martedì 11 marzo 2014

La Beringia, la terra oggi sommersa su cui gli antenati degli Amerindi hanno vissuto per migliaia di anni



Ritengo molto utile parlare di questa fase molto particolare della storia umana, poco conosciuta ma significativa. 20.000 anni fa, ai tempi dell'ultimo massimo glaciale, la presenza della Beringia, una terra oggi sommersa sotto le gelide acque del Mare di Bering orientale e del mare dei Chukchi, è cruciale nelle ricostruzioni sul popolamento delle Americhe, in special modo sulle origini della maggioranza dei nativi americani, gli amerindi (Gli altri gruppi sono i Na-denè della costa pacifica canadese e gli Eskimo - Aleuti dell'Alaska, le cui origini sono un pò più chiare). Ci sono ancora diverse domande che difficilmente potranno essere risolte da ritrovamenti archeologici in quanto tali eventuali reperti giacciono sul fondo non certo profondo ma difficilmente studiabile del mare di Bering. 


Nella carta qui sopra vediamo la situazione nell'area tra Nordamerica e Siberia circa 20.000 anni fa, durante l'intervallo temporale intorno all'ultimo massimo glaciale (che chiamerò d'ora in poi con la sua sigla inglese, LGM - Latest Glacial Maximum). Si vede bene una terra oggi scomparsa a causa dell'innalzamento del livello marino successivo all'LGM.
Oggi ci sono pochi dubbi sul fatto che gli antenati degli Amerindi, la stragrande maggioranza delle popolazioni native americane, abbiano vissuto per un po' di tempo in questo ponte di terre emerse, chiamato Beringia, che occupava la parte occidentale del Mare di Bering e – a nord dell'omonimo stretto – quella meridionale del Mare dei Chukchi. Certo, ci sono i sostenitori della “Polynesian connection”, che invocano un contributo genetico dei polinesiani, ma è evidente che questa possa essere una circostanza valida solo per gli ultimi 2000 anni. 
Altri parlano di un rapporto fra le popolazioni nordamericane Clovis di 12.000 anni fa con i solutreani europei, in base alla questione dell'aplogruppo X, ma questa idea ha perso consistenza negli ultimissimi anni. 
Annoto infine che sono ormai state sorpassate le idee basate sugli studi della morfologia del cranio, che, a causa delle differenze fra i crani dei "paleoindiani" avevano ipotizzato due invasioni differenti, con la seconda che elimina pressochè totalmente la prima.

Le domande principali sul popolamento della Beringia e sul successivo passaggio in America sono: 
- perchè questa popolazione di origini asiatiche è entrata ta in Beringia?
- perchè sono rimasti lì qualche migliaio di anni senza andare oltre?
- perchè successivamente i Beringiani sono entrati nelle Americhe e le hanno conquistate?
- quando l'hanno fatto, prima o dopo l'ultimo massimo glaciale?
- hanno percorso un itinerario costiero o uno più interno che si apri quando la calotta si ruppe in due parti, isolando quella sulla Catena delle Cascate da quella principale, la Laurentide?

LA BERINGIA E LA CALOTTA LAURENTIDE

Oggi la porzione settentrionale e quella orientale del Mare di Bering sono caratterizzate da una profondità veramente ridotta, poche decine di metri. E al di là dello Stretto di Bering, le stesse caratteristiche sono condivise dalla piattaforma siberiana lungo il Mare dei Chukchi. Per dare un'idea, come si vede da questa carta, tratta da Ager (2003) Late Quaternary vegetation and climate history of the central Beringia land bridge from St. Michael Island, western Alaska, anche a 100 km a largo dell'Alaska la profondità del mare di Bering è inferiore a 50 metri. La cosa è particolarmente evidente nel Norton Sound, una vasta insenatura dalla forma che assomiglia ad un quadrato di 100 km di lato, in cui la profondità non supera i 25 metri. È facile capire che durante il periodo di basso livello marino corrispndente all'LGM questa zona era una terra emersa.

