mercoledì 14 dicembre 2011

L'insussistenza scientifica del razzismo

Gli omicidi a sfondo razziale che ci sono stati oggi a Firenze mi hanno particolarmente colpito, sia semplicemente perchè sono successi ma anche perchè sono avvenuti in Piazza Dalmazia, una piazza da me ben conosciuta e frequentata, il che vale anche per l'epilogo nel quartiere di San Lorenzo. Allora voglio rendere omaggio alla memoria di questi ragazzi senegalesi (la bandiera nell'immagine è ovviamente quella del Senegal) prendendo degli spunti sulla storia della ricerca sulle razze e concludendo con quanto è scritto chiaramente su uno dei libri da me preferiti e cioè “Storia e geografia dei geni umani” di Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi e Alberto Piazza – Edizioni Adelphi. Gli autori dimostrano su base genetica che non esistono razze. E buonanotte a tutti i razzisti di questo mondo. Il post potrà sembrare un po' confuso, ma l'ho preparato piuttosto in fretta e me ne scuso.


Già nella Grecia Classica ci sono testimonianze della diversità umana basata soprattutto sul colore della pelle.
Nel XVIII secolo gli scambi seguiti ai viaggi intrapresi dai “grandi navigatori” avevano portato in Europa la descrizione della vasta serie di popolazioni che conosciamo; simultaneamente furono scoperte anche le scimmie antropomorfe. Quando Linneo creò l'ordine dei “Primates”, che includeva come oggi l'uomo e le scimmie, fu molto criticato e scrisse che sapeva benissimo quale fosse la differenza morale fra scimmie ed uomo, ma anche che da un punto di vista anatomico le differenze erano ben poche.

In seguito si diffuse l'opinione che i neri fossero discendenti dalla commistione fra uomini bianchi e orangutan (termine con cui fino al 1850 circa erano chiamate tutte le scimmie antropomorfe), o che fossero una specie di mezzo fra l'uomo bianco e le scimmie: non è stato automatico pensare che bianchi e neri fossero la stessa specie. C'erano comunque sostenitori della unicità della razza umana, come l'anatomista olandese Petrus Camper (1722 – 1789): egli prima sezionò il cadavere di un vero orango, dimostrando che c'erano forti differenze con l'uomo e poi quello di un giovane angolano, del corpo del quale disse che era perfettamente uguale all'uomo bianco; invitava quindi a tendere la mano agli uomini dal colore diverso, come figli dello stesso Dio, in cui c'erano addirittura dei religiosi che proponevano creazioni separate fra bianchi e neri.

Le cronache dell'epoca sono piene di notizie su persone, anche molto importanti, di cui alcune note per la loro rettitudine morale, che ritenevano la razza bianca quella iniziale e che i negri rappresentassero una qualche forma di degenerazione (persino Buffon la pensava così...); altri semplicemente ritenevano la razza bianca irrimediabilmente superiore alle altre. È abbastanza ovvio che il razzismo servisse anche da un punto di vista economico, perchè dava motivazioni etiche allo sfruttamento delle colonie ed è stato invocato come pretesto persino per assolvere infamie come la schiavitù e genocidi vari. Anzi, ancora oggi la parola “razza” è regolarmente associata con una serie di pregiudizi, ma la convinzione che esistano razze superiori ed inferiori è totalmente infondata dal punto di vista scientifico (e – quindi – è infondata tout court!).

Per un bizzarro gioco della storia Petrus Camper è stato l'inconsapevole inventore di uno dei tentativi più duraturi di dividere gli uomini in razze a diversa intelligenza, la craniometria, che si basava sull'angolo facciale e cioè su quanto la linea che dai denti porta alla fronte devia rispetto all'orizzontale: ai bassi angoli facciali delle scimmie antropomorfe (50°) si passa ai 70° dei neri e agli 80° gradi degli europei. Camper fece queste osservazioni per puri motivi estetici, notando che le statue greche avevano un angolo che arriva quasi a 90°. L'olandese non avrebbe pensato mai di collegare, come hanno fatto poi i suoi posteri, l'angolo facciale all'intelligenza, cosa che restò accettata fino a dopo l'inizio del XX secolo. In seguito Anders Retzius (1796 – 1860) affiancò all'angolo facciale l'indice cefalico, il rapporto fra lunghezza e larghezza del cranio, che fu usato addirittura fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Johann Friederich Blumenbach (1752 – 1840), considerato il padre dell'antropologia, divise il genere umano in 5 razze (caucasica, mongolica, etiopica (tutti gli africani) americana e malese. Riteneva anche lui che il colore originario fosse il bianco.
E ora veniamo a Charles Darwin: nonostante che gli antievoluzionisti lo considerino il padre di tutte le nefandezze possibili, da quelle sociali a quelle razziali, dal comunismo al nazismo al capitalismo (e ovviamente al darwinismo sociale e a tutti gli -ismi peggiori), oltre a concludere che la specie umana è unica e anche che ogni razza confluisce nell'altra e che le razze umane non sono così distinte da abitare la stessa regione senza fondersi. Su quella che Darwin chiama la confluenza delle razze, come illustrare meglio i passaggi graduali nelle popolazioni umane che con la carta qui accanto, una delle tante pubblicate da Cavalli Sforza? Si vede come la frequenza di alcune varianti genetiche vari in modo estremamente graduale. 

