lunedì 10 luglio 2023

Ricerca di base e ricerca applicata a braccetto negli studi nell'Etna sul Radon


Specialmente in Italia politica e opinione pubblica non sono molto convinti dell’utilità della ricerca, specialmente di quella di base, in genere osteggiata. Eppure le ricadute della ricerca di base possono essere assolutamente inaspettate. Inoltre a volte la linea di demarcazione fra ricerca di base e applicata sono piuttosto labili. Presento a questo proposito il caso delle ricerche sulle emissioni di radon nell’Etna, dove a una attività vulcanica in continua evoluzione si affianca una attività tettonica significativa e dove le scoperte della ricerca pura vanno a braccetto con le ricadute pratiche, che a loro volta aprono nuovi scenari per la ricerca di base.

sezione N-S del sistema etneo (Giammanco et al 2023)
Gli studi sul Radon sull’Etna sono numerosi e si focalizzano su vari aspetti come il riconoscimento dei valori di fondo dei suoi isotopi e dei radionuclidi che li precedono e li seguono nella catena radioattiva, sulla correlazione fra emissioni di Radon, attività vulcanica, dinamica dei magma all'interno dell'Etna e attività tettonica, sulla concentrazione del gas nelle acque sotterranee, sulle variazioni temporali di questi parametri in relazione all'attività vulcanica e, negli ultimi anni, sui possibili effetti negativi sulla salute umana di alte concentrazioni di radon all’interno nelle case. 
I risultati complessivi mostrano che, nella maggior parte dei casi, è possibile comprendere i meccanismi che causano cambiamenti nel rilascio di radon nel suolo dalle rocce e la sua migrazione verso la superficie. Sono stati prodotti diversi modelli fisici per spiegare la correlazione di questi cambiamenti con l'attività vulcanica, rendendoli potenziali precursori, soprattutto nei casi di parossismi eruttivi. Più complessa è invece l'analisi delle variazioni del radon in relazione all'attività tettonica. Un lavoro appena uscito (Giammanco et al, 2023) ha delineato un modello completo che tiene conto sia dei meccanismi di rilascio del radon dal magma e delle rocce circostanti sia di quelli del suo trasporto e accumulo in superficie.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA PRESENZA DI RADON. I fattori che in generale influenzano a priori la concentrazione di Radon sono diversi: 
(1) concentrazione dei radionuclidi padri; 
(2) permeabilità del terreno, influenzata dalla sua granulometria e dalla eventuale presenza di fratture e/o faglie, via privilegiata di risalita dei gas; 
(3) presenza nel sottosuolo di altri gas (principalmente CO2): sono dei vettori per il radon e quindi ne potenziano o abbattono le emissioni (per diluizione in caso di loro eccessive portate) 
(4) parametri ambientali quali umidità, vento e temperatura.
Inoltre sull’Etna sono dimostrate significative modifiche della concentrazione di radon in corrispondenza di attività vulcanica e/o tettonica.

modalità di rilascio del radon sull'Etna in caso di terremoti
e in caso di eruzioni, da Giammanco et al (2023)
IL RADON SULL’ETNA. Le principali considerazioni di Giammanco et al (2023) sono le seguenti:
1. I radionuclidi padri nelle rocce vulcaniche sono utili per identificare processi e trend evolutivi nella sorgente magmatica in grado di modificare il tenore di radon. È stato possibile definire dei livelli di fondo delle emissioni, le cui modifiche sono spia di cambiamenti a breve e lungo termine delle condizioni della riserva magmatica e/o di fenomeni di degassamento che precedono i parossismi eruttivi 
2. il radon emesso dai crateri sommitali proviene principalmente dal degassamento del magma della camera magmatica superficiale e dei condotti sovrastanti che raggiungono la superficie. La concentrazione sua e dei suoi radionuclidi genitori e figli nei gas del cratere sommitale aiutano a definire il possibile collegamento diretto di uno specifico condotto del cratere alla sorgente profonda di magma sotto il vulcano e quindi a determinare i tempi di trasferimento del gas dal serbatoio di magma alla superficie. Queste osservazioni hanno evidenti ricadute pratiche per la previsione di parossismi eruttivi e possono essere facilmente trasferite al monitoraggio di altri sistemi vulcanici, anche se con le opportune modifiche dei parametri in gioco. 
3. il degassamento magmatico nella zona sommitale si presenta prevalentemente in forma diffusa attraverso le rocce quando permeabili ai gas per porosità e soprattutto per fessurazione: quindi il radon raggiunge la superficie principalmente attraverso discontinuità strutturali (fessure eruttive, faglie, crateri e bordi calderici) che intercettano i condotti di risalita del magma.
4. combinando nelle stazioni della zona sommitale il rapporto isotopico del Radon con le emissioni di CO2 dal suolo è anche possibile ottenere informazioni sulle condizioni di pressione del sistema del gas: le variazioni nel tempo di questo rapporto si sono rivelate utile nel rivelare anomalie in corrispondenza di variazioni dell'attività magmatica del vulcano, ed in particolare prima delle eruzioni esplosive
5. l’entusiasmo che possono suscitare le considerazioni del punto precedente si affievoliscono un pò perché la correlazione tra livelli di radon ed eruzioni non è automatica: in alcuni casi si sono verificati aumenti significativi delle emissioni di radon nel suolo in assenza di attività vulcanica visibile in superficie; la spiegazione migliore è che derivino da variazioni del livello del magma nel condotto centrale del vulcano o da interazioni tra attività sismica e movimenti dei gas vulcanici nell'area sommitale. Quindi una comprensione più rigorosa del significato di queste variazioni potrebbe essere ottenuta solo attraverso il confronto con altri tipi di segnali acquisiti dalle reti di monitoraggio (sismico, gravimetrico, delle deformazioni e degli altri gas). Anche in questo caso le ricerche sull’Etna potrebbero essere esportate in altri sistemi vulcanici
anno 1988: in arancione il tremore sismico, in blu le emissioni di Radon
e in grigio i parossismi eruttivi. Da Alparone et al (2006)
6. da ultimo un aspetto apparentemente sorprendente: il radon nelle acque sotterranee etnee è generalmente basso, in contrasto con l'alto contenuto di uranio nelle rocce vulcaniche ospiti. Questo succede probabilmente a causa del termalismo dell'acqua che consente un rilascio maggiore del gas dalla falda perché la solubilità del radon diminuisce con la temperatura

