martedì 13 settembre 2016

La storia sismica dell'Appennino centrale e settentrionale: impossibile esprimere certezze sul futuro


Su alcuni giornali e siti sono venute fuori delle dichiarazioni quasi “allarmanti” sul verificarsi nel prossimo futuro di terremoti importanti. Vediamo di precisare le cose. Premetto ancora una volta che chi dichiara di poter prevedere i terremoti (in maniera divinatoria o pseudo scientifica) ha la stessa autorevolezza del mitico mago do Nascimiento (tantopiù quelli che parlano “a posteriori”, come l’apprendista stregone…). Riassumo quindi alcuni aspetti della sismicità in Italia, facendo veder come non è possibile, dal semplice studio della storia sismica, dedurre cosa succederà in futuro, tantomeno quando e dove. Quindi per capire quali aree sono a rischio più di altre occorrono altre ricerche in altri campi. Resta il fatto che prepararsi "al peggio" sarebbe meglio, specialmente nelle zone in cui sono possibili eventi particolarmente forti.

LA STORIA DELLA SISMICITÀ DELL'APPENNINO: NESSUNA CERTEZZA SUL FUTURO. Già il 6 aprile 2009 stesso scrissi un post dal titolo "Il terremoto dell'Aquila tra annunci sballati e il rischio di una nuova crisi sismica", evidenziando come quell’evento avrebbe potuto rappresentare l’inizio di una nuova crisi sismica in tutto l’Appennino. I fatti mi hanno, purtroppo, dato ragione, con il cluster spazio – temporale Emilia – alta Toscana, dove oltre ai terremoti del 2012 e 2013 una sismicità a livello anomalo ha interessato l’Appennino tosco – emiliano.
In particolare, tra il gennaio 1990 e il marzo 2009 nell’area evidenziata nel riquadro si sono registrati 3 eventi con M 5 o più in 16 anni (fondamentalmente quelli della sequenza di Colfiorito del 1997, che contrariamente a quello che molti paventavano, è rimasta abbastanza isolata nel tempo e nello spazio); dal 2009 al 2013 sono stati invece ben 13.



Ora, prendiamo il caso attuale, in particolare l’articolo dell’amico Mario Sensini sul Corriere della Sera. A Napoli in questi giorni si è svolto il congresso della Società Geologica Italiana, che è stato integrato con una sessione straordinaria sul recente terremoto. Cominciamo dal titolo dell'articolo, che ovviamente non è colpa sua ma della redazione del giornale:  “Ora la frattura si sposta a Nord”. Paola Montone dell’INGV ha detto, banalmente, che “l’evoluzione spazio – temporale della sismicità suggerisce la possibilità della migrazione dell’attività in settori adiacenti della faglia
La Montone ha usato il termine “suggerisce”. Quindi c’è la possibilità che succeda e in genere un evento come quello del 24 agosto può causare repliche abbastanza forti nell’arco di pochi mesi. Chiaramente non è una “previsione”. È quindi un fatto accertato che in questo momento ci sia il rischio di qualche evento un po' più forte rispetto  alla sismicità di fondo dell’area: specialmente nelle zone dell’Umbria nella storia ALCUNE sequenze si sono comportate così, ma non tutte, e quindi non è detto che questo evento si verifichi, nè dove, nè quando.

Sta di fatto che, prendendo il “catalogo parametrico dei terremoti italiani” dell’INGV [1], ci sono stati dei momenti in cui il settore a cavallo fra Lazio, Umbria e Marche è stato colpito da una serie di eventi con M superiore a 5.5 ravvicinati nel tempo: limitandosi al periodo tra il XIII e il XVIII secolo. è successo per esempio tra il 1269 e il 1279 e negli anni 1348 – 49. Nella prima metà del XVIII secolo si sono verificate scosse intense circa ogni 10 anni (1719, 1730, 1741, 1747 e 1751), poi dopo qualche decennio di calma abbiamo terremoti nel 1781, 1785, 1791 e 1799. Comunque, ci sono anche degli eventi “isolati”, come nel 1298, 1328, 1599, e in tutto il XVII secolo se ne contano “appena” 3. Per cui l'equazione "se abbiamo un evento forte, allora ne verranno altri" è stata varie volte contraddetta.
Da questi dati emerge l'impossibilità di determinare se nell'area si attiverà a breve o no un nuova sequenza importante!

