Stonehenge è uno dei monumenti preistorici più famosi e più iconici, in cui la parte più evidente è composta dai megaliti, divisi in due tipi diversi e dalla storia geologica e umana molto differente. Delle più piccole “bluestones”, in genere dicchi basaltici a grana grossa (doleriti), sono state persino trovate le cave nel Galles occidentale (a oltre 200 km di distanza!); per quanto riguarda i grandi monoliti, pesanti fino a 35 tonnellate fatti di silcrete o “sarsen”, una roccia estremamente compatta risultato di un processo piuttosto complesso che agisce su rocce o sedimenti già esistenti in condizioni di alto tenore di silice nelle acque meteoriche, gli studiosi si sono spesso cimentati sulla provenienza, ma fino a qualche tempo fa con risultati non definitivi: solo di recente e usando metodi estremamente sofisticati hanno risolto (quasi del tutto, come vedremo) il rebus. Appunto: spero che gli archeologi mi perdoneranno qualche eventuale imprecisione in questa incursione nella loro materia...
Innanzitutto diciamo che se Roma non fu fatta in un giorno, anche Stonehenge è il risultato di una complessa serie di eventi, iniziati nel tardo Neolitico, (2990–2755 a.C) con l'innalzamento di un cerchio di pilastri in pietra di bluestones, all'interno di un fossato circolare. Il monumento assunse la forma di base che conosciamo nella seconda fase (2580-2475 a.C.); nelle 2 fasi successive, avvenute la prima nell’età del rame e la seconda in quella del bronzo, è stata essenzialmente modificata la posizione delle bluestone. L’ultima fase, intorno al 1500 aC e quindi sempre nella età del bronzo è consistita nello scavo di due anelli concentrici di pozzi che però non sono stati mai riempiti con pietre erette come nelle fasi precedenti (mi chiedo se quindi il lavoro fu interrotto per qualche motivo, ma non essendo un archeologo non so quanto la mia idea possa valere...). Un altro cerchio di sarsen, probabilmente di poco più antico, si trova lì vicino, ad Avebury (Parker Pearson, 2016). Nell'immagine la disposizione delle pietre con i relativi numeri.
LE BLUESTONES. Già un secolo fa appariva certo che le Bluestones fossero doleriti provenienti dal SW del Galles, in particolare da Mynidd Preseli (Bevins et al, 2014). Si tratta di intrusioni a composizione basaltica appartenenti al gruppo vulcanico di Fishguard, una suite magmatica di età di poco superiore a 460 milioni di anni (medio Ordoviciano) composta da una serie di sills (intrusioni suborizzontali) all'interno di una sequenza sedimentaria (gli Abermawr Shales). Probabilmente sono stati eruttati in un ambiente sottomarino nella depressione tettonica in cui si sedimentavano gli Abermawr Shales) e probabilmente i magmi si sono messi in posto incuneandosi lungo le faglie che la delimitavano.
Le bluestones sono state analizzate e nel contempo sono stati anche analizzati dei campioni provenienti dalle località ipotizzate La cosa interessante è che sono stati anche trovati gli affioramenti da cui provengono alcuni dei monoliti. Soltanto uno di essi (SH42) presenta delle caratteristiche un pò diverse, anche se non "drammaticamente differenti", per cui potrebbe semplicemente appartenere ad un diverso corpo intrusivo (Bevins et al, 2021).
fig. 2 l'area di provenienza delle Bluestones, i sarsen dell'Inghilterra meridionale e il contorno della fig.4 |
I SARSEN. La maggior parte delle pietre di Stonehenge sono di silcrete, noto come "sarsen". Di sarsen se ne trovano in Australia e Sudafrica, ma soprattutto questa roccia sedimentaria è diffusa in buona parte dell'Inghilterra meridionale (Bowen e Smith, 1977). Si sono formati attraverso processi ancora poco conosciuti di silicizzazione ad opera delle acque sotterranee di una serie di unità sedimentarie. Nell’attuale Inghilterra questi fenomeni sono avvenuti diverse volte, specialmente nel cretaceo e nel paleogene (Ullyott e Nash, 2004). La loro formazione avviene in climi caldi e dove c’è una abbondante disponibilità di silice, in particolare in ambienti in cui il quarzo è più solubile (Bata, 2016)
È inoltre probabile che i sarsen non abbiano formato strati con una certa estensione areale, ma rappresentino dei nuclei isolati associati al deflusso delle acque sotterranee e per questo oggi si presentano come massi dispersi poggianti principalmente sui gessi mesozoici. Spessore e estensione originali di questi depositi sono sconosciuti, ma le pietre più grandi all'interno dei monumenti preistorici di Stonehenge e Avebury dimostrano che lo spessore poteva raggiungere e oltrepassare il metro e mezzo.
Un problema ulteriore sulla ricostruzione delle dimensioni originali del deposito è che sono stati abbondantemente cavati non solo in tempi preistorici ma, successivamente, per la costruzione di ville romane, chiese medievali, edifici agricoli e strade.
