Molti vulcani sono sorvegliati per studiarne il comportamento al fine di fornire indicazioni sulla possibilità di eruzioni, utilizzando misurazioni di stazioni terrestri. Purtroppo circa il 45% dei vulcani storicamente attivi non ha questo tipo di monitoraggio, con 30 milioni di persone che vivono entro 10 km da essi (Brown et al, 2015). È quindi ovvio che in qualche modo questi sistemi vulcanici vadano monitorati, con l'obiettivo, appunto, di rilevare indizi sul possibile inizio dell'attività eruttiva. I dati satellitari possono essere uno strumento formidabile nelle fasi di previsione, rilevamento e tracciamento delle fasi di unrest vulcanico: l’unrest, letteralmente disordine, è quella serie di manifestazioni come deformazione del suolo, variazioni di temperatura e composizione delle fumarole e sismicità che possono portare a eruzioni. I satelliti con telecamere termiche a infrarossi possono effettuare osservazioni sulle fasi di unrest vulcanico allarmando con le osservazioni sull'aumento della temperatura innescato dall'aumento di attività fumarolica, mentre i satelliti radar InSAR offrono la possibilità di indagare le deformazioni del suolo (soprattutto il sollevamento correlato all'unrest). Questo è utile su vulcani con monitoraggio a terra, ma diventa l'unica possibilità di sorveglianza continua per i vulcani che non ne dispongono.
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l'arco di Makran e i suoi vulcani - da Ghalamghash et al (2019) |
IL TAFTAN, UN GRANDE VULCANO QUIESCENTE IN IRAN. Un esempio di cui si parla in questi giorni sul web, con le solite considerazioni catastrofiche acchiappaclick, è quello del vulcano Taftan, nell’Iran orientale.
Il Taftan, insieme ad altri grandi vulcani come il Bazman, il Kuh‐e‐Sultan e dei campi di lave basaltiche morfologicamente giovani (ad esempio: Kuh-e-Nader), appartiene all'arco vulcanico del Makran. Lungo circa 450 km all'interno delle coste del Golfo di Oman tra Iran e Pakistan, l'arco del Makran è una conseguenza dalla subduzione della placca arabica sotto la placca euroasiatica (Namdarsehat et al., 2024). Non è troppo noto al grande pubblico perché la sismicità non è altissima rispetto alle aree limitrofe in quanto sembra che la subduzione sia bloccata, anche se potenzialmente potrebbe ospitare terremoti con M superiore a 8. È però noto ai geologi che si occupano di zone di convergenza fra placche per aver formato uno dei più grandi prismi di accrezione della Terra.
Il Taftan è l'unico vulcano dell’arco del Makran che presenta attività fumarolica persistente. È un edificio imponente: la cima più alta arriva a 4.050 m e dall'inizio della sua attività ha coperto una superficie di circa 1.300 chilometri quadrati. È un vulcano antico, visto che le prime lave andesitiche e dacitiche deposte su una paleosuperficie vulcanica e sedimentaria del Cretaceo-Eocene, a circa 20 km a nord-ovest dell'attuale edificio vulcanico, sono del tardo Miocene (circa 8 milioni di anni fa). Nel Plio-Pleistocene sono stati emessi consistenti volumi di lave (sempre andesitiche e dacitiche) e flussi piroclastici (da circa 3,1 a 0,4 milioni di anni fa).
Le elevate concentrazioni di oligoelementi nelle sorgenti indicano come il sistema idrotermale di Taftan sia in gran parte guidato da processi magmatici (Shakeri et al., 2015). Analisi geobarometriche di anfibolo e clinopirosseno suggeriscono la presenza di serbatoi crustali di stoccaggio del magma, a profondità comprese tra 3,5 e 9 km (Delavari et al., 2022).
Sulla sua attività più recente le fonti discordano: per Mohammadnia et al. (2025) il Taftan non avrebbe mai sperimentato eruzioni storicamente documentate, mentre Akhoondzadeh (2025) cita una eruzione tra il 1349 e il 1350.
LE OSSERVAZIONI InSAR ATTESTANO DIVERSE FASI DI UNREST DEL TAFTAN NEGLI ULTIMI ANNI. Le osservazioni satellitari InSAR (radar satellitari interferometrici ad apertura sintetica) sono già state utilizzate in passato per indagini sporadiche sul Taftan.
Dal 2003 al 2010, alcuni di questi dati hanno riportato episodiche deformazioni superficiali, che sono state ritenute legate all'attività di fluidi derivanti da camere magmatiche pressurizzate. Inoltre, anche delle osservazioni effettuate tra il 2015 e il 2020 hanno mostrato tassi modesti di sollevamento circa 1 mm/anno (Shirmohammadi et al., 2024).
