mercoledì 14 febbraio 2018

I vantaggi nell'integrazione fra gli strumenti a terra e quelli satellitari per lo studio delle frane: il caso di una miniera a cielo aperto



I dati ottenuti con l'interferometria radar rappresenta oggi uno dei migliori sistemi per la sorveglianza delle frane e di qualsiasi movimento del terreno. Mi sono già occupato della cosa due anni fa, ai tempi del crollo della diga del Fundao in Brasile. L'interferometria radar misura le distanze come differenza tra la fase del segnale, quindi riesce ad ottenere valori estremamente precisi.
Il gruppo di Geologia Applicata del dipartimento di Scienze della Terra di Firenze ha appena pubblicato una interessante ricerca sulla rivista Engineering Geology che esplora i benefici dell'uso incrociato di due tipi di radar interferometrici, quelli a terra e quelli satellitari InSAR, per monitorare le frane, capire quello che è successo prima dell'innesco del fenomeno e, possibimente, arrivare  fino ad una previsione del quando inizierà.


VANTAGGI E SVANTAGGI DELL’USO DEI SATELLITI NELLO STUDIO DELLE DEFORMAZIONI DEL TERRENO. In genere il monitoraggio di un fenomeno franoso inizia "a posteriori", nel senso che una appropriata rete di monitoraggio viene allestita solo dopo che la frana è avvenuta. Però dal punto di vista della ricerca scientifica e da quello della valutazione del rischio “a priori” o “nell’immediato” sarebbe importante sapere cosa sia successo "prima" e cioè quali siano i fenomeni precursori dell'avvenimento, in modo, appunto, da poter capire quando aumenta il rischio in una certa area (in genere già potenzialmente prona alle frane), cercando, nella situazione ottimale, di arrivare persino ad una previsione di quando il tutto si metterà in movimento in maniera distruttiva.
La copertura satellitare riesce a fornire una buona parte delle risposte a questi interrogativi, grazie ad un suo immenso vantaggio: il satellite c'è "sempre", nel senso che quelli dotati di radar interferometrico sono numerosi, appartengono a diverse agenzie e quelli appartenenti ad una singola agenzia sono coordinati in flotte. Per cui esiste una copertura totale e abbastanza frequente di tutta la superficie terrestre, con i dati che rimangono registrati e facilmente consultabili dagli specialisti in materia.
Quindi dopo una frana si possono consultare i dati satellitari di tutti i passaggi degli anni precedenti sopra l'area interessata, grazie ai quali vengono individuati i movimenti del terreno avvenuti prima del verificarsi della frana stessa; il che è esattamente quello che ci vuole per poter cercare di capire quali siano dal punto di vista delle deformazioni del suolo i fenomeni precursori di una frana. È ovvio che queste indagini devono essere completate prendendo in considerazione anche altri aspetti: litologia, morfologia, clima, condizioni meteo, attività antropica e quant’altro. Un esempio di applicazione di questa metodologia lo troviamo in [1].

L'interferometria radar da satellite ha però alcuni svantaggi:
- il primo, a comune con quella da terra, è che lo strumento misura lo spostamento lungo la direzione in cui “vede” l'occhio del radar (la cosiddetta "linea di vista"), per cui più la direzione del movimento è parallela alla linea di vista, più la misura è precisa; in realtà quindi per qualsiasi movimento non in direzione della linea di vista ne viene rilevata la proiezione lungo la linea di vista e se il movimento è in direzione perpendicolare alla linea di vista non viene minimamente percepito
- il secondo che, ovviamente, a causa della minor distanza un radar a terra che illumina una parete di roccia è molto più preciso di quello satellitare
- il terzo è che il rilevamento è discontinuo, avvenendo ad ogni passaggio del satellite (ad esempio Sentinel, il satellite usato per questo lavoro, passa su un determinato punto della superficie ogni 6 giorni circa
Il radar a terra invece può essere orientato “a piacere”, consentendo quindi una visione più ottimale del fenomeno. Ma la copertura ottenuta può essere difficilmente totale come quella satellitare
Per tutti questi motivi, oltre che per la minore risoluzione spaziale, i radar satellitari non possono sostituire quelli a terra nel monitoraggio dei versanti instabili, bensì affiancarli e renderli più efficaci.

