e desta pure parecchie perplessità dal punto di vista ambientale. Pertanto reiniettare queste acque nel sottosuolo in migliaia di pozzi di smaltimento per stoccarle in formazioni geologiche adatte allo scopo è attualmente la soluzione migliore. 
Purtroppo, come è noto, questa pratica sta aumentando in maniera preoccupante la sismicità in alcune delle zone dove viene effettuata. In attesa quindi di una nuova tecnologia in grado di trattare queste acque reflue super salate in modo economicamente e ambientalmente sostenibile, si rende necessario implementare delle soluzioni per diminuire la sismicità, come è successo in Oklahoma settentrionale e nel Kansas, dove la diminuzione del tasso di iniezione ha ridotto il numero di terremoti indotti. 

LA SISMICITÀ DA REINIEZIONE IN OKLAHOMA. L’Oklahoma ha una lunga tradizione di sismicità indotta dalle attività di coltivazione di idrocarburi (l’ho ripercorsa qui). Come ho spesso fatto notare, solo in pochissimi e noti casi la sismicità è direttamente collegata al fracking; fra questi ci sono proprio alcuni casi nell’Oklahoma meridionale, nei Woodford Shales, che come si vede dalla carta della prima figura sono situati a sud-ovest e a sud-est di quest'area (Skoumal et al., 2018), e non sono al centro dello studio di cui sto parlando. Nella stragrande maggioranza dei casi infatti, come in Oklahoma, i terremoti sono correlati alla reiniezione dei fluidi. Il fenomeno è in drammatico aumento in aree degli Usa che ne erano sostanzialmente prive ed è un problema piuttosto importante con cui le autorità devono confrontarsi.
Dopo una serie di studi è stato accertato che l’aumento della sismicità è stato causato dalla reiniezione di acque reflue derivante dalla produzione di petrolio e gas, a causa dell’aumento della pressione dei pori nelle zone di faglia, al quale corrisponde una diminuzione dell’attrito che le teneva ferme (Frohlich,2012) (ne ho parlato qui). È il più classico esempio di sismicità indotta dalle attività antropiche. 
In Oklahoma la situazione è stata estremamente difficile, con un drammatico aumento dell'attività sismica tra il 2009 e il 2015. Tuttavia, gli sforzi normativi per riempire alcuni pozzi di iniezione con cemento e ridurre i volumi di iniezione sono stati efficaci nell'abbassare il tasso di terremoti indotti nello Stato. 

in alto la produzione di petrolio dell'Olkahoma, in basso i terremoti. 
È evidente il crolo della simicità dopo le operazioni di cementazione
dei pozzi, soprattutto nella parte inferiore del gruppo di Arbuckle
L’AUMENTO DELLA SISMICITÀ TRA KANSAS E OKLAHOMA FINO AL 2015. Non è soltanto il Texas occidentale ad essere particolarmente flagellato dal problema: nel nord dell'Oklahoma e nel sud del Kansas tra il 1973 e il 2007, sono stati registrati soltanto sette terremoti di magnitudo ≥ 3 e come si vede dalla seconda figura, dopo il 2007 il loro numero è aumentato a dismisura fino ad un massimo di 940 nel 2015. Ci sono stati anche cinque terremoti con Mw ≥ 5, il primo a Prague nel 2011 - Mw 5.7, poi il massimo nel 2016 con quelli Mw 5.1 di Fairview, Mw 5.8 di Pawnee, Mw 5.8 di Cushing. La figura evidenzia anche come dal 2016 la sismicità sia diminuita notevolmente, nonostante l'aumento della produzione di petrolio, ma attualmente (2024) l’attività in corso è ancora ben al di sopra del tasso di fondo precedente: tra il 2019 e il 2023, mediamente si verificano oltre 20 terremoti di magnitudo ≥ 3 all'anno nell'area e addirittura dopo ben 8 anni dai precedenti così forti, nel 2024 è avvenuto un nuovo evento a Prague di M 5.1. 
È stato accertato che la stragrande maggioranza di questi recenti terremoti è stata indotta dallo smaltimento delle acque reflue nei sedimenti del gruppo di Arbuckle: sono carbonati con inframmezzate delle arenarie, deposti fra Cambriano e Ordoviciano in acque poco profonde sopra i primi e sottili sedimenti che ricoprono il basamento metamorfico di circa 1.400 milioni di anni fa. Siccome il gruppo di Arbuckle si è deposto prima della differenziazione nell’area fra Texas, Kansas, Oklahoma e Arkansas in vari bacini sedimentari paleozoici, questi sedimenti del gruppo di Arbuckle sono quindi alla base di varie successioni sedimentarie differenti note per il loro contenuto di idrocarburidi bacini come Anadarko, Ardmore e Arkoma. 
Ritornando in Oklahoma sopra il gruppo di Arbuckle si è deposta una spessa serie sedimentaria estesa su gran parte dello Stato e di quelli limitrofi che comprende alcune delle più importanti formazioni contenenti idrocarburi, come i Woodford shales del Devoniano e i calcari del Mississippi del Carbonifero. Questi ultimi in particolare sono caratterizzati da un non trascurabile rapporto volumetrico tra acqua e idrocarburi di circa 10:1 (Mitchell e Simpson, 2015): insomma insieme agli idrocarburi viene pompata molta più acqua della media.
È quindi necessario smaltire in profondità un volume enorme di fluidi che non possono certo essere scaricati in superficie. Trasporto e smaltimento di così grandi quantità di fluidi possono rappresentare un onere economico mica da poco, ma nell’Olkahoma i sedimenti del gruppo di Arbuckle, diverse centinaia di metri sottostanti a quelli che forniscono gli idrocarburi, sembravano fatti apposta per questo scopo, avendo una permeabilità elevata: in buona sostanza i fluidi immessi possono fluire rapidamente via dal pozzo, lasciando spazio a nuove iniezioni e sono usati in tutti i bacini delle cui serie fanno parte. A causa dell'aumento delle attività di produzione di idrocarburi dal 2010, i tassi di smaltimento nell'Arbuckle sono aumentati e il tasso di terremoti pure. Il picco del tasso di iniezione è stato raggiunto nel 2015. Negli anni successivi al calo del tasso di iniezione è stato osservato un corrispondente calo del tasso di sismicità (Langenbruch et al., 2018). 