E PER QUANTO RIGUARDA L'APPENNINO SETTENTRIONALE? La domanda da porsi è se il terremoto di Amatrice potrebbe rappresentare l’innesco di una nuova crisi nell’Appennino settentrionale come è successo dopo il 2009, ma anche dopo il terremoto di Avezzano del 1915.
La crisi simsica fra il 1915 e il 1920
 in Appennino Settentrionale, da [2]
Vediamo cosa successe negli anni '10 del XX secolo: 
- 16 agosto 1916: M 6.1 localizzato fra Rimini e Pesaro
- 26 aprile 1917: M 5.9 in Val Tiberina
- 29 giugno 1919: M 6.2 in Mugello
- 7 settembre 1920: M. 6.5 tra Garfagnana e Lunigiana (più o meno anche questo ha avuto l'epicentro vicino a Fivizzano come nel 2013)
Si nota  agevolmente, osservando questa carta tratta da [2], uno spostamento dell’attività in direzione est – ovest, con un inizio nella pianura a nord dell’Appennino e un proseguimento all’interno della catena. Lo 

La crisi iniziata con il terremoto aquilano del 2009, ha delle forti somiglianze geografiche con quella del 1832 – 1837, che colpì l’Abruzzo, il parmense e la fascia toscana di NE (anche se il primo sisma del parmense ha preceduto quello abruzzese).
gli spostamenti delle stazioni GPS in Italia,
da [3]: si vedono i movimenti diversi
fra i due settori dell'appennino centrale
Nell'articolo citato di Mantovani et al 2015 c'è una interessante spiegazione della crisi appenninica seguita all'evento di Avezzano: con la fase compressiva che ha formato l’appennino Centrale e Settentrionale si sono formati una serie di cunei semi – indipendenti. Ma questi cunei si stanno disaccoppiando dalla parte verso il Tirreno della penisola a causa appunto delle diverse direzioni di moto fra il settore tirrenico e quello adriatico della catena. Lo vediamo in questa immagine, tratta da [3]: il risultato sono le grandi faglie normali (con qualche componente trascorrente), come quella che si è mossa il 24 agosto. Ho parlato di questa nuova ricerca qui. Da notare che il complesso (almeno per me…) ricalcolo dei dati dei movimenti delle stazioni GPS italiane ha evidenziato che il settore adriatico si muove verso NE anziché NNE e il movimento della faglia del monte Vettore, di estensione quasi pura, è più coerente con questo nuovo quadro: con i movimenti calcolati precedentemente sarebbe stata necessaria una maggiore componente trascorrente.

Vediamo quindi il meccanismo della crisi tra il 1915 e 1920 proposto da questi Autori, che attribuiscono la sismicità dell’Appennino dopo il 1915 all’attività del sistema Norcia – Colfiorito – Gualdo Tadino – Gubbio. Il sistema è chiaramente visibile, ma continuerebbe, sepolto, sotto la Valtiberina e la Romagna. Lo vediamo in questa immagine.

Il processo sarebbe il seguente:
Un terremoto importante nell’Appennino meridionale attiva uno dei sistemi di disaccoppiamento (Irpinia, Matese, Benevento) e il cuneo del Matese si sposta
questo spostamento aumenta lo sforzo sul cuneo laziale – abruzzese, provocando dei terremoti nella zona appenninica centrale
a sua volta lo sforzo si trasferisce nel cuneo Romagna – Marche – Umbria e così via fino alle Apuane

I cunei appenninici secondo [2] e il sistema di faglie
che delimita le due zone a velocità diversa
Resta comunque il fatto che anche qui non abbiamo una “regola” precisa: è vero che ci sono delle crisi in Appennino settentrionale che seguono a terremoti in quello centrale; corrispondenze positive le abbiamo, per esempio nella seconda metà del XIII secolo, a metà del XIV e nella prima metà del XVIII secolo); ma altre volte non succede: eventi importanti in Appennino settentrionale avvengono prima o in assenza di eventi in quello centrale. ad esempio i terremoti toscani intorno al 1540 o a metà del XVI secolo non sono stati preceduti da eventi in Appennino centrale. 
Quindi, anche in questo caso, la storia sismica non suggerisce niente di sicuro.

GLI ULTIMI 150 ANNI DI TERREMOTI IN ITALIA. Veniamo ad oggi e alla storia recente dei sismi in Italia, sempre usando i dati del catalogo parametrico dei terremoti italiani dell’INGV. 
I 50 anni fra il 1870 e il 1920 sono stati particolarmente intensi: 32 eventi con M uguale o superiore a 5.5 (uno ogni anno e mezzo circa). La crisi si concluse con gli eventi dell’alta Toscana della seconda metà degli anni ‘10.
Dopodiché, tra il 1920 e il 1961ci sono state diverse decine di anni piuttosto tranquilli: in 41 anni dal 1921 al 1961 10 eventi hanno interessato l'italia, uno ogni 4 anni.
Fra il 1962 e il 1984 abbiamo avuto un particolare addensamento (10 eventi in 22 anni, uno ogni 2 anni)
Tra il 1985 e il 2009 in circa 25 anni abbiamo avuto - come eventi importanti - solo la sequenza di Colfiorito.
Per quanto riguarda gli ultimi anni siamo a 9 eventi in 20 anni e, in particolare 3 zone importanti sono state investite negli ultimi 7, con altre scosse di un certo livello in Toscana. 