DA DOVE PROVENGONO I SARSEN DI STONEHENGE? Fino a qualche tempo fa la provenienza dei silcrete di Stonehenge è stata incerta, con numerose località proposte per la loro origine, fino al Somerset e al Wiltshire, distanti circa 30 km (siamo sempre e comunque ben più vicini rispetto alle fonti accertate delle "pietre blu" di Stonehenge, a oltre 200 km di distanza nel Galles occidentale). Detto questo, i sarsen rispetto alle bluestone da 1-2 tonnellate, pesano tra le 20 e le 35 tonnellate. Per più di 300 anni, i ricercatori hanno comunque sospettato che le principali fonti dei sarsen fossero depositi di silcrete sempre nel Wiltshire come Stonehenge, precisamente nei Marlborough Downs, 30 km a nord della struttura, anche se per qualcuno era possibile comunque che la fonte fosse locale perché ci sono sarsen anche vicino a Stonehenge (ma il problema è trovarne di così grandi…).
fig.3. La disposizione dei monoliti e dei triliti di Stonehenge. Si evidenzia la posizione particolare di 26 e 160 |
LA CAROTA DELLA PIETRA 58 E LA SUA ORIGINE. Durante un programma di restauro a Stonehenge nel 1958, tre pietre di sarsen cadute nel 1797 sono state rimesse a posto e una di queste, la 58, venne carotata. Di questa carota si persero le tracce fino al 2018, quando una parte di essa è stata riconsegnata agli inglesi da un dipendente dell’azienda che aveva eseguito l’operazione. Questa carota, detta "Phillips” dal nome del dipendente della Van Moppes che l’ha restituita, ha consentito di identificarne un secondo pezzo al Museo di Salisbury nel 2019. Degli altri pezzi non si sa ancora nulla.
La carota è stata analizzata nel contenuto degli elementi in traccia e confrontata con le analisi di sarsen di 20 siti dell’Inghilterra meridionale, ben oltre i 30 km di Marlborough Downs. Alla fine la sua geochimica mostra una buona corrispondenza solo con i sarsen ancora presenti a West Woods, nel sud-est dei Marlborough Downs, a circa 25 km dal monumento.
Quindi è stato finalmente stabilito da dove proviene la Pietra 58 (Nash et al 2020).
L’altopiano di West Woods si estende per circa 6 km2, a 220 m sul livello del mare ed è inciso da due strette valli. In quell'area le fosse che servivano a estrarre i sarsen sono molto comuni, perché un tempo vi era una una densa concentrazione di questo litotipo, che è stato cavato nei secoli (anzi, nei millenni), in special modo nel XIX secolo (tuttavia ne rimangono ancora massi piuttosto grandi massi). Da notare che West Woods si trova all'interno di una concentrazione di attività del Neolitico antico, essendo vicino ad Avebury, al recinto rialzato di Knap Hill e a numerosi lunghi tumuli.
E GLI ALTRI SARSEN? A questo punto gli altri sarsen di Stonehenge sono stati sottoposti a una serie di controlli non distruttivi con uno spettrometro portatile a fluorescenza a raggi X che consente di ricavare delle analisi chimiche piuttosto precise. Il risultato delle analisi è che 50 dei 52 sarsen rimanenti nel monumento condividono la stesse caratteristiche, 25 km a nord di Stonehenge, come l'area di origine più probabile per la maggior parte dei sarsen al monumento.
West Woods potrebbe essere stato selezionato come fonte primaria per dimensioni e qualità delle pietre ivi presenti e per la sua posizione su un'altura, ma forse anche perché è la parte più vicina a Stonehenge dei Marlborough Downs. Da notare che nel passato la maggior parte degli archeologi ha cercato le cave di sarsen di Stonehenge sempre nei Marlborough Downs, ma in genere il luogo indicato era 3 km più a nord di West Woods: da notare che già alla fine del XVII secolo l'antiquario John Aubrey aveva postulato un collegamento tra “Overton Wood”, probabilmente un antico nome di West Woods, e Stonehenge (fu lui a scoprire il cerchio di fosse che in suo onore si chiama proprio Aubrey Holes).
IL MISTERO DELLE PIETRE 26 E 60. Nel passato era stata considerata di origine diversa dagli altri sarsen la pietra 96, ma le indagini di Nash et al (2020) lo hanno escluso. Le stesse hanno evidenziato invece che le pietre 26 e 160 sono gli unici due sarsen la cui composizione non corrisponde a quella dei sarsen di West Woods, evidenziandone quindi una diversa origine geografica. La cosa interessante (anzi, direi intrigante) è che si trovano entrambe in una posizione particolare: la Pietra 26 è il montante più settentrionale del cerchio di Sarsen, mentre la Pietra 160b forma l'architrave del trilite più settentrionale. Difficile pensare che questa circostanza sia casuale: probabilmente erano accumunate da una funzione speciale. L’ipotesi più probabile (ma che per adesso non mi risulta dimostrata) è che queste pietre provengano da aree relativamente vicine al sito del monumento (forse è per questo che hanno un posto d’onore?).
IL PERCORSO DEI SARSEN. La provenienza da West Woods dei sarsen individua un'altro possibile itinerario per i trasporto dei sarsen dall'origine a Stonehenge, come si vede dall'ultima figura
Bata (2016): Widespread Development of Silcrete in the Cretaceous and Evolution of the Poaceae Family of Grass Plants. Earth Science Research 5, 2
Bevins et al (2014): Carn Goedog is the likely major source of Stonehenge doleritic bluestones: evidence based on compatible element geochemistry and Principal Component Analysis. J. Archaeol. Sci. 42, 179–193
Bevins et al (2021) Revisiting the provenance of the Stonehenge bluestones: Refining the provenance of the Group 2 non-spotted dolerites using rare earth element geochemistry Journal of Archaeological Science: Reports 38 - 103083
Bowen e Smith (1977): Sarsen stones in Wessex: the Society’s first investigations in the Evolution of the Landscape Project. Antiquaries Journal 57, 185– 196
Nash et al (2020): Origins of the sarsen megaliths at Stonehenge. Science Advances. 2020; 6:abc0133
Parker Pearson (2016): The sarsen stones of Stonehenge. Proceedings of the Geologists’ Association 127, 363–369
Ulliott e Nash (2006): Micromorphology and geochemistry of groundwater silcretes in the eastern South Downs, UK Sedimentology 53, 387–412
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