venerdì 25 febbraio 2011

Il petrolio in Libia, l'Italia e un grande geologo italiano: Ardito Desio

Questo post è scritto assieme a Mauro Annese, una vita da geologo nei campi petroliferi (e membro di quella comunità italiana che Gheddafi cacciò dalla Libia nel 1971). Lo ringrazio vivamente perchè quello che succede in queste ore nel Paese nordafricano è anche occasione per ricordane la storia petrolifera e per parlare di uno dei più grandi geologi italiani: Ardito Desio


Non si può certo dire che la “conquista” della Libia sia stata un grande affare per l'Italia e nessuno ai tempi pensava che lo “scatolone di sabbia” (come l'aveva ribattezzata Gaetano Salvemini) sarebbe diventato quello che è diventato.

Eppure la prima manifestazione della presenza di idrocarburi nella colonia si è avuto già nel 1914, quando del greggio fuoriuscì da un comunissimo pozzo per l'acqua.
Poi comunque scoppiò la Prima Guerra Mondiale e il piccolo contingente militare italiano riuscì a malapena a conservare il controllo delle città e della costa. Ovviamente furono sospese le ricerche scientifiche di ogni ordine e grado, compresa quella del petrolio, allora ancora ad un livello di importanza come fonte energetica non paragonabile con quella attuale.


Per ritornare al controllo completo del territorio libico ci vollero diversi anni (e qualche massacro) e nel contempo la politica si era accorta dell'importanza dell'energia: i primi timidi tentativi di una politica energetica nazionale sono del 1923 e nel 1926 fu fondata l'AGIP. 

Grazie alla necessità di reperire acqua per scopi agricoli nel 1928 fu avviata la costruzione di una serie di pozzi, alcuni dei quali casualmente produssero petrolio anzichè acqua. La cosa però fu presa molto sul serio e nel 1929, lo stesso anno in cui in provincia di Parma l'AGIP scoprì un giacimento petrolifero nella Madrepatria, una società composta da alcuni maggiorenti italiani che risiedevano a Tripoli ottenne l'autorizzazione a cercare il petrolio, anche grazie al sostegno di Badoglio. Meno di una decina di pozzi fornì manifestazioni di petrolio, ma siccome le prospettive c'erano, nel 1936 fu incaricato delle ricerche Ardito Desio (1897 – 2001), uno dei padri della geologia italiana e grande protagonista della ricerca geologica del XX secolo (tra l'altro organizzatore ed ispiratore della spedizione alpinistica nella quale fu conquistato il K2).

La scelta era sicuramente quella di uno scienziato importante, e per di più quello più adatto alla bisogna, perchè Desio conosceva la geologia della Libia meglio di qualsiasi altra persona: tra il 1926 e il 1940 la esplorò veramente a fondo, a dorso di cammello o facendosi trasportare con gli aerei. Già nel 1933 disegnò la prima carta geologica della regione (e che aggiornerà nel 1939). Però la mancanza di fondi e il disinteresse delle autorità costrinsero molto presto a interrompere la ricerca sistematica di petrolio: è convinzione generalizzata di storici e scienziati che fino al 1940 l'importanza del petrolio libico sia stata trascurata perchè l'interesse del Governo italiano dell'epoca era limitato al popolamento e all'occupazione di terre da coltivare. Per questo gli interessi minerari maggiori erano rivolti a acqua e fosfati (infatti Desio si occupò molto di questi argomenti). Quando lo scienziato abbandonò la Libia erano in attività alcuni pozzi, che comunque erano stati perforati per ricerca idrica e non direttamente per quella petrolifera. Occorre comunque precisare che la ricerca petrolifera esisteva, solo che era subordinata a quella di acqua e fosfati: semplicemente non era l'obbiettivo principale delle ricerche.

Comunque questi primi successi spinsero l'Agip a tentare tra il 1938 ed il 1941 uno campagna di ricerco, con mezzi primitivi, con piccole trivelle. Sfortunatamente queste ricerche si svolsero soprattutto nella Gefara, la pianura costiera vicino a Tripoli, dove neanche negli anni sessanta è mai stato trovato petrolio. La guerra interruppe queste ricerche.

C'è comunque la quasi certezza che Desio avesse capito (o quantomeno ipotizzato) la presenza di grandi quantitativi di petrolio sotto la sabbia, altrimenti non avrebbe senso la sua richiesta a Balbo (il governatore della Libia) di farsi fornire dagli USA una sonda più gronde per perforare a profondità maggiori e trovare così il petrolio.

Purtroppo Mussolini preferì investire soldi ed energie nell'Africa Orientale, convinto che gli avrebbe dato più lustro, trascurando quindi di finanziare le ricerche in Libia. E questo nonostante che in Egitto, a Marsa Matruk, erano stati appena trovati dei piccoli campi produttivi e Desio stesso avesse riferito nei suoi rapporti di analogie nella stratigrafia con quella della Libia Orientale, al confine con l'Egitto.

Dopotutto la mossa di Mussolini era prevedibile, un po' per le gelosie e i dissidi con Balbo, notoriamente personaggio molto (troppo?) popolare e per di più nettamente contrario a leggi razziali, alleanza con la Germania nazista ed altro, e un po' perchè – bene o male – c'era la consapevolezza che la Libia era stata conquistata solo perchè nel 1911 era l'unico territorio ancora non occupato da inglesi, francesi o spagnoli. Una colonia di “serie B”, quindi.