PROVVEDIMENTI DELLE AUTORITÀ E MODELLIZZAZIONE DELLA SISMICITÀ. Skoumal et al (2024) hanno esaminato i fattori responsabili della diminuzione della sismicità indotta dallo smaltimento delle acque reflue, fornendo un ulteriore supporto all'idea che la riduzione della profondità dell'iniezione di acque reflue possa ridurre l'attività sismica in quanto si evita l’aumento della pressione idrostatica nelle faglie del basamento metamorfico e della parte bassa della serie sedimentaria. Queste faglie, in genere subverticali, interessano sia il basamento metamorfico che la parte più bassa della serie sedimentaria, contraddistinta appunto dal gruppo di Arbuckle (Kolawole et al,2020) sono state attive essenzialmente durante l’orogenesi di Ouachita, equivalente alla orogenesi varisica in Europa, oroginatasi dallo scontro fra Carbonifero e Permiano fra Euroamerica e il bordo settentrionale del Gondwana, nei settori che poi sono diventati il Sudamerica e l’Africa. Queste faglie non sarebbero dunque più attive da un bel pezzo, ma appunto la riduzione dell’attrito dovuta all’aumento della pressione dei pori ne ha provocato la nuova mobilitazione. 
la modellistica di Skoumal et al (2024) evidenzia come senza
la cEmentazione dei pozzi la diminuzione della reiniezione
da sola non sarebbe stata sufficiente per diminuire la sismicità
Riconosciuta l’origine della sismicità, a partire dal 2015, la Oklahoma Corporation Commission (OCC) ha emanato 33 direttive relative alla mitigazione della sismicità indotta dallo smaltimento delle acque reflue. Tali direttive spaziavano da ordini regionali per ridurre i volumi in tutto l'Oklahoma a ordini mirati in risposta a singole sequenze di terremoti. Ad esempio, in seguito al terremoto di magnitudo 4.5 di gennaio 2022 vicino a Clyde sono stati chiusi sette pozzi entro circa 10 km dall’epicentro e è stata ridotta la portata di reiniezione del 50% in altri 15, situati entro circa 16 km. In seguito al terremoto di magnitudo 5.8 di Pawnee del 2016, sono stati chiusi 32 pozzi e ridotte le portate in altri 35 che nelle contee di Pawnee e Osage iniettavano nell'Arbuckle. 
La stessa OCC e la corrispondente autorità del Kansas hanno inoltre imposto il riempimento con cemento dei pozzi che iniettano nella parte basale del gruppo di Arbuckle in modo che l’iniezione avvenga in formazioni più superficiali. 
La modellistica di Skoumai et al (2024) ha dimostrato che se la cementazione avesse interessato solo la metà dei pozzi il tasso di sismicità del 2024 in Oklahoma sarebbe stato circa 2,5 volte maggiore rispetto allo scenario attuale, valore che sarebbe stato addirittura di 4,4 volte maggiore senza prendere alcun provvedimento del genere.
A dimostrazione di tutto questo, dove questa operazione non è stata effettuata, ad esempio nel bacino del Permiano del Texas occidentale (salito alla ribalta petrolifera negli ultimi anni) e del Nuovo Messico sud-orientale la sismicità è in aumento, fino a raggiungere il livello di sei terremoti di magnitudo 5 e superiori dal 2020. 
Quanto realizzato in Oklahoma quindi potrebbe consentire anche in queste zone la mitigazione della sismicità indotta. 

