mercoledì 24 agosto 2016

Il terremoto dell'Italia centrale di stanotte: prime considerazioni


Dobbiamo purtroppo registrare un nuovo, forte terremoto che ha colpito l'italia Centrale, arrecando gravissimi danni e anche provocando alcuni morti. Il quadro, a poche ore dall'evento, è parecchio tragico e non ci sono dubbi: siamo davanti ad una catastrofe. Scrivo queste note preliminari per inquadrare l’evento. Nei prossimi giorni ovviamente mi occuperò di nuovo di questa vicenda, quando la situazione sarà più definita, in particolare per una valutazione dei danni, nella loro gravità ma anche nella loro posizione, in quanto ho la sensazione che ci siano stati dei problemi di amplificazione locale delle onde sismiche. Ma, appunto, con un quadro ancora preliminare, è diffIcile fare qualsiasi valutazione a caldo, se non di carattere generale.

Negli ultimi decenni l’Appennino centrale è stato colpito da diverse sequenze sismiche. Ricordo quelle maggiori e cioè i terremoti della Valnerina del 1979, di Colfiorito nel 1997 e dell’Aquila nel 2009. Per una rassegna sui forti terremoti che hanno colpito il settore a cavallo fra Lazio, Umbria e Marche, questo è un ottimo sito.
Il terremoto di stanotte non giunge quindi “inaspettato”, nel senso che si tratta di un’area nota per aver ospitato negli ultimi secoli diversi eventi piuttosto forti. E come negli altri casi si tratta di un evento scatenato da una faglia normale in direzione appenninica. 

L'APPENNINO CENTRALE. La struttura dell’Appennino Centrale si può riassumere a grandi linee così: la catena ha iniziato a formarsi nel Terziario superiore, durante una fase di intense compressioni dovute alla collisione fra la placca europea e la placca adriatica. La conseguenza è stata un raccorciamento di tutta l’area tra Miocene superiore e Pliocene inferiore, quindi grossolanamente fra 10 e 5 milioni di anni fa.
Il raccorciamento è stato assorbito da una serie di sovrascorrimenti, dei quali uno caratterizza proprio l’area del terremoto di stanotte, il “thrust di Olevano-Antrodoco-Sibillini” [1] e ha coinvolto le grandi sequenze calcaree mesozoiche e terziarie abruzzesi e laziali, che si sono formate lungo il margine continentale della zolla adriatica. Più a est affiorano le sequenze sedimentarie che si sono deposte poco prima e durante la compressione e cioè le grandi serie arenacee come il Flysch piceno del Miocene
Ho personalmente visto il sovrascorrimento delle sequenze carbonatiche sopra il Flysch Piceno proprio qualche decina di km più a NE dell’area colpita dal sisma, nel versante adriatico dei monti sibillini. Per un geologo appassionato della materia è una cosa semplicemente spettacolare: sono poche le aree in Italia in cui si può vedere fisicamente un sovrascorrimento perché in generale la copertura detritica e vegetale non consentono di vedere bene le rocce e le loro deformazioni.

Dopo la fase di compressione è iniziata una fase di senso inverso che continua ancora: nell’area si è venuto a creare un regime distensivo (non stiamo a discuterne il perché, ci porterebbe troppo lontano). Di conseguenza si sono formate una serie di faglie normali, tipicamente lunghe tra 10 e 20 km, allineate lungo la catena, che hanno formato i pendi, spesso molto ripidi, che delimitano una serie di bacini intermontani [2] fra i quali ricordo l’alveo del Fucino e l’altopiano di Castelluccio. 
In questa immagine, tratta da [3], vediamo la classica faglia normale sismogenetica dell'Appennino centrale, posta in direzione parallela all'andamento della catena:

E questa è la morfologia superficiale che la evidenzia: un pendio ripido che delimita il lato di un bacino (in questo caso, da [4] la faglia di Campo Felice - Cerasetto in Abruzzo)


La sismicità attuale è dovuta a questo regime distensivo. Come si vede in questa carta dell’INGV, anche la sequenza sismica odierna è allineata lungo la catena appenninica e il tensore dello sforzo dimostra che l’evento è dovuto al movimento lungo una faglia normale.
Nella carta appena prodotta da INGV si vede proporio come gli epicentri si pongano su una fascia allungata in direzione parallela alla catena.



UNA PRIMA VALUTAZIONE SUI DANNI. Guardando i danni siamo davanti ad un evento “catastrofico”, nonostante che la magnitudo non sia particolarmente elevata (diciamo che, ad esempio, il terremoto dell’irpinia ha sprigionato un’energia almeno 30 volte maggiore).
Ma allora perché così tanti danni?

Per prima cosa osservo che, come al solito, i danni (e i morti) non li fa il terremoto, ma li fanno gli edifici che crollano. Dalle prime notizie il danneggiamento catastrofico degli edifici non è rimasto confinato a singole unità, come invece è successo all’Aquila per la casa dello studente e altri palazzi, in cui sono evidenti l’imperizia (o l’irresponsabilità) di chi ha costruito, oppure come la scuola di San Giuliano di Puglia, in cui abbiamo avuto un esempio particolarmente evidente di amplificazione locale delle onde sismiche.

