sabato 17 novembre 2018

I Campi Flegrei e la possibile eruzione distruttiva: il solito allarme giornalistico


No. L'eruzione epocale dei Campi Flegrei non è imminente. O, meglio, É praticamente certo che prima o poi avverrà ma non è detto che arrivi "a breve" dal punto di vista umano (e Dante's Peak in confronto sarebbe una passeggiata...). Lo si deduce in primis dalla storia geologica (i vulcani che formano caldere hanno spesso il vizio di farlo più volte..) e da una analisi sulle lave degli ultimi 60.000 anni, che ha rivelato come i prodotti dell'eruzione più recente, quella del Monte Nuovo del 1538, possiedano le caratteristiche tipiche delle eruzioni che precedono (ripeto: non necessariamente a breve) i collassi calderici. Insomma, tutte le volte che si parla di Vesuvio o Campi Flegrei, qualsiasi articolo scientifico che esce viene successivamente infarcito sulla stampa e su internet da fantasie su catastrofi imminenti. Vediamo dunque, dopo un breve riassunto della storia del vulcano, cosa dice questo interessante lavoro.

Rispetto ad un terremoto, una eruzione vulcanica in genere viene prevista: questo grazie ai suoi precursori, in particolare il tremore sismico (una serie continua di terremoti normalmente di piccola intensità provocati dal magma che si apre la strada sotto il vulcano) e alcune variazioni nella temperatura e nella composizione delle fumarole. Rilevare questi fenomeni vuol dire alzare il livello di sorveglianza prima che il tutto accada. Nessun vulcano monitorato è mai andato in eruzione senza questi precursori, anche se in qualche caso tra la certezza dell’eruzione e il suo arrivo il tempo è stato inferiore al previsto.

Il Vesuvio e Campi Flegrei sono vulcani attivi: anche se attualmente dormono sono in grado di produre i possibili precursori di una eruzione “da un momento all’altro” e, nel loro specifico, sono caratterizzati da due importanti fattori di rischio che ne aumentano la pericolosità:

  • appartengono al tipo più “cazzuto” che esiste di vulcani, quelli a magmi potassici: nonostante siano abbastanza rari, fra questi troviamo ad esempio Tambora, Rabaul e Yellowstone, cioè gli autori, insieme ai Campi Flegrei, di alcune delle più violente eruzioni degli ultimi 100.000 anni. Insomma, se i vulcani potassici costituiscono un numero quasi irrilevante nelle statistiche sui vulcani dal punto di vista del numero, in quelle delle eruzioni catastrofiche sono molto ben piazzati
  • sono all’interno di un’area intensamente popolata e che conserva beni culturali di importanza assoluta (fatto questo comunque “normale” per un’area in territorio italiano...)

In più i Campi Flegrei suonano un po' differente dal concetto normale di vulcano, che prevede - come ad esempio il vicino Vesuvio - una montagna che si erge da quanto la circonda: infatti si tratta di un insieme di crateri di varie dimensioni che si intersecano fra loro, con una altezza risibile rispetto ad un vulcano normale; questo perché la loro storia, almeno negli ultimi 60.000 anni consiste in una serie di eruzioni più o meno “normali” punteggiate da due eventi che hanno provocato la formazione di una caldera, cioè di una vasta depressione provocata dallo svuotamento improvviso di una camera magmatica e deposto spessori importanti rappresentati dall’Ignimbrite Campana e dal Tufo giallo Napoletano.
La stratigrafia dei Campi Flegrei è stata ricavata da un sondaggio che ha perforato il sottosuolo della caldera per 501 metri, il Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP) (quello che aveva suscitato forti e assurde preoccupazioni da parte di catastrofisti, i quali sostenevano che avrebbe potuto provocare una eruzione…..) ed è illustrata in Di Natale et al (2016).

Come si produce una caldera
I CICLI DEI VULCANI CHE PRODUCONO CALDERE. Un vulcano caratterizzato da una caldera, come anche Yellowstone, spesso ha una attività ciclica di calderizzazione che si ripete nel tempo. Ogni ciclo è caratterizzato non solo da una diversa frequenza delle eruzioni "normali" (quelle non distruttive), ma anche da significative differenze nel chimismo dei magmi:

