giovedì 27 luglio 2017

I problemi della ricostruzione delle zone dei terremoti del 2016 e le priorità da seguire: quello delle macerie non è il problema più impellente



Come ho scritto nel post precedente, ho partecipato al convegno internazionale "Three destructive Earthquakes along the Central Apenninic fault system", organizzato fra il 19 e il 24 agosto molto bene dall’Università di Camerino. Prima di descrivere la geologia di questi eventi ritengo però opportuno fare il punto della situazione civile, dato che uno degli scopi che mi ero prefissato era proprio quello di apprendere direttamente e in modo preciso come stessero le cose, presupponendo che la realtà che si ricava dai media sia decisamente incompleta se non distorta. Inaspettatamente, è venuta fuori una scala di priorità di interventi che è diversa dalla percezione che si ha stando fuori, in particolare che ora come ora la questione delle macerie non è quella essenziale. Insomma, le notizie che arrivano dalle zone terremotate sono contraddittorie, perché spesso viziate, nel bene e nel male, dalla faziosità politica e dalla scarsa conoscenza di quello che succede. Un altro problema fondamentale per il futuro è l’oblio: a poco a poco su questa vicenda si stanno spegnendo i riflettori (i media ne parlano solo in caso di nuove, sia pure minori scosse). Ritengo doveroso, invece, tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione nel cratere, cercando di essere obbiettivi, perché il vero servizio è quello di descrivere le cose come stanno e non, come succede oggi, vedere da un lato l’acritica esaltazione dell’opera delle autorità e dall’altro la sua totale denigrazione, altrettanto acritica: in nessuno dei due modi si fa il bene delle zone terremotate. Le quali hanno ancora bisogno di una opinione pubblica che spinga nella giusta direzione. Direzione che cerco di spiegare in questo post.



Questo è il primo post a seguito del congresso di Camerino. Ho ritenuto utile mettere anche un elenco dei post sull'argomento. Dopo la giusta ondata emozionale per le vittime e le distruzioni dei terremoti che hanno investito l’Appennino centrale nel 2016, i problemi fondamentali sono noti a tutti. Cito i principali:


  • case distrutte se non interi paesi ridotti ad un cumulo di macerie
  • attività economiche impossibilitate a proseguire o con evidenti difficoltà a proseguire la vita di ogni giorno
  • infrastrutture distrutte (soprattutto, ma non, solo le strade)

Alan Pitts davanti alla sua casa
nella zona rossa di Camerino
che ha dovuto abbandonare
IL PATRIMONIO ABITATIVO. Molti paesi sono stati completamente distrutti, come Amatrice o Arquata del Tronto. Altri hanno sofferto parecchio ma almeno apparentemente i palazzi stanno ancora in piedi.
Nel quadro del convegno ho potuto visitare la zona rossa del centro di Camerino, chiusa a causa dei danni. I problemi maggiori sono ascritti più all’evento M 5.9 del 26 ottobre che a quello M 6.5 del 30. Da notare che nell’occasione molta gente era fuori casa a causa della forte (e provvidenziale, a questo punto...) scossa di 2 ore prima. La forte direzionalità dell’evento, con una distribuzione delle onde sismiche limitata a pochissime direzioni, ha fatto sì che la cittadina venisse investita dal terremoto in maniera particolarmente violenta. Dopo i danni patiti a causa degli eventi del 1997 l’edilizia locale era stata riveduta e corretta. Le opere di adeguamento si sono dimostrate da un lato funzionali perché non è morto nessuno, dall’altro purtroppo la stragrande maggioranza degli edifici nella zona rossa sono inagibili perché presentano gravi danni al loro interno. È il caso, ad esempio, della casa dove abitava un dottorando proveniente dagli USA che sta facendo il suo PhD in Scienze della Terra a Camerino: all’esterno sembra che l’edificio abbia retto bene; in realtà buona parte dei muri e dei solai all’interno sono semidistrutti e il palazzo inagibile (per gli abitanti è stato solo possibile, dietro importanti precauzioni di sicurezza, rientrare per riprendere le proprie cose).


