mercoledì 29 aprile 2020

le terme di Vespasiano e i sinkholes di San Vittorino (Rieti)


In Italia ci sono tanti luoghi particolari dove la geologia e la storia si intrecciano. Esaminando la geologia dell'Italia centrale ho notato la presenza di laghi sulfurei vicino a Rieti e allora ho cercato di saperne di più e ho trovato una storia interessante che non conoscevo. La valle del Velino prima che il fiume entri nella conca di Rieti, fra Cittaducale e Castel S. Angelo in epoca imperiale era uno dei centri di vacanza fondamentali, frequentati stabilmente persino da imperatori del calibro di Vespasiano e Tito. L’attrazione principale dell’area sono dei laghetti prodotti da sprofondamenti improvvisi di un’area ristretta (in termini geologici: sinkholes), distribuiti su tutta una piana intermontana con acque dal chimismo particolare. Per formarli hanno concorsi diversi fattori, fra cui l’abbondanza di piogge e la risalita dal profondi di fluidi mineralizzanti. Questi laghi sono stati studiati da diversi punti di vista: storico, naturalistico e geologico e rappresentano una delle tantissime curiosità di un territorio così variegato sotto tutti i punti di vista come quello italiano. 

Le Terme di Vespasiano a San Vittorino
I SINKHOLES DI SAN VITTORINO E LE TERME ROMANE. Tra Rieti e Antrodoco lungo la via Salaria si trova un complesso termale noto come Terme di Vespasiano, dal nome dell’imperatore che aveva una villa in zona, dove vi morì come il suo figlio e successore Tito. Siamo nella piana di San Vittorino, divisa fra i comuni di Cittaducale e Castel S.Angelo. Percorsa dal fiume Velino, questa piana intermontana appenninica ha una forma triangolare ed è delimitata come tutte le altre piane intermontane da faglie subverticali.
La piana di San Vittorino possiede una caratteristica molto particolare che ne ha guidato la storia, in particolare prima e durante l’età romana: la presenza di una serie di depressioni, che in termini tecnici sono definite sinkholes (all’incirca traducibile con buchi di sprofondamento, come i black holes sono i buchi neri). Un sinkhole è una depressione di forma circolare che si è formata per il collasso di una cavità carsica sotterranea (una dolina è un particolare tipo di sinkhole) e in questo momento di queste forme nei 7 km quadrati della piana se ne contano più di 30!
Una percentuale significativa dei sinkholes italiani ospita dei laghi o quantomeno delle pozze. E la piana di San Vittorino non fa eccezione, tutt’altro. Anzi, ospita uno dei più famosi esempi del genere, il lago di Paterno, il più grande sinkhole attivo dell’area. Ha una forma subcircolare (190×150 m) e pareti estremamente pendenti che giungono fino al fondo, piatto e profondo attualmente 54 metri dal piano di campagna. Un classico sinkhole, quindi….

Il lago di Paterno, noto in antichità come lago di Cutilia:
ha la tipica forma di un lago formatosi in un sinkhole
UNA STORIA ANTICA. Questa zona, talmente ricca di acque da ospitare le sorgenti del Peschiera, da cui proviene gran parte dell’acqua che disseta Roma, era nota ben prima di Vespasiano per le sue acque. In particolare il lago di Paterno era un centro di culto importante dei Sabini, dedicato alla dea Vacuna. 
Accanto al lago c’era una città – Acquae Cutilae – la cui fondazione risale probabilmente ai predecessori dei sabini, forse proprio legata a un culto religioso: è possibile che lo sprofondamento che ha formato il lago sia avvenuto davanti a testimoni, ai quali non deve essere stato difficile attribuire il tutto ad un intervento soprannaturale, gettando le basi per la frequentazione religiosa dell’area. La tradizione religiosa poi sarebbe passata ai sabini, insediatisi nell’area in conseguenza di fatti ancora abbastanza sconosciuti collocati tra l’improvviso collasso che pose fine alle grandi civiltà mediterranee alla fine dell’età del bronzo e il IX secolo a.C. e quindi l’evento deve essere collocato nel II millennio a.C..   