La Beringia quindi era un ponte di terre emerse che univa l'America Settentrionale e la parte nordorientale dell'Asia. Durante le epoche glaciali però non ha avuto una grandissima importanza per gli scambi faunistici tra Asia e Americhe a causa della presenza di quel muro invalicabile che era la calotta Laurentide. Nel nordamerica c'erano due calotte glaciali, quella Laurentide e quella della Cascadia, che nei periodi più freddi erano unite mentre in quelli relativamente più caldi erano divisi da un corridoio libero dai ghiacci nella zona delle pianure interne. La carta pubblicata su Dyke (2004) An outline of North America deglaciation illustra queste tre zone, la Catena delle Cascate (la “Cordillera”), le pianure interne e lo scudo laurentide.

Il progressivo raffreddamento prima dell'LGM ha unito le due calotte circa 24.000 anni fa, mentre si sono separate durante il successivo riscaldamento 16.000 anni fa. Ne consegue che la colonizzazione delle Americhe può essere avvenuta o prima di  24.000 o meno di 16.000 anni fa. La soluzione più probabile è dopo, in quanto nelle Americhe non ci sono evidenze sicure di presenza umana prima dell'LGM.
Una cosa estremamente interessante, a prima vista molto strana, è che la calotta laurentide occupava durante l'LGM una significativa parte dell'America Settentrionale, ma non la sua parte più nordoccidentale, l'Alaska. Allo stesso modo quella europea arrivava fino agli Urali e da questo consegue che anche in Siberia non ci fosse una vera copertura ghiacciata. Lo vediamo nella carta qui sotto, tratta da Clark e Mix (2002) Ice sheets and sea level of the Last Glacial Maximum. Le lettere indicano le vsrie calotte principali (Cordillera, Laurentide, Groenlandia, Britain)


LE MIGRAZIONI UMANE IN BERINGIA

Ci possono essere svariati motivi per i quali gli esseri umani migrano in massa: crisi alimentari, eventi naturali o antropici, speranza di trovare una terra migliore, pressioni di altri popoli. Ci sono poi altre due motivazioni: l'abbondanza di cibo può portare ad una sovrappopolazione e quindi alla migrazione forzata di una parte della popolazione (questa motivazione, per esempio, è alla base dell'occupazione della pianura padana da parte dei Galli nel V secolo a.C..). 
In un periodo come quello, in cui la popolazione era scarsa, era anche possibile uno spostamento per inseguire le prede e ler oscillazioni climatiche hanno ovviamente influito e non poco sulla distribuzione delle specie animali e vegetali utili per i bisogni umani.

In particolare la Beringia è stata occupata da una popolazione di origine asiatica che aveva dei punti di contatto con gli europei, o, almeno con qualche popolazione che in seguito ha contribuito al pool genetico europeo: lo dimostra la storia dell'aplogruppo X del DNA mitocondriale.
Un altro indizio indiretto sono alcuni esempi di mitologia, nei Maya, ma anche in altri popoli amerindi, descritti dal grande Giorgio de Santillana, nel celebre libro scritto con Hertha von Dechend, Il mulino di Amleto. In questo libro si vede come molte delle leggende mitologiche di tutta l'Eurasia e delle Americhe hanno tratti troppo comuni per non avere una stessa origine. 

Secondo gli ultimi studi gli uomini arrivarono in Beringia circa 25.000 anni fa.
In questo caso il motivo della migrazione potrebbe essere stato l'avanzamento dei ghiacci e delle zone in cui c'era poco di cui nutrirsi in vista dell'LGM. A questo proposito si è visto che una buona parte della Siberia settentrionale che era probabilmente abitata durante la fase calda centata intorno a 60.000 anni fa (quello che una volta era chiamato l'interglaciale Riss – Wurm) è stata ripopolata di recente (o era popolata dai Neandertal e dai Denisovani?).
La data spiega anche perchè ma non possono essere andati oltre: ad est c'era la calotta laurentide, che si era di nuovo riunita con quella della Cascadia, chiudendo il corridoio delle pianure interne.
A sud c'era la catena formata dalla penisola dell'Alaska e delle Aleutine (e che, comunque, anche se fosse stata attraversata non arrivavi da nessuna parte).

Ecco perchè per qualche migliaio di anni queste genti non si sono mosse di lì (anche se non si può escludere in quei tempi che qualche successiva migrazione dall'Asia abbia contribuito al patrimonio genetico dei beringiani.