A Norcia invece se si eccettua la cattedrale e qualche pezzo delle mura, la risposta delle costruzioni è stata migliore rispetto ad altri luoghiÈ vero che il più forte evento della sequenza appenninica non ha fatto vittime anche perché molte persone stavano fuori casa dopo le forti scosse del 26 (e, ovviamente, come a Camerino perché, provvidenzialmente, quella più forte del 26 è stata la seconda), ma a questa disposizione temporale degli eventi si somma un’edilizia sostanzialmente decente dal punto di vista antisismico in quanto negli abitanti di Norcia la percezione del rischio sismico c’era eccome: la memoria locale che ricordava gli eventi del XVIII secolo (in particolare 1703 e 1730) è stata rinforzata negli ultimi 40 anni, dalla sequenza della Valnerina del 1984 e di quella di Colfiorito del 1997, i cui ultimi eventi principali hanno avuto come epicentro Sellano e della cui ricostruzione si vedono gli effetti anche lungo la strada che da Folignio a Norcia e da una attività sismica di baso grado ma abbastanza continua.

Insomma, le cose nella cittadina famosa per i suoi salumi (non per nulla si usa il termine norcineria!) si sono svolte in maniera soddisfacente, soprattutto senza vittime. Un problema grave che segnalo è quello della scuola inavvertitamente costruita su una faglia attiva, faglia comunque che stavolta non si è mossa perché appartiene al sistema occidentale, quello che a differenza degli eventi del XVIII secolo non si è attivato nella sequenza del 2006.

Discorso diverso per i tre comuni più vicini all'epicentro del 24 agosto (Amatrice, Accumuli e Arquata del Tronto), dove questa percezione non c’era (come non c’era a Onna nel 2009). D’altro canto se Amatrice è stato inserito fra i comuni in zona sismica già nel 1915 e Accumuli nel 1927, bisognerà aspettare il 1984 per vedere inserita nella lista Arquata del Tronto!
Ma per Amatrice, come per Accumuli, questo precoce inserimento è servito a poco: nella cittadina del noto condimento l'evento del 24 agosto ha avuto un’intensità del X grado della scala MCS (la mia impressione è che ci sia stata una amplificazione locale delle onde sismiche ma non posso affermarlo con certezza).
La sua edilizia presentava una elevata vulnerabilità sismica: realizzata di suo con materiali poveri (murature in pietra non squadrata, assenza di malte, solai in legno fortemente degradato) e spesso gli immobili hanno subìto modifiche, interventi di manutenzione o presunti adeguamento che ne hanno diminuito la resistenza [1]. Ricordo in particolare la sostituzione dei tetti originari con coperture in cemento, che, cosa incredibile, era persino benedetta dalla normativa vigente qualche decennio fa..
La differenza fondamentale con i territori più a nord è che in questi tre comuni gli effetti dei terremoti del XVIII secolo e del XX secolo sono stati risentiti in misura minore, e la stessa cosa vale per quelli del settore abruzzese: insomma, dopo essere stati colpiti dall’evento del 1639, Amatrice e dintorni sono rimasti un po' ai margini delle zone interessate dai maggiori terremoti appenninici per cui è stato un problema “culturale”: non c’era la consapevolezza del rischio, perché il ricordo del 1639 è stato cancellato da quello degli eventi successivi un pò più distanti.


I PRINCIPALI PROBLEMI IN CAMPO. Attualmente i problemi fondamentali sul tappeto sono 5:

1. la rimozione delle macerie
2. la continuità delle attività economiche
3. le infrastrutture, in particolare la viabilità
4. le modalità della ricostruzione
5. la microzonazione sismica (sulla quale mi soffermerò nel post successivo)

I pezzi delle colonne crollate della chiesa di San Filippo
a Camerino raccolti nella piazza antistante
LA QUESTIONE DELLE MACERIE. Su questo argomento la burocrazia ha dato il meglio di sé: la questione fondamentale infatti (ovviamente per i burocrati) era la loro classificazione. Alla fine ha prevalso, per fortuna, il buon senso, cosa che in Italia non è scontata: a parte una distinzione in 4 aziende di riferimento diverse, una per regione, le macerie sono considerate “sottoprodotti (ma non ditelo alla Cassazione … ) e vengono conferite ad impianti in cui sono differenziate (ogni zona ha un preciso impianto di riferimento) e non occorre fare delle analisi dei materiali trasportati. Che io sappia solo due categorie di macerie sono escluse da questo iter e cioè:

  • i materiali contenenti amianto, che vanno separati all’origine e devono essere preventivamente rimossi secondo le modalità previste dal DM 6 settembre 1994
  • all’opposto “non costituiscono in ogni caso rifiuto i resti dei beni di interesse architettonico, artistico e storico, dei beni ed effetti di valore anche simbolico, i coppi, i mattoni, le ceramiche, le pietre con valenza di cultura locale, il legno lavorato, i metalli lavorati. Tali materiali, ove possibile, sono selezionati e separati all’origine, secondo le disposizioni delle strutture del Ministero dei beni e delle attività culturali territorialmente competenti, che ne individuano anche il luogo di destinazione” [2]. 

Questi per esempio che ho fotografato nella zona rossa di Camerino sono pezzi delle colonne crollate della chiesa di San Filippo (del 1733), provvisoriamente stoccati nella piazza antistante.
Sulla questione delle macerie c’è da fare una distinzione fra immobili crollati direttamente dalle scosse e immobili abbattuti per la loro pericolosità. Nel secondo caso ci sono stati una serie di ricorsi da parte dei proprietari, che quindi adesso sono avvisati prima della demolizione.

IL RECUPERO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE. Ho accennato alla pasta all’amatriciana, alle norcinerie e oltre alle lenticchie di Castelluccio potrei citare tante altre ghiottonerie tipiche dell’area: insieme al turismo (fra borghi storici, escursionismo e turismo religioso) erano e devono restare i fondamenti  dell’economia locale: far rinascere il tessuto economico è una priorità fondamentale per evitare lo spopolamento e l’impoverimento della zona. Le potenzialità del territorio sono tante e bisogna approfittarne prima possibile.


LE INFRASTRUTTURE. A quasi un anno dall’inizio della sequenza sismica molte infrastrutture, dagli acquedotti in poi, risultano distrutte o comunque inutilizzabili. C’è una classe di infrastrutture che è più necessario di altre: le strade. Ancora oggi molte di queste risultano chiuse; altre invece, riaperte, presentano diversi restringimenti che provocano sensi unici alternati oltre a limitazioni della sagoma dei veicoli.

Le cause delle interruzioni sono svariate: dalla galleria San Benedetto della SS 685 danneggiata in quanto attraversata dalla faglia principale, a ponti pericolanti, frane ma, soprattutto, al rischio di caduta massi. Ho parlato ad esempio con chi ha bonificato la strada provinciale 477 che da Norcia porta a Castelluccio: mi ha raccontato le problematiche enormi di un lavoro che, forzatamente, è stato lento e pericoloso, con il rischio continuo di crolli specialmente in concomitanza di repliche un po' forti: anche le vibrazioni prodotte da una scossa di M 3.5 in queste condizioni possono provocare nuove cadute nelle pareti non bonificate o in corso di bonifica. Già il 24 agosto stesso me la presi con chi diceva che i soccorsi erano in ritardo, persone che evidentemente non conoscevano la situazione. Invito chiunque non ci sia mai stato (specialmente questa ultima categoria di criticoni da tastiera) a recarsi in zona e rendersi conto di cosa possano essere state le strade dopo il sisma.

La ricostruzione in corso all'Aquila

LE MODALITA' DELLA RICOSTRUZIONE. Nel passato un centro urbano distrutto da un terremoto, quando non abbandonato definitivamente è sempre stato ricostruito con lo stile del tempo in cui si colloca l’evento distruttivo. Un esempio “classico” è il barocco siciliano dei primi del ‘700 nella Sicilia sud – orientale: la costruzione praticamente in contemporanea di tutte queste chiese è una conseguenza del terribile terremoto del 1693, il più forte terremoto avvenuto in Italia in epoca storica, che aveva distrutto tutto quello che ha trovato. Di fatto oltre dalle sparute e spesso difficilmente interpretabili cronache, una traccia importante nelle ricerche sui terremoti del passato è la costruzione improvvisa di diverse strutture (e quindi, meglio, la loro RI-costruzione).