E dal 1915 si rileva una pressoché totale assenza di eventi importanti al sud se si eccettuano i 3 episodi che hanno riguardato l'Irpinia.
Per quanto riguarda quindi i vari complottisti dei terremoti artificiali, un avvertimento: per buona parte del XX secolo l’attività sismica in Italia è stata quindi molto bassa, e se riprenderà come nel periodo a cavallo tra XIX e XX secolo non sarà per le fantomatiche operazioni NATO o trivellazioni di ogni ordine e grado, ma saranno circostanze assolutamente naturali.

[1] INGV: catalogo parametrico dei terremoti italiani. sito: http://emidius.mi.ingv.it/CPTI/
[2]  Mantovani et al (2015) Seismotectonics and present seismic hazard in the Tuscany – Romagna –Marche – Umbria Apennines (Italy) Journal of Geodynamics 89, 1–14
[3] Farolfi & Delventisette (2016) Contemporary crustal velocity field in Alpine Mediterranean area of Italy from new geodetic data GPS Solutions DOI 10.1007/s10291-015-0481-1

6 commenti:

Eugenio Ermes ha detto...

Scusi, però quando si riferisce ai terremoti del '500 e del '600 dà per scontato che si conoscano tutti gli eventi importanti del periodo. Non potrebbero invece esserci degli eventi di cui si è persa la memoria? Quindi non possiamo essere sicuri che anche in passato non ci sia stata sempre questa regolarità, dei terremoti che si spostano dall'Appennino centrale a quello settentrionale.

Aldo Piombino ha detto...

grazie del commento.
no, non penso che manchino eventi importanti nel catalogo da dopo il XIII secolo perché dopo tanti decenni in cui l'Umbria non era stata colpita abbiamo avuto la dimostrazione già nel 1997 dei danni al patrimonio artistico e agli abitati in generale.
Insomma, un evento importante non può passare sotto silenzio non solo nella documentazione storica, ma anche in quella architettonica.
Dopodichè una puntualizzazione: ho detto che IN ALCUNI casi c'è stata questa regolarità e qualcuno ha addirittura provato a cipotizzare una relazione (non è che se un fatto arriva dopo un altro la correlazione sia certa... va trovata!)

Andrea Bellucci ha detto...

Buongiorno dr. Piombino.

Nella zona compresa fra Città di Castello e Colfiorito, negli ultimi 100 anni vi sono stati solo 2 eventi rilevanti, ovvero il sisma di Gubbio (5.6 Mw il 29 aprile 1984, "incastrato" fra il sisma di Livorno , 5.2 avvenuto una settimana prima, e Civitella Alfedena, 5.8 M avvenuto una settimana dopo), e quello di Cerqueto / Gualdo T., 5.1 M con ipocentro a 48 km, del 26 marzo 1998. Cosa si sa di preciso di quell' area, e quali potenzialità ha? Grazie.

Aldo Piombino ha detto...

per le potenzialità, la classificazione della Regione Umbria del 2016 mi pare abbastanza valida e si trova qui: http://www.regione.umbria.it/paesaggio-urbanistica/classificazione-sismica1

Anche Gubbio è stata interessata dalla crisi del 1700, ma purtroppo non se e cosa sia successo prima...
Certamente questa concomitanza merita attenzione, ma al momento TUTTE le zone sismiche italiane meritano considerazione in quanto nons iamo ancora in grado di sapere dove potrà esserci un nuovo evento...


Andrea Bellucci ha detto...

Grazie. Personalmente ho sempre gli occhi su una particolare struttura che si vede sul fianco sud del gruppo montuoso compreso fra M. Petrano (a nordest di Cagli) e monte Nerone: una specie di canyon che parte quasi dalla vetta e discende vertiginosamente fin quasi a valle. Si vede bene anche da Google earth. Se solo potessi mandarle foto e screenshots, così, giusto per info. Grazie ancora.

Aldo Piombino ha detto...

vista anche con altri metodi.
è decisamente una faglia che fa parte del sistema di apertura della fossa...