Occorre qui fare una puntualizzazione: per lago di Cotilia in età antica non si faceva riferimento a quello che ha questo nome adesso, ma al lago di Paterno. 
Molti riti si svolgevano su un’isola, ritenuta la pancia della dea Vacuna. Dal punto di vista geologico la presenza di un’isola in un lago impostato su un sinkhole è decisamente improbabile; inoltre secondo le cronache quest’isola si muoveva; questi aspetti fanno pensare che in realtà si trattava di un ammasso di tronchi e rami tenuti insieme dal cemento carbonatico di cui le acque del lago sono ricche (idea che mi risulta dovrebbe già aver avuto Seneca). Ovviamente le qualità di queste acque attirarono i romani, che in fatto di terme sono ancora e decisamente un popolo secondo a nessuno. Già Marco Terenzio Varrone (116 – 27 B.C.) considerò quest’area l’Umbilicus Italiae (il centro dell’Italia) ed esisteva un complesso edilizio che arrivò al massimo splendore quando fu utilizzato nella seconda metà del I secolo da due personaggi del calibro degli imperatori Vespasiano e Tito. Insomma Aquae Cutilae era un posto davvero rinomato. 
Ovviamente la frequentazione imperiale è attestata anche da una villa che Vespasiano fece costruire (o restaurare). Secondo alcune fonti Vespasiano addirittura morì per aver voluto fare un tuffo nel lago di Paterno in un momento non troppo caldo. Anche il figlio Tito è morto da quelle parti.

Distribuzione dei sinkholes da Petitta et al (2011)
Le aree più scure corrispondono ai depositi di travertino
LE ACQUE DEI LAGHI DI SAN VITTORINO. Nella valle le rocce calcaree che si osservano nei monti circostanti sono invece coperte da depositi alluvionali dallo spessore massimo di 170 metri (Nisio, 2003). La valle fra Antrodoco e Cotilia è impostata su parte del segmento Olevano – Antrodoco della linea Ancona – Anzio, una delle più importanti linee tettoniche italiane, che ancora ha un ruolo, separando aree dai movimenti leggermente diversi ancora oggi (Farolfi, Piombino e Catani 2019). È un aspetto molto importante come vedremo dopo, esaminando le caratteristiche delle acque dei laghetti, la distribuzione dei quali non è casuale, ma è controllata dalla presenza del prolungamento sotto la piana di alcune delle faglie ben visibili nei fianchi della vallata. 

Questi laghi non hanno immissari (anzi il lago di Paterno addirittura ha un emissario artificiale che ne immette le acque nel Velino), nè si riempiono per le piogge. Tutto ciò dimostra che la loro alimentazione proviene direttamente da sorgenti sotterranee.  
Ma da dove provengono queste acque? 
Le analisi indicano che si tratta di acque meteoriche, che dopo le piogge sono circolate all’interno delle rocce calcaree. Il problema è il contenuto, anomalo per acque del genere, di gas come CO2 and H2S (Annunziatellis et al., 2004), l’origine dei quali è molto interessante. 
Nelle acque del lago di Paterno è stato trovato anche del metano, in cui la composizione isotopica del carbonio è assolutamente tipica della presenza di attività da parte di batteri anaerobici come gli archeobatteri. 
Quindi se il CH4 è di origine organica, CO2 e H2S potrebbero avere la stessa origine? In teoria si, ma non è così, perché i rapporti isotopici del carbonio e dello zolfo di questi ultimi parlano di un’altra storia, essendo invece tipici di gas provenienti dalle profondità della crosta (Tassi et al, 2012). Allora, questi gas sono appunto la spia di qualcosa di diverso, e cioè di fluidi di origine molto profonda che risalgono proprio grazie alla presenza di una linea tettonica importante come la Olevano – Antrodoco. Però se i gas sono tipici di fluidi profondi, la salinità del lago di Paterno è tipica di acque meteoriche, senza un evidente contributo da fluidi provenienti dal basso. 
Ma,  allora, come stanno le cose? Possibile che a San Vittorino risalgono dalle profondità solo dei gas senza la compagnia di acque dalla stessa provenienza? Come disse un noto geologo quasi 40 anni fa “in Geologia tutto è possibile, tranne l’Uomo gravido”, ma una cosa del genere si avvicinerebbe molto a questa ultima eventualità.... Decisamente improbabile, quindi. Allora, dove sono finite queste acque di provenienza profonda? 
Così poco evidenti nella maggior parte dei laghi come quello di Paterno, queste costituiscono invece la componente fondamentale nelle acque dei laghi di alcuni piccoli sinkhole, dove la mineralizzazione è molto più pesante, con un contenuto elevato di una componente sulfurea profonda: sono Paulla bassa, Paulla 3 e le attuali Terme di Cotilia (Petitta et al, 2011). 
Questi 3 sinkholes condividono fra loro una caratteristica importante: si trovano tutte ai lati della valle, quindi molto vicini alle faglie bordiere. In particolare Paulla bassa e Paulla 3 sono situate in riva sinistra del Velino e avendo la stessa identica composizione, rappresentano due emergenze dello stesso acquifero. Diversa la situazione delle terme di Cotilia, in riva destra del Velino e soprattutto più a valle, dove rispetto a Paulla le acque sono caratterizzate da un valore del rapporto fra carbonati e solfati inferiore, da un contenuto maggiore in metalli, e da una temperatura superiore di quasi 3°C. Tutto questo indica a Cotilia una componente profonda che si mescola a quella superficiale molto maggiore rispetto a quanto si evidenzia a Paulla