Radon e attività vulcanica nel luglio 2006 
da Neri et al (2006)
LA RIDUZIONE DEL RISCHIO RADIAZIONI DA RADON. Le elevate concentrazioni di radon lungo i bordi dei crateri, specialmente vicino alle fumarole e in condizioni sottovento producono un potenziale, seppur limitato, rischio per la salute delle persone che frequentano costantemente quelle zone. Per quanto riguarda invece gli edifici, nell'area etnea diversi sono i casi di abitazioni con accumuli ben al di sopra dei limiti di sicurezza previsti da raccomandazioni e regolamenti comunitari. Sarebbe quindi fondamentale l’implementazione di adeguate misure quali ventilazione forzata dei locali, vespai per la ventilazione delle fondazioni, posa di rivestimenti antiradon e sigillatura di fessure (quest’ultimo provvedimento soprattutto in zone ad alto rilascio di radon dal suolo, principalmente appunto nelle aree più vicine a faglie e, per un edificio specifico, durante il periodo invernale). Al fine di mitigare il rischio le misure di degassamento del radon si rendono quindi auspicabili non solo alla scala della singola abitazione o altro edificio destinato all'uso umano, ma anche in occasione di studi generali di pianificazione territoriale.

PROSPETTIVE. Oltre alle possibili correlazioni fra radon e terremoti ci sono almeno due settori nei quali queste ricerche possono svolgere un ruolo fondamentale nell’Etna e potenzialmente esportate altrove:
1. riconoscimento di faglie sepolte: le differenze nel rapporto isotopico del Radon consente di riconoscere faglie nascoste e distinguerle tra quelle più profonde e quelle più superficiali. Si tratta di una integrazione fondamentale nella stesura di carte geologiche molto dettagliate, soprattutto in luoghi dove le colate laviche recenti hanno sepolto evidenze di strutture tettoniche, come gradini morfologici o fratture del suolo.
2. monitoraggio dei rischi sanitari: l'applicazione e l'implementazione di modelli di dispersione del radon sia indoor che in atmosfera aiuterà a valutare il pericolo per la salute rappresentato dal potenziale accumulo di questo gas negli edifici e nelle aree sommitali del vulcano.

emissioni di Radon lungo la faglia Pernicana tra novembre 2009 e aprile 2011.
Le frecce rosse indicano i parossismi ein blu la cumulata della deformazione.
da Neri et al (2016)
LA NECESSITÀ DI UN MONITORAGGIO CONTINUO. Le misure dei valori del radon sono disponibili dal 2005 in poi per lunghi periodi, ma purtroppo manca la continuità delle misurazioni, nel senso che le stazioni non trasmettono i dati in tempo reale ma è necessario che i ricercatori o chi per essi vadano fisicamente in loco per prelevarli.
Questa mancanza azzoppa un pò gli studi, perché sono possibili solo analisi “a posteriori” e mancano così i potenziali vantaggi derivanti dal seguire in tempo reale l'andamento delle variazioni del segnale prima, durante e dopo fenomeni eruttivi parossistici o attività sismica. È evidente che basterebbe dotare le stazioni di misura di semplicissimi sistemi di trasmissione in tempo reale per ovviare a questo problema ed ottenere un aggiornamento continuo dei dati. Sarebbe inoltre auspicabile associare i sensori di radon a quelli meteorologici, gravimetrici, sismici e delle stazioni di deformazione, specialmente se installate nella zona sommitale del vulcano, al fine di consentire una analisi comparativa in tempo reale di tutti i segnali acquisiti dalle reti di monitoraggio.
Ribadisco comunque come in questi studi sia particolarmente evidente il legame fra ricerca pura e ricerca applicata e come la prima serva alla seconda, ma anche come la seconda serva alla prima.


modello generale delle sorgenti del Radon e dei meccanismi di trasporto ed emissione  e di potenziale accumulo negli edifici (Giammanco et al, 2023)




BIBLIOGRAFIA

ALPARONE ET AL (2005). Paroxysmal summit activity at Mt. Etna (Italy) monitored through continuous soil radon measurements. Geophys. Res. Lett. 32, L16307.
GIAMMANCO ET AL (2023). Radon on Mt. Etna (Italy): a useful tracer of geodynamic processes and a potential health hazard to populations. Front. Earth Sci. 11:1176051.
NERI ET AL (2006). Continuous soil radon monitoring during the July 2006 Etna eruption. Geophys. Res. Lett. 33, L24316.
NERI ET AL (2016). Soil radon measurements as a potential tracer of tectonic and volcanic activity. Sci. Rep. 6, 24581. 

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