Ah, a proposito, non per metterla in politica ma molti razzisti sono anche antievoluzionisti (specifico che non è comunque vero il contrario: molti antievoluzionisti non sono assolutamente razzisti)

Darwin, per dimostrare l'infondatezza di quegli studi, annota come non ci sia accordo nelle varie classificazioni, che differivano tutte per numero e descrizione delle razze. Inoltre nel suo viaggio notò come anche le popolazioni più selvagge avevano menti simili a quelle dei bianchi. È facile notare come questi concetti sono stati espressi da una persona che apparteneva all'ambiente più razzista che si poteva immaginare, l'aristocrazia inglese che con il colonialismo si è molto arricchita e per i cui scopi il razzismo è stato un pilastro fondamentale.

Saltiamo a piè pari tutte le vicende – spesso molto tristi e dolorose – dell'ottocento e del primo novecento e arriviamo ai risultati della genetica: l'uomo anatomicamente moderno è molto giovane, ha meno di 200.000 anni. Per cui succede che “c'è una grande variabilità genetica in tutte le popolazioni umane, anche in quelle piccole”. Le differenze fra i gruppi maggiori sono perciò modeste se paragonate a quelle entro gli stessi gruppi e perfino all'interno di popolazioni singole.
Inoltre la notevole attività migratoria e le conseguenti mescolanze fra migranti e popolazioni locali hanno contribuito alla mancata differenziazione fra loro delle popolazioni.

Quindi “il concetto di razza nella specie umana non ha ottenuto alcun consenso dal punto di vista scientifico e non è probabilmente destinato ad averne, perchè la variazione esistente nella specie umana è graduale.
Si potrebbe obbiettare che gli stereotipi razziali hanno una certa consistenza, tale da permettere anche all'uomo comune di classificare gli individui. Tuttavia gli stereotipi più diffusi, tutti basati sul colore della pelle, sull'aspetto ed il colore dei capelli e sui tratti facciali, riflettono differenze superficiali che che non sono confermate da analisi più appropriate fatte su caratteri genetici (più attendibili). L'origine di tali differenze è relativamente recente ed è dovuta sprattutto all'effetto del clima e – forse - della selezione sessuale.

Un'analisi statistica multivariata permette di identificare “raggruppamenti” di popolazioni e ordinarli secondo una gerarchia che crediamo possa rappresentare la storia delle fissioni, (le separazioni di una popolazione in due o più gruppi, NdR) durante l'espansione in tutto il mondo dell'uomo anatomicamente moderno. A nessun livello si possono identificare questi raggruppamenti con le razze, dal momento che ogni livello di raggruppamento rappresenta una fissione diversa e non c'è alcuna ragione biologica per preferirne una in particolare. I livelli successivi di di raggruppamenti (vediamo un esempio qui accanto) si dispongono in una sequenza regolare e nessuna discontinuità può indurci a un certo livello come una soglia ragionevole, anche se arbitraria, per distinguere “razze”” (Cavalli Sforza et al, opera citata.


Da ultimo riprendo un post che avevo scritto un paio di anni fa sulla genetica degli europei:  le componenti genetiche dell'umanità del nostro continente sono varie e derivano da diverse ondate migratorie (a parte le Americhe, l'Europa è stata l'ultima area ad essere occupata da Homo sapiens, ben dopo l'Australia ad esempio, ed è stata strappata ai Neandertaliani solo tra 40 e 25 mila anni fa. Quindi alla componente autoctona dei primi cacciatori - raccoglitori si sono affiancate diverse migrazioni dall'Asia, dal Medio Oriente e dal Mediterraneo. Ne consegue che la popolazione europea sia lungi dall'essere una “razza pura” (e, aggiungo “superiore”...), ma che il nostro continente sia stato negli ultimi 8000 anni un crogiolo di mescolanze che continua anche oggi, da quando l'Europa, da territorio di emigrazione, è ritornata ad essere un continente di immigrazione.

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