Il lago delle terme di Cotilia, dalla composizione sulfurea
A San Vittorino ci sono altri indizi di attività idrotermale: i depositi di travertino indicano la presenza di acque ad elevata mineralizzazione e la presenza di emissioni gassose dovute ai gas che acompagnano la risalita dei fluidi profondi (in particolare ma non solo CO2) e che si separano da questi quando arrivano vicino alla superficie (Minissale 2004). 
Questi fluidi spiegano anche il meccanismo di formazione dei sinkholes di San Vittorino, che non sono delle semplici doline di origine carsica: i fluidi di origine profonda più acidi (hanno un pH di circa 6, tanto per dare un’idea di cosa siano) che con il tempo provocano dove passano l’alterazione chimica e l’erosione dei calcari (Caramanna et al., 2008), indebolendone la struttura. 

UNA ATTIVITÀ CHE TUTTORA PERSISTE. I collassi che provocano i sinkhole sono abbastanza frequenti. Ci sono poche notizie in merito nei tempi antichi; il primo sicuramente datato è avvenuto nel 1703, probabilmente in corrispondenza di uno dei forti eventi sismici di quell’anno (un ottimo candidato è il terremoto dell’alto Aterno Mw 6.8 del 2 febbraio); da quell’epoca sono documentati almeno altri 11 collassi. 
È interessante notare come molti sinkholes continuino ad essere attivi dopo la loro formazione, e cioè subiscano ulteriori sprofondamenti. Ad esempio proprio la profondità del lago di Paterno passò da 37.7 a 45.2 metri 15 giorni dopo il terremoto Mw 7.0 di Avezzano del 13 gennaio 1915 e ha subìto un ulteriore abbassamento di altri 12 metri, non connesso ad eventi sismici importanti, negli anni ‘50 del XX secolo. 
La piana di San Vittorino tra Canetra e le Terme di Cotilia rappresenta un luogo affascinante sia dal punto di vista naturale che da quello storico, ma proprio a causa di queste particolarità geologiche è un territorio che va tenuto sotto controllo perché è una zona potenzialmente interessata da nuovi sprofondamenti e quindi da sorvegliare attentamente.

Annunziatellis et al (2004) Studio dei parametri geologici e geochimici per la comprensione dei meccanismi genetici degli sprofondamenti nella piana di S. Vittorino, p. 63-82. In: Proc. Symp. State of the art on the Study of Sinkholes, and the Role of National and Local Authorities in the Management of the Territory, Roma, Italy, 20-21 May 2004. 