Le ricerche ripresero verso la metà degli anni 50 ad opera delle compagnie straniere con i risultati che conosciamo, anche grazie ad una campagna di rilevamento con foto aeree. Ma i risultati inizali furono decisamente sconfortanti.

Nel primo periodo di assegnazione dei permessi petroliferi alle majors furono assegnate concessioni geologicamente interessanti nel sud dello Cirenaica (nel Bacino Sirtico); l' ENI invece ottenne soltanto una improbabile ed estesa concessione, la 82, risultata poi assolutamente priva di qualunque traccia di petrolio. Ad un'altra società petrolifera italiana, la Montedison, fu assegnata una altrettanto poco interessante concessione.

Il confine occidentale libico con Algeria e Tunisia è situato a pochi chilometri dal grande campo algerino di Zarzaitin e di quello tunisino di El Borma: quindi Esso, Shell e Total hanno combattuto aspramente per ottenere i permessi vicini al confine che sembravano potenzialmente interessanti. Però i pozzi perforati risultarono tutti sterili.
Soltanto pochi anni fa, la Lasmo, una società petrolifera privata Inglese, ha scoperto un grosso giacimento nella Libia Occidentale, giacimento poi venduto all'Agip.

Dopo questi insuccessi, l'attenzione dei petrolieri si è rivolta al Bacino dello Sirte, nel bel mezzo del desolato, immenso e piatto Serir di Kalanshò, 300 km a Sud di Benghasi.

Fortuna volle che la Esso, dopo due pozzi sterili, e pronta ad abbandonare – e sarebbe stata la fine delle ricerche petrolifere in Libia – avesse scoperto con il terzo Pozzo, lo Zelten 3, uno dei più grani giacimenti di petrolio a livello mondiale.
A questo successo ne seguirono altri da parte della stessa Esso, seguita subito dopo dalla Mobil – dove proprio Mauro Annese era geologo responsabile dei pozzi sin dal 1962 –, dal consorzio Oasis e dalla Texaco. 

L'Agip e la Montedison hanno speso una fortuna nella ricerca ma inutilmente fino verso la fine del 1960 quando furono messe in gara altre concessione di cui diversi erano aree facenti parte di permessi della prima fase della ricerca. Tutto si è svolto dal 1960 al 1968: in questi pochi anni la Libia è passata da un Paese tra i più poveri del mondo ad uno dei più ricchi. La sua produzione in pochi anni ha raggiunto i due milioni di barili al giorno di un ottimo greggio (38 API), privo di zolfo, tra i migliori al mondo, adatto a fare benzine piuttosto che olii combustibili o gasoli..
Poi l'Agip, abbondonato il permesso 82, ha partecipato alla nuova gara del 1966 (i tempi erano cambiati) ed ha ottenuto due ottimi permessi confinanti con vecchi permessi produttivi, risultati, anche questi, produttivi.
Purtroppo per gli italiani, profughi dalla Libia dopo l'avvento di Gheddafi, la presenza dell'Agip (ed anche dello Fiat), ha avuto un effetto devastante sulle eventuali rivendicazioni dei beni perduti nell'evacuazione del Paese. 

Dobbiamo quindi riconoscere ad Ardito Desío, all'AGIP ed anche al Governo dell'epoca la consapevolezza delle premesse tecniche necessarie per lo presenza di giacimenti di idrocarburi (bacini di sedimentazione, manifestazioni di olio anche se a bassa profondità, vicinanza a regioni già produttive etc etc.): ovviamente nessuno poteva prevedere all'epoca che in profondità ci potessero essere accumuli di idrocarburi di tale entità come si scoprì in seguito. Quindi quando si parlava di enormi giacimenti si facevano soltanto delle ipotesi.
A Desio le compagnie petrolifere che hanno iniziato la ricerca negli anni 50, devono dunque la compilazione della prima carta geologica dello Libia, carta che ha evidenziato la presenza dí numerosi bacini di sedimentazione dove si è formato il petrolio che poi, migrando nelle e con le rocce in cui si è formato ( rocce madri) si è accumulato nei giacimenti scoperti dal 1957 in poi.

La carta del Desio è stata ripresa ed aggiornata dalle società petrolifere e dal servizio geologico costituendo lo base per lo sviluppo sistematico della ricerca.

In conclusione, non è assolutamente vero che l'Italia abbia semplicemente trascurato il petrolio libico: priorità espansionistiche, mancanza di fondi, di attrezzature tecniche e delle tecnologie di ricerca di tipo geofisico e di perforazione per la ricerca profonda oltre i 3000 metri – all'epoca in mano a Inglesi ed Americani – e non ultimo lo scoppio di ben due guerre mondiali, sono delle importanti attenuanti. E Ardito Desio verrà sempre ricordato come il geologo che ha aperto la via libica al petrolio


PS: Chiunque volesse una copia della carta geologica della Libia dell’epoca, può richiederla ad Annese ( mauroannese@libero.it) indicando le misure richieste al costo della stampa e spedizione

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