  1. il ciclo comincia quando i magmi silicici si accumulano in un serbatoio a bassa profondità nella crosta; la risposta superficiale consiste in eruzioni non frequenti tra lunghe fasi di quiescenza; i magmi sono molto evoluti, cioè hanno subìto importanti processi di differenziazione, per cui mostrano un contenuto di silice piuttosto alto, mentre contengono poco Fe e Mg e pochi cristalli dentro una pasta vetrosa (nei magmi si può grossolanamente dividere una pasta vetrosa da cristalli solidi che vi “nuotano” come rami dentro un fiume in piena)
  2. nell’eruzione principale viene emessa una quantità enorme di magmi che letteralmente svuota in gran parte la camera magmatica: lo svuotamento provoca il collasso della crosta sovrastante e si forma un enorme cratere largo anche parecchi km. Nonostante che questa fase duri molto poco c'è una enorme differenza fra i magmi all'inizio a alla fine dell'eruzione, con gli ultimi molto meno differenziati e contenenti una significativa percentuale di cristalli (nei Campi Flegrei si va da magmi vetrosi al 96% sino a magmi con meno del 70% di vetro). Questo aspetto dimostra la presenza di un notevole afflusso di materiale “nuovo” dalle profondità della crosta
  3. nella fase post-collasso si assiste ad una progressiva ricarica della riserva che si era svuotata. I magmi post-collasso sono meno differenziati quindi hanno più Fe e Mg e sono meno ricchi in silice, mentre le eruzioni sono più frequenti

Il passaggio dalla fase che segue l’evento principale a quella che ne precede il successivo è quindi marcato da un cambio sia nella frequenza degli eventi, che diventano più rari e nel chimismo dei prodotti, che si evolve verso termini più differenziati in cui ad esempio scompaiono minerali come i pirosseni, ricchi in Fe e Mg, al contrario frequenti nei primi magmi seguiti al collasso calderico e in cui aumenta significativamente la percentuale di vetro rispetto a quella dei cristalli. 
Un'altra caratteristica importante è rappresentata dalla temperatura di equilibrio e dal contenuto in acqua dei magmi: 
  • dopo la formazione della caldera i magmi sono più caldi e con un contenuto di acqua minore; con il tempo la loro temperatura di equilibrio (cioè, approssimativamente, quella alla quale fonderebbe) diminuisce
  • al contrario, il contenuto di acqua aumenta. 
  • il collasso calderico è segnato da un aumento della temperatura di equilibrio e da una diminuzione del contenuto di acqua. entrambii trend si invertono bruscamente in corrispondenza del collasso calderico, in cui aumenta la temperatura di equilibrio e diminuisce il contenuto di acqua

L'inversione durante il collasso di questi parametri e di quelli precedenti è la spia del fatto che il collasso calderico sia connesso ad un massicico arrivo di nuovo magma dal basso che perturba la camera magmatica. 

L'ATTIVITÀ ERUTTIVA DEI CAMPI FLEGREI TRA 60.000 E 16.000 ANNI FA. La storia del vulcano è ben ricavabile dall’Osservatorio Vesuviano (sito internet). Se le caratteristiche dell’attività vulcanica sono state nel passato simili a quello che è successo negli ultimi 16.000 anni, i Campi Flegrei hanno alternato fasi di qualche migliaio di anni di attività frequente a fasi di riposo sempre nell’ordine delle migliaia di anni. Inoltre abbiamo due episodi fondamentali in cui quanto c’era è stato praticamente distrutto da collassi calderici che hanno emesso delle ingenti quantità di materiali in atmosfera e lasciato grandi tracce sul terreno e cioè:

  1. circa 39.000 anni fa l’eruzione dell’Ignimbrite Campana, uno degli eventi più violenti degli ultimi 100.000 anni al mondo
  2. circa 15.000 anni fa l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano

ATTIVITÀ ERUTTIVA DEGLI ULTIMI 15.000 ANNI. I dati degli ultimi 15.000 anni, cioè del dopo - Tufo Giallo, sono, come è logico, molto più frequenti perché non è intervenuta da allora nessuna eruzione distruttiva. La prima cosa che si nota bene è la divisioni in più fasi di attività, delimitate da pause più o mneo lunghe:

  • tra 15.000 e 9.500 anni fa hanno avuto luogo 34 eruzioni esplosive, con una media di una eruzione ogni 70 anni
  • tra 8.600 e 8.200 anni fa, dopo un periodo di quescenza di meno di 1000 anni, si verificava in media una eruzione ogni 65 anni,  6 delle quali sono state fortemente esplosive
  • dopo altri 3000 anni di silenzio, tra 4.800 e 3.800 anni fa ci sono state 16 eruzioni esplosive e 4 eruzioni effusive, che si sono succedute con una frequenza media di una eruzione ogni 50 anni
  • poi il silenzio, che dura quindi da quasi 4000 anni, rotto esclusivamente dalla piccola eruzione del Monte Nuovo nel 1538

Questo ovviamente escludendo quello che è successo sia al Vesuvio, sia soprattutto a Ischia, dove fra il 2000 a.C. e il 1302 si contano oltre 15 eruzioni. Ma Ischia, come il Vesuvio, sono considerati apparati a se stante, anche se per alcuni Autori la camera magmatica principale è la stessa.