Farolfi, Piombino e Catani (2019) Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes Remote Sens. 2019, 11, 394; doi:10.3390/rs11040394

Caramanna, Ciotoli e Nisio (2008). A review of natural sinkhole phenomena in Italian plain areas. Natural Hazards 45:145-172. 
Minissale (2004) Origin, transport and discharge of CO2 in Central Italy. Earth-Sci. Rev. 66:89-141. 

Nisio (2003) I fenomeni di sprofondamento: stato delle conoscenze ed alcuni esempi in Italia centrale. Ital. J. Quat. Sci. 16:121-132

Petitta et al (2011) Interaction between deep and shallow groundwater systems in areas af- fected by Quaternary tectonics (Central Italy): a geochemial and isotope approach. Environ. Earth Sci. 63:11-30. 

Tassi et al (2012) Water and dissolved gas geochemistry of the monomictic Paterno sinkhole (central Italy)  J. Limnol., 2012; 71(2): 245-260 DOI: 10.4081/jlimnol.2012.e27
  

2 commenti:

ANTONIO MORETTI ha detto...

Buongiorno Aldo, Complimenti per i tuoi articoli e per la tua curiosità intellettuale, cui unisci rigore scientifico ed abilità divulgativa. Confesso che spesso consiglio ai miei studenti i tuoi BLOG.

Bello e rigoroso anche questo sui "sink holes" di S.Vittorino, area che conosco molto bene.

Permettimi però, anche se con un anno di ritardo, di discutere un attimo con te il termine "sink holes". Purtroppo l'italica mania di riempirsi la bocca con parole straniere in questo caso ha portato molti ricercatori, anche di prestigiosi istituti scientifici, ad usare con leggerezza un termine scorretto sotto molti punti di vista, tra cui particolarmente grave quello del rigore scientifico. "Buchi di sprofondamento" infatti prevede già l'interpretazione di un preciso meccanismo genetico, mentre in Scienza prima si descrive, poi si fanno ipotesi, poi si verificano ed infine si propongono alla comunità scientifica per una discussione.

Tornando a noi, le grandi cavità imbutiformi di S.Vittorino sono solo un esempio attivo di strutture analoghe sparpagliate nell'Appennino centrale,anche di grandi dimensioni. Ti porto ad esempio Fossa Raganesca nell'Aquilano o la dolina di Campoli Appennino, che fanno parte in realtà di complessi di decine di altre strutture allineate lungo linee tettoniche ben definite.

Queste ed altre strutture (comprese quelle di S.Vittorino) sono dovute a fenomeni di dissoluzione profonda collegati alla risalita dei acque acide e spesso calde, fenomeni che rientra nel campo dell'ipercarsismo. Niente crolli e grandi cavità quindi, per cui il termine "sink holes" è assolutamente scorretto. Del resto neanche il termine "dolina" è utilizzabile, perché anche esso si riferisce ad un preciso fenomeno carsico di dissoluzione della roccia per la percolazione "dall'alto verso il basso" di acque meteoriche più o meno aggressive.

Personalmente, io ed alcuni miei colleghi, abbiamo proposto il termine "CANETRE", termine semplicemente descrittivo (forma a canestro) che tra l'altro viene usato anche dalla toponomastica ufficiale IGM ("Canetra di sopra" "Canetra di Sotto" a Roio, la stessa "Canetra" vicino ma S.Vittorino ecc..).

Sperando di averti messo una punce nell'orecchio sull'ignoranza scientifica di alcuni "baroni" della geologia ti rinnovo la mia stima.

Antonio Moretti - Docente di Geologia e Rischi Naturali - Università dell'Aquila
antonio.moretti@univaq.it

Aldo Piombino ha detto...

carissimo, ti ringrazio per la stuma
si... diciamo che alle volte si fa un pò di confusione fra "forma" e "causa".
Interessante la questione "canetre"... andrebbe discussa nella sede apposita.
In effetti per esempio quando si vede una serie di "doline" allineate (e pensi come si vede a Castelluccio lungo la strada da Forca Canapine che siano lungo una possibile faglia) il sospettoviene che il problema venga "dal basso" e non per la "dissoluzione della roccia per la percolazione "dall'alto verso il basso di acque meteoriche più o meno aggressive"

Saluti
Aldo