BIBLIOGRAFIA 

Frohlich (2012). Two-year survey comparing earthquake activity and injection-well locations in the Barnett Shale, Texas. PNAS 109;13934–13938

Kolawole et al (2020). Basement‐controlled deformation of sedimentary sequences Anadarko Shelf Oklahoma. Basin Research 32,1365–1387.

Langenbruch et al (2018). Physics-based forecasting of man-made earthquake hazards in Oklahoma and Kansas. Nat. Comm. 9, no. 1, 3946,

Mitchell e Simpson (2015).  A regional re-evaluation of the Mississippi Lime Play, South-Central Kansas: The risks and rewards of understanding complex geology in a resource play. SPE/AAPG/ SEG Unconventional Resources Technology Conference, URTEC, URTEC-2154477

Skoumal et al (2018). Earthquakes induced by hydraulic fracturing are pervasive in Oklahoma. J. Geophys. Res. 123, no. 12, 10–918

Skoumal, et al (2024). Reduced Injection Rates and Shallower Depths Mitigated Induced Seismicity in Oklahoma. The Seismic Record. 4(4), 279–287





lunedì 7 aprile 2025

il caldo del 2024 è stato superiore alle attese: la probabile influenza della diminuzione delle nubi basse


È per me un onore moderare il 9 aprile a Firenze, alla biblioteca delle Oblate (ore 21) e anche  in diretta streaming (link in fondo al post), la presentazione del libro di Giulio Betti, meteorologo del LAMMA “ha sempre fatto caldo”. Non scrivo la recensone del libro, a cui ha già provveduto l’amico Giacomo Milazzo (la trovate qui). Però per presentare la conferenza introduco un problema su cui i climatologi stanno discutendo in questi mesi e cioè che la combinazione di aumento di CO2, El Niño e ciclo solare intenso non bastano a spiegare il deciso aumento delle temperature degli ultimi 2 anni e quindi sono in corso delle valutazioni in merito (e purtroppo come al solito il riscaldamento è superiore a quello dei modelli). Un editoriale su Nature Geosciences di marzo propone come causa del problema la diminuzione delle nubi basse, a causa della quale arriva sulla superficie una maggior percentuale di radiazione solare. Sono in corso le ricerche sul motivo di questa diminuzione, anche perché è neessario capirlo per adeguare le modellazioni climatiche. 

EL NIÑO E IL CALDO DEGLI ULTIMI 2 ANNI. Nonostante la drammatica ondata di freddo che ha colpito gli Stati Uniti, dove ovviamente i climascettici hanno gridato a forza che il riscaldamento globale è una bufala, a gennaio 2025 la temperatura media globale della superficie ha raggiunto 1,75 °C in più rispetto al clima preindustriale, stracciando il record precedente ed estendendo ulteriormente il periodo di calore eccezionale iniziato nel 2023, che ha visto battuti quasi dappertutto i record mensili della media delle temperature (Copernicus, 2025).
Sicuramente in questo record c’è lo zampino della ENSO, meglio nota come El Niño Southern Oscillation. La ENSO rappresenta sicuramente una delle principali fonti di variabilità climatica naturale quindi – tanto per rinfrescare le idee – descrivo le 3 fasi in cui consiste:

1. EL NIÑO: un riscaldamento della superficie oceanica dell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale:
• le temperature superficiali del mare diventano superiori alla media
• i venti a bassa quota, che normalmente soffiano da est a ovest lungo l'equatore (i venti orientali) si indeboliscono o, addirittura iniziano a soffiare nella direzione opposta (da ovest a est o "venti occidentali")
• tendenza alla diminuzione delle precipitazioni in Indonesia