Mohammadnia et al. (2025) riportano dei segnali di unrest vulcanico sul Taftan: utilizzando i dati satellitari InSAR della costellazione Sentinel-1 dell’Agenzia spaziale Europea, i ricercatori hanno rilevato un sollevamento del suolo localizzato sulla sommità del vulcano di circa 9 cm tra luglio 2023 e maggio 2024. Hanno inoltre limitato con precisione la sua tempistica dall'inizio alla fine del processo: il sollevamento è iniziato a luglio 2023 ed è terminato gradualmente dopo 10 mesi (maggio 2024), raggiungendo una velocità di picco di 11 cm/anno. Interessante è la coincidenza fra il rallentamento del sollevamento con diversi eventi di emissione di gas.
Poiché il fenomeno non è correlabile a precipitazioni né a terremoti, gli Autori propendono per una sua origine direttamente collegata a processi di spinta interna con due possibili scenari:
- alterazione idrotermale dinamica che porta a variazioni di permeabilità, stoccaggio di gas superficiale e pressurizzazione, seguita dall'apertura di vie di degassamento;
- una intrusione magmatica profonda di non grandi dimensioni appena messasi in posto e non rilevata da cui si liberano volatili che aumentano la pressione all'interno del sistema idrotermale.
ELEVARE IL RISCHIO VULCANICO DEL TAFTAN. Il fatto che alla fase di sollevamento non sia seguita una fase di subsidenza dell’edifico suggerisce la persistenza di condizioni di alta pressione idrotermale sulla sommità (e quindi dei rischi associati).
Indipendentemente dal fatto che abbia eruttato nel XIV secolo o che l’ultima eruzione sia di 400.000 anni fa, l’attività fumarolica classificava già il Taftan come vulcano quiescente, e le recenti evidenze di unrest lo confermano. Anzi, al di là del fatto che questi unrest non abbiano prodotto eruzioni, i risultati delle indagini InSAR rivelano che il Taftan sia più attivo di quanto precedentemente ritenuto. La logica conclusione, quindi, è che si rendono necessarie alcune azioni “elementari” urgenti:
- la necessità di una revisione dell'attuale rischio vulcanico
- l’istituzione di una rete di monitoraggio
- e altre misure volte a ridurre il rischio.
Questo al di là degli scenari iperbolicamente drammatici riportato dai soliti siti acchiapaclick: non è assolutamente detto che questa attività di unrest porti per forza ad una eruzione del Taftan, tantomeno che questa futura eruzione abbia esiti distruttivi.
In conclusione si può affermare in base all'esempio del Taftan come l'impiego dei dati satellitari possa rappresentare un sistema speditivo per controllare i vulcani non monitorati e che eventualmente, grazie a questi dati, possano essere messe in campo azioni rapide e mirate per monitorare - anche provvisoriamente - da terra dei complessi vulcanici appena insorgono delle fasi di unrest.
In conclusione si può affermare in base all'esempio del Taftan come l'impiego dei dati satellitari possa rappresentare un sistema speditivo per controllare i vulcani non monitorati e che eventualmente, grazie a questi dati, possano essere messe in campo azioni rapide e mirate per monitorare - anche provvisoriamente - da terra dei complessi vulcanici appena insorgono delle fasi di unrest.
BIBLIOGRAFIA
Akhoondzadeh (2025). Monitoring of volcanic precursors using satellite data: the case of Taftan volcano in Iran. Journal of Appl. Geodesy 19(2), 227–245
Brown et al (2015). Populations around Holocene volcanoes and development of a population exposure index. In: Loughlin SC, Sparks RSJ, Brown SK, Jenkins SF, Vye Brown C, editors. Global volcanic hazards and risk. Cambridge University Press; 2015:223 − 32 pp.
Delavari et al. (2022). The Bazman and Taftan volcanoes of southern Iran: Implications for along‐arc geochemical variation and magma storage conditions above the Makran low‐angle subduction zone. Journal of Asian Earth Sciences, 233, 105259.
Ghalamghash et al (2019). Magma origins and geodynamic implications for the Makran-Chagai arc from geochronology and geochemistry of Bazman volcano, southeastern Iran. Journal of Asian Earth Sciences171, 289-304
Mohammadnia et al. (2025). Spontaneous transient summit uplift at Taftan volcano (Makran subduction arc) imaged using an InSAR common‐mode filtering method. Geophysical Research Letters, 52, e2025GL114853.
Shakeri et al. (2015). Rare Earth elements geochemistry in springs from Taftan geothermal area SE Iran. Journal of Volcanology and Geothermal Research 304, 49–61.
Shakeri et al. (2015). Rare Earth elements geochemistry in springs from Taftan geothermal area SE Iran. Journal of Volcanology and Geothermal Research 304, 49–61.
Shirmohammadi et al. (2024). Calculating of Taftan Volcano displacement using PSI technique and sentinel 1 images. ISPRS Annals of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, X‐1, 213–218
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