La Beringia di 20.000 anni fa non era un ambiente facile: sicuramente era freddino. Se fosse stato anche secco o umido ci sono idee diverse, basate sullo studio dei pollini. Da un lato c'è chi sostiene che fosse soprattutto una tundra ricoperta da varie erbe e qualche cespuglio. Per altri l'ambiente era più umido. Diciamo che forse ci potevano essere aree a diversa umidità, ma una soluzione di facile compromesso è la presenza in mezzo a questa tundra erbosa di zone più umide corrispondenti a laghi o a fiumi che venivano dal continente.
Circa 15.000 anni fa però le cose cambiano: le condizioni diventano meno fredde e più umide e fanno la loro comparsa eriche e arbusti vari: sono i segni del miglioramento climatico.

I BERINGIANI VANNO IN AMERICA

I primi elementi sicuri della presenza di umani in America sono dei manufatti rinvenuti in Alaska, presumibilmente dovuti ai beringiani, che comunque non sono più vecchi di 14.000 anni fa. È però possibile che la trasgressione marina abbia coperto siti interessanti.
Non ci sono indizi certi di una presenza umana nelle Americhe prima di 20.000 anni fa e quindi la soluzione più semplice è che le popolazioni amerinde derivino da questi uomini che vivevano in Beringia.
Ma perchè queste genti sono migrate?

Verrebbe spontaneo dire che se ne sono andati perchè la trasgressione marina stava mangiando la Beringia.
Ma è sbagliato, perchè fino a 12.000 anni, quando ormai i Clovis vagabondavano per gli odierni USA buona parte di quell'area era ancora sopra il livello de mare. Quindi non è stato quello il motivo.

Per trovare una risposta bisogna considerare i due possibili itinerari compiuti tra la Beringia e gli USA: secondo alcuni Autori i progenitori degli amerindi sono passati lungo la costa; secondo altri Autori lo hanno fatto dalle pianure interne, approfittando dell'apertura del varco privo di ghiacci quando la calotta della Cascadia si è separata da quella Laurentide e che il ritiro dei ghiacci è stato un trend generale interrotto da alcune, brevi, fasi di riavanzata.
È un discorso che merita una particolare attenzione.

Personalmente mi piace più l'idea del corridoio interno, con gli uomini che dall'Alaska seguono le loro prede, il cui areale aumenta al ritiro dei ghiacci. La principale difficoltà di questa impostazione è la lentezza del ritiro dei ghiacci nella zona del Territorio dello Yukon.
Il corridoio costiero deve invece tenere conto della complessa dinamica dei ghiacciai costieri: alcuni infatti sono riavanzati in diversi intervalli. Ho intenzione di occuparmi specificamente di questo a breve.

C'è poi un interrogativo finale: se si considera (come fattori geologici, archeologici, genetici e in altri campi) una colonizzazione delle Americhe dopo l'ultimo massimo glaciale, fa quasi paura vedere la velocità di espansione: ci sono evidenti tracce già 13.000 anni fa nel Cile centrale e 11.000 anni fa all'estremità meridionale della Patagonia. Una avventura incredibile, considerando le distanze, la varietà degli ambienti e il fatto che non disponevano dell'invenzione della ruota.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Grazie per l'articolo, come sempre interessantissimo.
Segnalo questa pubblicazione nostrana del 2009 a supporto di una doppia migrazione parallela dal corridoio costiero e da quello centrale

Paolo

Aldo Piombino ha detto...

ringrazio pe la stima e per la citazione.
questo articolo ce l'ho... fatto molto bene. Grazie comunque... sempre meglio avere più notizie su certi articoli che non averne punte...
Diciamo che io preferirei (senza certezze) la via interna con il dubbio che si sia aperta un pò troppo tardi.

A me nel frangente mi interessava puntualizzare cose di cui si parla poco e cioè le motivazioni del movimento.

bruna (laperfidanera) ha detto...

Il tuo blog è stato premiato!
http://tamburoriparato.blogspot.com.es/2014/03/un-riconoscimento-al-blog.html

Alfa ha detto...

Molto interessante, come sempre!