giovedì 16 maggio 2013

NEMO - ROV, il robottino subacqueo realizzato dall'Università di Firenze



"Bisogna trasformare un problema in una opportunità". Questo slogan è forse abusato ma identifica esattamente la storia oggetto di questo post.
Tutti conoscono la vicenda della “Costa Concordia” e dell'incidente dopo il quale la nave si è incagliata sulla costa vicino al porto dell'Isola del Giglio. Ho detto “conoscono la vicenda” ma forse sarebbe meglio dire “sanno della vicenda” perchè ho l'impressione che quello che sia successo non sia ancora del tutto chiaro neanche alla magistratura (mentre i tuttologi....). Mi sono occupato del naufragio del Giglio in due post, uno sul monitoraggio dei movimenti del relitto da parte del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze e uno sullo stato della cartografia nautica, ospitando una lettera aperta di uno dei principali protagonisti del mondo italiano della cartografia. il Prof. Luciano Surace. Oggi presento una “buona conseguenza” di questo disastro, un robottino capace di muoversi in ambiente sottomarino sostituendo i subacquei in zone dove è oggettivamente pericoloso andare per un uomo e anche in grado, grazie alle ridotte dimensioni, di attraversare passaggi particolarmente angusti.


Il naufragio della Costa Concordia è stato uno degli episodi di cronaca più seguiti degli ultimi anni e, al di là della tragedia che ha sconvolto le famiglie delle vittime, ha provocato quei diversi problemi che un relitto del genere può generare: dall'inquinamento delle acque marine alla scomoda presenza di un mostro lungo oltre 250 metri e pesante 45.000 tonnellate (che è il peso reale, le 114.000 tonnellate di "stazza" sono una misura del volume utile coefficente, non del peso) che dovrà essere rimesso in galleggiamento per essere portato in un luogo idoneo alla sua demolizione.

Fra le tante operazioni da fare, le attività subacquee all'interno di un relitto sono quelle che comportano i rischi più gravi per gli operatori: infatti una nave affondata o arenata non è del tutto stabile (specialmente subito dopo il naufragio!); inoltre la struttura si deforma in relazione alla morfologia del fondale. La scarsissima visibilità e la possibilità che in alcune aree le acque si presentino contaminate, sia chimicamente che biologicamente è un altro, non trascurabile, fattore di rischio.

Prendendo spunto da alcuni dei problemi effettivamente riscontrati dagli operatori che sono stati impegnati nelle operazioni di soccorso a seguito del naufragio della Costa Concordia, i ricercatori dell'Università di Firenze su indicazioni ricevute dal Dipartimento della Protezione Civile nazionale, hanno sviluppato e costruito un robot versatile e maneggevole di nuova concezione.

Si tratta di un ROV (Remotely Operated underwater Vehicle) in grado di operare in operare in condizioni ambientali estreme, in spazi angusti e con scarsa visibilità.
Il prototipo, denominato NEMO-ROV, è una macchina leggera, pesa appena 18 kg, dalla formacilindrica lunga 50 centimetri e larga 35. Dal corpo principale “escono” diverse appendici che servono per muoversi in sicurezza e precisione e ospitare vari apparecchi di osservazione, misurazione e campionamento.

NEMO - ROV è collegato alla postazione di controllo con un cavo lungo 80 metri in Dyneema, una fibra sintetica particolare usata per i cavi che devono sopportare sforzi di trazione e compressione intensi: all'interno di questo cordone ombelicale nel cavo ci sono un cavo Ethernet e l'alimentazione elettrica a 48 Volts. La propulsione è ottenuta usando 4 motori.