Insomma, dopo un evento del genere nel passato il volto degli agglomerati urbani cambiava totalmente. 
Oggi le cose stanno in modo un po' diverso: da qualche decennio è arrivata la volontà di conservare il passato. Inoltre dalla metà del XX secolo si è affermata una nuova attività: il turismo di massa, che nelle zone dell’Appennino centrale è richiamato sia dalle bellezze naturali che dall’aspetto dei borghi. Quale sarebbe la reazione del turismo a vedere borghi che hanno perso il loro antico fascino?
Il problema che oggi si pone per la zona di Italia Centrale duramente colpita dagli eventi sismici del 2016 è quindi come ricostruirli, se con lo stile che del passato o con quello dei nostri giorni.
A Camerino dopo i terremoti del 1997 il problema è stato risolto tenendo conto di una base fondamentale: il borgo che oltre ad ospitare una nota università doveva restare com’era. L’università stessa si è espansa con nuove costruzioni, dimostratesi sicure, fuori della zona storica per non intaccarla. Abitanti ed autorità hanno provveduto ad una serie di operazioni sull’edificato esistente. Qualcuno può osservare che anche se non è morto nessuno i risultato non siano stati ottimali, visto lo stato della "zona rossa": ma una soluzione del tipo "si fanno case nello stile tipico dell'area che i caso di forte sisma diventeranno inagibili ma tuttavia non crollano seppellendo gli abitanti, ma anzi gli consentono di scamparla" mi risulta essere fra quelle prese in esame.

QUALI SONO LE REALI PRIORITÀ? LE MACERIE ATTUALMENTE NON LO SONO. Dopo aver elencato i problemi cerchiamo di capire una scala di priorità. E qui nasce una considerazione sorprendente: il problema delle macerie è al momento meno impellente di tanti altri, anche se dal punto di vista mediatico è quello più visibile e di cui si parla maggiormente. Perché è meno impellente di altri? Per due motivi fondamentali:

  • prima di iniziare la ricostruzione deve essere completata la zonazione sismica di terzo livello
  • prima delle abitazioni bisogna pensare imperativamente alle attività economiche: una famiglia terremotata può stare anche un anno in più in una cosa in legno o in un prefabbricato, ma non può stare senza lavoro, perché senza reddito non può andare avanti


L’importante è che la sistemazione provvisoria sia decorosa. Per decorosa non intendo solo un ambiente sufficientemente confortevole e che consenta di vivere in spazi adeguati con la giusta temperatura in estate ed in inverno, ma deve anche essere “in zona”, perché deve essere vicina al luogo di lavoro o di studio… non esiste che sia a una distanza irragionevole, anche perché questi allontanamenti possono essere drammatici pure sul piano sociale. Il concetto “come, gli extracomunitari in albergo e i terremotati sotto le tende??” non regge perché ad un migrante che arriva in Italia interessa poco dove viene collocato, mentre un terremotato ha una montagna di motivi per restare il più possibile vicino a casa sua.



Quindi la priorità in questo momento non sono le case, tanto meno le macerie, ma la conditio sine qua non consiste nella microzonazione sismica, nella ricostruzione delle infrastrutture e nella ricostruzione del tessuto economico.

Insomma, prima il tessuto economico e poi il resto: una volta sistemate queste emergenze si potrà parlare di rimozione delle macerie e ricostruzione dei centri abitati.
Occorre evitare che ci sia un esodo degli abitanti come è successo all’Aquila. Ma questa è un’altra storia


[1] Tertulliani et al (2016) il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016: effetti nell’area epicentrale e valutazione dell’intensità macrosismica attraverso la scala ems GNGTS 2016 sessione Amatrice



[2] Regione Marche - Servizio Protezione Civile - Soggetto Attuatore Sisma 2016. Disciplinare Tecnico Della Concessione Di Servizio (Allegato A alla Concessione)


1 commento:

Deuterio ha detto...

Ad un certo punto dell'articolo si parla di una impressione che ci sia stata una amplificazione locale delle onde sismiche. ci sono elementi a favore di questa tesi o contrariamente cosa non rende certa questa ipotesi? sono molto interessato a capire come le onde sismiche possono ampliarsi, quali elementi bisogna andare a cercare. spero si possa dedicare qualche riga all'argomento. grazie e complimenti davvero per il continuo e preciso lavoro.