2. LA NIÑA: la superficie oceanica dell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale si raffredda:
• nell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale le temperature superficiali del mare diventano inferiori alla media,
• i classici venti orientali lungo l'equatore diventano ancora più forti.
• in Indonesia piove più del normale, mentre sull'Oceano Pacifico tropicale centrale piove meno del normale

3. FASE NEUTRALE (non siamo né in El Niño né nella Niña, è lo stadio – diciamo così – normale): nell'Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale le temperature superficiali del mare sono generalmente vicine alla media, come le piogge. Questo anche se talvolta l'oceano può sembrare in stato di El Niño o La Niña, ma l'atmosfera non lo è (o viceversa).

Comunque gli effetti della ENSO si fanno sentire a livello globale esi registrano in genere temperature globali maggiori durante la fase di El Niño, che invece diventano minori durante la Niña. Variano anche un po' in giro anche i regimi delle precipitazioni.


2023-2024: NON SOLO EL NIÑO.
Bene: l'impennata di temperatura nel 2023 era in parte prevista a causa del sommarsi della componente del cambiamento climatico antropico con quella apportata da El Niño. Il problema è che l'entità del salto è stata sorprendente, perché molti climatologi si aspettavano un calo delle temperature nella seconda metà del 2024, alla conclusione della fase di El Niño della ENSO.
Questo non è successo e difatti anche a Gennaio 2025 abbiamo raggiunto un nuovo e non previsto record (come purtroppo succede di frequente, le previsioni sulle temperature si rivelano ottimistiche rispetto alla realtà). Insomma, la combinazione fra fase di El Niño della ENSO (sia pure particolarmente forte) e l'aumento continuo del tenore atmosferico dei gas serra può spiegare solo una parte del recente picco di temperature. Ovviamente come fa notare un editoriale su Nature Geoscience di marzo (redazione Nature Geosciences, 2025) la cosa ha sollevato pesanti interrogativi sul tasso di cambiamento climatico in corso. In particolare la domanda è se all’aumento dei gas serra si sia affiancata una variante naturale o si tratti soltanto di un'accelerazione del riscaldamento antropogenico.
Di sicuro l’atmosfera è un sistema molto complesso in cui non sono solo i gas-serra a controllare le temperature, anche se in questo momento il rilascio di CO2 antropico è sicuramente il maggiore driver del loro aumento.

Vediamo quindi alcuni fattori che potenzialmente hanno portato a questo anomalo perdurare di temperature record:
• innanzitutto le azioni antropiche che influenzano il clima in molti modi diversi dal rilascio di anidride carbonica, ad esempio attraverso l'emissione di forzanti climatici di breve durata come gli aerosol. 

Per quanto riguarda le cause naturali ne sono state individuate diverse:
  • una potrebbe essere la nota eruzione dell’Hunga Tonga-Hunga Ha'apai, la quale nel 2022 ha lanciato circa 150 milioni di tonnellate di vapore acqueo nella stratosfera. Dato che anche il vapore d’acqua è un gas – serra, tale quantitativo potrebbe aver contribuito al calore del 2023. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l'eruzione abbia avuto un effetto di raffreddamento netto dovuto al rilascio di biossido di zolfo, che formando aerosol nella stratosfera bloccano parte della radiazione solare (Millán et al, 2022), come succede normalmente: è noto come le esplosioni vulcaniche in area equatoriale provochino un raffreddamento negli anni successivi (ne ho parlato qui) e quella del 2022 non ha quindi fatto eccezione.
  • il recente aumento dell'attività solare mentre ci avviciniamo al massimo solare quest'anno potrebbe anche aver contribuito in piccola parte al riscaldamento. 

Ovviamente dobbiamo registrare l’aria tronfia dei climascettici, prontissimi ad abbracciare la tesi “Hunga Tonka + attività solare” escludendo ovviamente il CO2. Ma come al solito la inconsistenza delle loro idee viene confermata dai dati.
In realtà il contributo di queste cause è stato negativo nel primo caso, mentre appunto una piccola componente dovuta al ciclo solare ci può stare. 
Quindi sembra ancora mancare una fonte di calore. E la risposta potrebbe trovarsi nelle nuvole. 