LA NECESSITÀ DI MONITORARE LE MINIERE A CIELO APERTO. Nel caso in oggetto c'era anche già un sistema di monitoraggio a terra perché la frana di cui si parla è avvenuta in una miniera a cielo aperto. In questi contesti un sistema di monitoraggio del genere è necessario [2]: le pareti di una miniera a cielo aperto hanno una pendenza superiori a quella che avrebbero in Natura e quindi sono estremamente soggette a frane, dalla semplice caduta massi fino al collasso di un intero versante. I crolli in queste miniere dunque sono un rischio sostanziale (e frequente) sia per gli operatori sia per l'attività della miniera. Il monitoraggio consente di sgomberare l’area interessata prima che l’incidente avvenga, o, in alcuni casi, può addirittura consentire un intervento preventivo di ripristino del versante affetto dal problema. Nel primo caso si salvano vite umane, mentre nel secondo oltre alle perdite umane si evitano le perdite economiche dovute ad una più o meno lunga interruzione delle attività estrattive.
Particolarmente noto fra i più recenti incidenti del genere, soprattutto per le sue dimensioni, è quello della miniera a cielo aperto di rame del Bingham Canyon, nello Utah, nel 2013, un caso che ben esemplifica l’utilità dei sistemi di monitoraggio dei versanti in impianti del genere: malgrado il collasso di ben 144 milioni di tonnellate di materiale, non ci furono vittime proprio grazie ad un eccellente sistema di monitoraggio, composto da diversi radar da terra e da alcune centinaia di prismi sorvegliati da diverse stazioni totali robotizzate, i cui dati consentirono alla direzione della miniera non solo di capire che il versante stava per collassare, ma anche di evacuarla in relativa calma con 12 ore di anticipo rispetto al verificarsi del collasso; questo secondo aspetto è stato conseguito mediante l'impiego di metodi empirici previsionale basati su quanto veniva osservato.


la zona della frana da [2]: si nota come il fenomeno
sia partito da sopra la zona interessata alla coltivazione
IL CASO DI STUDIO. Geoapp, lo spin-off accademico del Gruppo di Geologia applicata del Dipartimento di Scienze della Terra dell'università di Firenze fra le sue attività ha proprio l'allestimento, il mantenimento e l'analisi dei dati di sistemi per il monitoraggio dei versanti delle miniere a cielo aperto.
Il caso di studio si basa su una frana avvenuta su una parete di una miniera di rame a cielo aperto non specificata il 17 novembre 2016. Geoapp è stata chiamata dalla società che operava la miniera perché, nonostante la miniera fosse regolarmente dotata di un sistema di monitoraggio, l’evento era giunto inaspettato, e per questo è costato la morte di 16 minatori. La frana ha interessato una zona lunga circa 400 m e larga fino a 300, visibile in questa fotografia. Gli obbiettivi dell’intervento erano: ricostruire l'accaduto, capire l'eventuale prevedibilità del fenomeno con i dati di monitoraggio disponibili prima dell'evento e supportare le indagini della magistratura connesse.
La prima questione era il perché il sistema a terra non aveva rilevato segni precursori dell'evento. Per capire lo sviluppo del fenomeno sono stati quindi esaminate le immagini InSAR dei mesi precedenti alla frana, ricavate dal satellite europeo Sentinel-1.
Le indagini, presentate nell'articolo [3], dimostrano innanzitutto che l'area copertura dal radar da terra installato nella miniera non era sufficiente ad identificare nella sua interezza il fenomeno franoso: il sistema rendeva possibile la rilevazione della deformazione in soli due banchi, mentre la zona di sviluppo della frana era collocata fuori dalla linea di vista del sistema; come l'analisi InSAR satellitare ha poi potuto chiarire, questa circostanza è dovuta al fatto che il fenomeno franoso ha avuto inizio nel pendio naturale al di sopra della cresta della miniera, non monitorato. Lo vediamo sia dalla fotografia qui sopra che da questa carta, dove  è chiaro il limite della coltivazione e dove i triangoli rossi rappresentano l’area a massima deformazione, che insiste sia nell'area soprastante che in quella mineraria.