Qui invece si tratta di paesi interi rasi al suolo. 
Quindi “a caldo” è evidente che il problemi sono più generali e questo dimostra la necessità di una attenta revisione del patrimonio edilizio nazionale a partire da quello più esposto al rischio.

Comunque, se in un abitato la distruzione è a macchia di leopardo, con zone di edifici collassati che si alternano a zone ad edifici rimasti sostanzialmente integri e se gli edifici in questione appartengono a diverse tipologie ed epoche costruttive, è molto probabile la presenza di fenomeni di amplificazione locale delle onde sismiche.
Quindi nella ricostruzione dovrà essere posta una particolare enfasi nella microzonazione sismica, con accurati studi sulla risposta sismica locale.

Un altro fattore che ha contribuito in modo particolare alla distruttività dell’evento è sicuramente la bassa profondità ipocentrale, che i primi dati pongono a meno di 5 km
Un dato molto significativo e di cui andrà tenuto conto, non solo in questo specifico area, ma anche nelle aree limitrofe.

[1] Turtù et al (2013) Understanding progressive arc and strike-slip-related rotations in curve-shaped orogenic belts: The case of the Olevano - Antrodoco - Sibillini thrust (Northern Apennines, Italy). J.Geophys. Res. Solid Earth 118, 459–473,
[2] Galadini e Galli (1999) The Holocene paleoearthquakes on the 1915 Avezzano earthquake faults (central Italy): implications for active tectonics in the central Apennines. Tectonophysics 308, 143–170
[3] Tondi (2000) Geological analysis and seismic hazard in the Central Apennines (Italy). Journal of Geodynamics 29, 517-533
[4] Galadini e Galli (2000) Active Tectonics in the Central Apennines (Italy) – Input Data for Seismic Hazard. Assessment Natural Hazards 22, 225–270

7 commenti:

giovanniemme ha detto...

Ma secondo lei è verosimile la mappa di quelli che dichiarano di averlo sentito anche a grandi distanze?
Che tara di esibizionismo da tastiera pensa si possa fare?

http://mappe.haisentitoilterremoto.it/7073641/mcs.jpg


Peraltro sull'analoga pagina di EMSC c'è gente che dice di averlo percepito in Grecia ad 800 km.
Oppure quello che dice di essersi svegliato nel sonno a Trento (400 km)
Io fui svegliato da quello di Modena (ma abito a 65 km dall'epicentro)

adibi ha detto...

Per quel che può servire io mi sono svegliato a Vasto che, in linea d'aria, dista circa 140/15o km.

Aldo Piombino ha detto...

grazie per i commenti
A Firenze per esempio il terremoto del Friuli lo sentirono in molti, specialmente ai piani alti e anche quello di Assisi.
Quello del Friuli l'ho avvertito anche io a Firenze al piano terreno (ma in quel momento ero in cima ad una scala per mettere dei manifesti sulla parete della mia camera di sedicenne
Quindi su Trento potrebbe essere possibile... magari ad un piano alto in una zona caratterizzata da una amplificazione delle onde sismiche.
Per quanto rigurda le Grecia... mah... ho qualche dubbio, però terremoti anche più deboli di questo (diciamo di M5) in Grecia sono avvertiti fino alla Sicilia.
PS: io stavolta a Firenze non ho sentito nulla, anche se il secondo terremoto dell'Emilia e quello della Lunigiana li avvertii benissimo

Francesco Bianchi ha detto...

Buongiorno.
Su Facebook cominciano a girare anche post come quello che segnalo di seguito:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=656443677839589&set=a.399785460172080.1073741827.100004218873693&type=3&theater

Ovviamente è una paura infondata per chi - come il sottoscritto - ha un minimo di competenza (io ho una laurea in Scienze Naturali) e anche se non sono mai stato un sostenitore delle trivellazioni petrolifere non mi sognerei mai di accusarle di causare terremoti come quello che ha distrutto Amatrice. Io ho provato a rispondere in modo razionale (e credo che tu potrai leggere i miei scritti) ma mi farebbe piacere avere ulteriori informazioni e spunti per poter rispondere in modo ancora più esaustivo a questo tipo di paure.

Grazie mille!

Aldo Piombino ha detto...

grazie della segnalazione.
Giudizio su quanto riportato "poveri noi"...
speravo che queste cazzate non venissero fuori..
Purtroppo da ora a domenica sarò piuttosto impegnato e non so se riuscirò a scrivere altro. Ma un post su certe bufale ci vorrebbe...

Anonimo ha detto...

La faglia Olevano/Antrodoco sembra ormai di una accertata pericolosità. I paesi di partenza da sud, quindi Olevano (con il suo costone calcareo) e Bellegra quanto sono soggetti a pericoli di terremoti diretti? Intendo come epicentro.
Le abitazioni del vastissimo dentro storico di Olevano sono di epoca medievale ma composte di pietra calcarea con malta di pozzolana, sono tutti collegate tra loro, cosa succederebbe?
Grazie per l'attenzione.

Aldo Piombino ha detto...

ringrazio per l'attenzione e per la domanda.
Francamente lì per lì non so rispondere non conoscendo esattamente la storia della zona.
provo a ricercare qualcosa.
Comunque per sapere il rischio basta capire in che zona si trova un certo comune
saluti