le nubi come tracce celle navi
IL PROBLEMA DELLE NUBI BASSE
. Qui entra in gioco l’albedo, una grandezza estremamente importante nel bilancio termico dell’atmosfera e cioè la frazione di radiazione solare che viene riflessa da una superficie e quindi la capacità di NON trasformare la radiazione in calore; ad esempio una automobile bianca al sole si riscalda meno di una nera perché respinge più radiazione (o ne assorbe meno) di una scura.
Nel 2023 le nubi basse nelle latitudini medie settentrionali e nei tropici si sono ridotte. Siccome le nubi riflettono la luce solare in arrivo, maggiore è la loro estensione, maggiore è l’energia solare che riflettono e che quindi non arriva in superficie. La loro diminuzione ha comportato quindi una minore riflessione della radiazione solare in arrivo e, di conseguenza, temperature superficiali più calde. Questo effetto di riscaldamento è potenzialmente sufficiente a colmare il divario e spiegare le alte temperature del 2023 (Goessling et al, 2025). 

Dopo aver trovato l’agente protagonista di questa componente che si è innestata accanto alle emissioni di gas-serra e alla fase di El Niño della ENSO, il perché di questo calo della copertura nuvolosa non è ancora chiaro. Ci sono 3 alternative:

1. VARIABILITÀ NATURALE: i cambiamenti nelle nubi basse sono semplicemente dovuti alla variabilità naturale, e quindi prima o poi (auspicabilmente prima) riaumenteranno e il loro contributo al riscaldamento globale tornerà ad essere negativo. Lo farà?

2. MENO EMISSIONI DALLE NAVI: . la riduzione delle nubi potrebbe essere collegata alle nuove normative internazionali sul carburante per le spedizioni implementate nel 2020, volte a ridurre le emissioni di zolfo. Queste emissioni possono aumentare la luminosità delle nubi basse marine agendo come nuclei di condensazione delle nubi, con conseguente formazione di lunghe nubi altamente riflettenti note come "tracce delle navi" (nella foto). Le nuove normative avrebbero quindi portato a una riduzione di queste tracce e quindi di nubi basse, anche se non proprio naturali (Gettelman et al, 2024). Se è così, allora paradossalmente l’uso di carburanti “ambientalmente migliori” potrebbero aver provocato degli effetti indesiderati

3. DIMINUZIONE A CAUSA DELL'INNALZAMENTO DELLA TEMPERATURA: se la seconda pare brutta, la terza è ancora peggiore: la copertura nuvolosa bassa diminuisce con l'aumento della temperatura. Quindi più la superficie terrestre si scalda, meno nubi basse si formano, contribuendo ulteriormente al riscaldamento.

Di fatto il modo in cui le nubi rispondono al riscaldamento rimane una delle maggiori incertezze nella comprensione della risposta climatica alle emissioni di anidride carbonica e un forte feedback da parte delle nubi basse potrebbe portare a un riscaldamento futuro maggiore di quanto attualmente previsto. Delle tre cause in questo momento sembrerebbe più realistica la seconda.
Quanto meglio comprendiamo come i fattori umani e naturali si combinano per produrre variabilità climatica a breve termine, tanto più solidamente possiamo limitare la risposta a lungo termine all'anidride carbonica. Da questo si capisce che fino a quando il “peso” della componente “nubi basse” non sarà chiarito (tantomeno le cause della loro variazione) le modellazioni potranno contenere importanti errori e quindi è assolutamente necessario comprendere la complessa interazione tra il riscaldamento causato dai gas serra e la variabilità climatica a breve termine.

La diretta streaming della presentazione del libro sarà visibile a questo indirizzohttps://www.caffescienza.it/programma-2024-2025/ha-sempre-fatto-caldo

BIBLIOGRAFIA

COPERNICUS (2025) January 2025 was the warmest on record globally, despite an emerging La Niña. Copernicus  https://climate.copernicus.eu/copernicus-january-2025-was-warmest-record-globally-despite-emerging-la-nina

Gettelman et al. (2024). Has reducing ship emissions brought forward global warming? Geophysical Research Letters, 51, e2024GL109077 

Goessling et al (2025). Recent global temperature surge intensified by record-low planetary albedo. Science387,68–73 

Millán et al (2022). The Hunga Tonga-Hunga Ha'apai Hydration of the Stratosphere. Geophysical Research Letters, 49, e2022GL099381. 

Redazione Nature Geoscience (2025) Rising temperatures. Nat.Geosc. 18/3, 199

Schmidt (2024). Why 2023’s heat anomaly is worrying scientists. Nature 627,467