Nei dati satellitari la frana in via di sviluppo è chiaramente evidente e la curva della deformazione mostra nei giorni precedenti una chiara accelerazione della pendenza, come si vede dal grafico qui accanto: il collasso è avvenuto il 17 novembre ma si nota come il periodo preparatorio dell’evento con l’ accelerazione del movimento del terreno sia iniziato circa due mesi prima. Siamo in una zona dal clima arido e dalla scarsa vegetazione, pertanto precipitazioni significative possono innescare molto facilmente dei fenomeni di instabilità dei versanti. Le prime tracce significative di movimento nella parete sovrastante la coltivazione mineraria datano ai primi di settembre e dopo una fase di stabilizzazione le piogge del 16 ottobre hanno improvvisamente modificato le cose (ecco dimostrata l’importanza delle correlazioni fra dati InSAR e dati meteorologici!). Comunque, anche dopo il disturbo dovuto alla pioggia del 15 ottobre, il sistema era di nuovo sostanzialmente tornato stabile, senonché si è avuto un nuovo e prolungato intervallo piovoso, che ha definitivamente degradato la situazione (volendo, ha piovuto anche immediatamente prima l'innesco della frana).
Quindi se la direzione della miniera avesse avuto a disposizione i dati del monitoraggio satellitare, questi movimenti sarebbero stati rilevati "in diretta" e ciò avrebbe permesso di riposizionare il radar a terra in modo da inquadrare la zona oltre il culmine della miniera in cui la frana stava partendo, evitando le vittime.

LA PREVISIONE DELLA DATA DELL’EVENTO. I dati InSAR hanno persino dimostrato che era possibile indicare una valutazione della data dell'evento. Supponendo una accelerazione degli eventi si può ricavare una curva della inversione della velocità in un grafico in cui in si plotta ad ogni tempo t l'inverso della velocità 1/v: più la v aumenta più 1/v tenderà a zero e quando la curva dei valori di 1/n raggiunge il valore 0 (punto di velocità infinita) e quindi la retta del tempo, quel particolare tempo t sarà esattamente il momento in cui arriverà la rottura.
In particolare già con i soli dati InSAR disponibili ogni 6 giorni si vede che la retta mediana fra le varie osservazioni dava il 17 novembre come data più probabile fin da metà ottobre.

L'articolo dimostra splendidamente sia le incredibili opportunità che i dati dei satelliti interferometrici possono fornire per capire le fasi precedenti all'avvio di un fenomeno franoso e che proprio grazie a questi la copertura dei radar a terra è meno essenziale dal punto di vista "generale". Con ciò evidenzia anche come non sia possibile fare a meno dei radar locali; però dimostra anche come la strumentazione a terra possa essere posizionata in maniera ben più efficace proprio grazie ai dati satellitari, i quali consentono di selezionare con una buona precisione le aree di pericolo. Inoltre, ovviamente, un radar satellitare non potrà mai rilevare il rischio per caduta di singoli massi di ridotte dimensioni!

[1] Intrieri et al 2018 The Maoxian landslide as seen from space: detecting precursors of failure with Sentinel-1 data. Landslides 15, 123 - 133

[2] Carlà et al (2018) Integration of ground-based radar and satellite InSAR data for the analysis of an unexpected slope failure in an open-pit mine. Engineering Geology 235, 39–52

[3] Carlà et al (2017) On the monitoring and early-warning of brittle slope failures in hard rock masses: Examples from an open-pit mine. Engineering Geology 228, 71-81


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessante. Grazie

Anonimo ha detto...

Ha sentito del terremoto in Messico?