LE VARIAZIONI NEL TEMPO DEI MAGMI FLEGREI. Nel lavoro appena uscito (Forni et al, 2018) i ricercatori combinano varie informazioni petrografiche e geochimiche ricavate da campioni di roccia, minerali e vetri di grandi dimensioni provenienti da 23 eruzioni diverse degli ultimi 60.000 anni di storia dei Campi Flegrei, inclusi i due eventi che hanno formato le caldere  39000 e 15000 anni fa e le unità chiave rappresentative di attività che ha preceduto e seguito le due eruzioni catastrofiche.
I dati “buoni” sulle fasi intermedie che hanno preceduto gli episodi principali sono scarsi; penso che ciò sia duvuto al fatto che i collassi calderici abbiano distrutto buona parte della storia eruttiva immediatamente precedente. Guardiamo in particolare i dati sulla cristallizzazione e sul contenuto in cristalli:

  • i pochi dati pre-ignimbrite campana mostrano un contenuto in cristalli estremamente basso e una differenziazione molto spinta, talvolta più spinta deill’evento principale, in linea con quello che dovrebbe succedere teoricamente
  • i primi magmi del periodo fra i due eventi principali sono poco evoluti e poi presentano un graduale aumento della differenziazione 
  • il grado di differenziazione dopo un massimo  scende di poco prima di arrivare al collasso di 16 mila anni fa. Sono prodotti con scarso contenuto di cristalli tranne il caso di Trentaremi, che appartiene presumibilmente alla fase post-Ignimbrite Campana e non alla successiva pre-tufo giallo

Le tre fasi successive all’evento del Tufo Giallo di 15.000 anni fa hanno caratteristiche petrologiche interessanti:

  1. la prima è un tipico esempio di attività post – collasso, con magmi poco differenziati e ricchi in cristalli
  2. la seconda è rappresentata in questo lavoro da un dato singolo, molto evoluto e con pochi cristalli
  3. nella terza i magmi sono piuttosto evoluti, ma il contenuto in cristalli è particolarmente alto

Le variazioni nel temo di temperatura di equlibrio
e contenuto di acqua nei magmi flegrei - Forni et al, 2018)
CARATTERISTICHE DELL'ERUZIONE DEL 1538. Venendo all’ultima eruzione del Monte Nuovo del 1538, il magma è particolarmente omogeneo ed evoluto (anzi, è il più differenziato di sempre!) e il più povero di sempre di cristalli; insomma, per questi parametri ed altri, per esempio:

  • la temperatura teorica del liquido che ha generato il magma, molto bassa come che è minima prima della formazione della caldera e massima nelle sue fasi finali
  • il contenuto in acqua

Questa eruzione ricorda moltissimo i prodotti che hanno preceduto le fasi iniziali degli eventi di formazione delle caldere, non solo quella dei Campi Flegrei.
Quindi questa ultima eruzione indica l’inizio di una nuova fase che potrebbe potenzialmente essere il segnale che in un momento imprecisato del futuro, in una grande eruzione che culminerà nella formazione di una nuova caldera
Quando? Potenzialmente “presto” in termini geologici. Ma è estremamente probabile che non la vedrà nessuno di coloro che attualmente vivono sulla Terra. Inoltre i segnali dell'arrivo di un nuovo e massiccio afflsso di magma, necessario per disturbare la camera magmatica attuale e indurre l'eruzione catastrofica, sarebbero ben evidenti, probabilmente anche mesi prima dell'evento.
Con questo, ritengo lo stesso che nell'area a rischio viva un pò troppa gente...


Di Natale et al (2016) The Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP): New insight on caldera structure, evolution and hazard implications for the Naples area (Southern Italy), Geochem. Geophys. Geosyst., 17, 4836–4847, doi:10.1002/ 2015GC006183.
Forni et al (2018) Long-term magmatic evolution reveals the beginning of a new caldera cycle at Campi Flegrei. Sci. Adv. 4, eaat9401
Osservatorio Vesuviano http://www.ov.ingv.it/ov/it/campi-flegrei/storia-eruttiva.html - consultato il 16 novembre 2018


2 commenti:

Paolo el panza ha detto...

Questo post me lo aspettavo. Dopo gli ennesimi allarmismi geologici, una bella spiegazione scientifica ma chiara ci vuole.

Aldo Piombino ha detto...

grazie.. quando posso..