Ma perchè creare un oggetto nuovo senza rivolgersi al mercato? Perchè NEMO-ROV contiene rispetto ai ROV disponibili in commercio diverse innovazioni in termini costruttivi e di versatilità di impiego. In particolare:

1. innanzitutto è un oggetto leggero (alluminio e plexiglas sono i materiale principali con cui è costruito) e di dimensioni compatte
2. è dotato di un innovativo sistema di controllo della navigazione che può essere attuato con un semplice joystick, oppure un gamepad, un tablet o uno smarthphone (l'importante è avere nell'apparecchio un sensore giroscopico)
3. è concepito per installare facilmente e rimuovere altrettanto facilmente vari tipi di sensori
4. funziona a bassa tensione di alimentazione, il che ne rende possibile l’utilizzo con operatore sottomarino
5. è dotato di dispositivi di illuminazione molto potenti;
6. ha un basso costo di produzione

Risolto il problema, passiamo all'opportunità: oggi NEMO-ROV è un prototipo operativo e funzionante per il quale sono stati anche acquisiti diversi brevetti di proprietà dell'Università di Firenze, e grazie all'ambiente particolare per cui è stato ideato è adattabile a una vasta gamma di applicazioni ordinarie nell'esplorazione di ambienti sottomarini difficili per condizioni di accesso e visibilità, nonostante sia al contempo un oggetto economico nell'acquisto e nella manutenzione e semplice da usare.

Al momento il prototipo viene messo a disposizione di tutte le componenti del Servizio Nazionale della Protezione Civile, a supporto di attività emergenziali

È auspicabile che il ROV possa essere costruito per essere venduto a chiunque ne abbia la necessità.
E di campi potenziali di impiego ce ne sono tanti, scientifici, tecnici e di protezione civile; proviamo a fare un piccolo elenco:

1. esplorazione e monitoraggio di mari, laghi, fiumi e ambienti costieri nei loro più molteplici aspetti: geologici, biologici, ecologici e archeologici, per esempio
2. monitoraggio delle attrezzature subacquee, dagli scafi di natanti alle parti sommerse di piattaforme petrolifere o altri impianti off-shore
3. ricerche di risorse minerarie in ambiente sommerso
4. esplorazione di relitti e assistenza alle operazioni di ricerca, bonifica e recupero a seguito di naufragi
5. monitoraggio di acque inquinate, aggressive o comunque pericolose per gli operatori

Mi piace far notare che un dispositivo così rivoluzionario è stato costruito integralmente a Firenze da un gruppo di persone della locale università. Ne cito alcune, fra le tante che hanno contribuito
al progetto: il professor Nicola Casagli e il Dottor Francesco Mugnai del Dipartimento di Scienze della Terra, il Professor Benedetto Allotta e il dottor Luca Pugi del Dipartimento di Ingegneria Industriale. A questi aggiungo un “esterno”, l'Ing. Silvano Meroi del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale. Al progetto hanno dato un contributo fondamentale oltre 15 giovani ricercatori universitari: assegnisti di ricerca, dottorandi e tesisti.

E da ultimo una postilla: solo a Firenze in questi ultimi anni fra Università e CNR oltre a NEMO-ROV sono stati realizzati una ottica adattativa per telescopi all'infrarosso capace di correggere le immagini scattate a terra e renderle addirittura migliori di quelle scattate dai telescopi spaziali e che è stata venduta pure a istituzioni astronomiche degli USA, sistemi di monitoraggio delle frane che con la collaborazione di satelliti e software geografici riescono a determinare con precisione millimetrica dinamica e storia dei movimenti franosi ed è in corso di industrializzazione una telecamera che “vede” al di là degli incendi. Inoltre l'Italia è all'avanguardia nella previsione di eventi meteorologici, con il razzo VEGA ha realizzato un vettore che per lanciare satelliti leggeri in orbita bassa è assolutamente superiore per costo e prestazioni alla concorrenza, nelle nanotecnologie e in altri settori.

Mi chiedo dove saremmo arrivati con una politica diversa che avesse finanziato la ricerca come negli anni del dopoguerra anziché dare fondi per cambiare automobili e videoregistratori e avesse impedito la fuga dei cervelli.

A quando una politica che anziché cercare facile consenso finanziando sagre paesane e vari consumi, con l'illusione che così si crea lavoro, cerchi di creare davvero posti di lavoro? 
E per una Nazione dal costo del lavoro caro rispetto ai cosiddetti Paesi Emergenti non solo per le tasse, ma anche perchè la vita è oggettivamente più cara che in molte altre zone del mondo, l'unica via percorribile per uscire dalla crisi sarebbe costruire attrezzature, macchine e prodotti di design e/o di alta tecnologia. 
Ma siamo sicuri che la nostra classe dirigente ne sia consapevole?

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