lunedì 21 settembre 2015

L'Italia frana ma gli italiani che studiano le frane sono ai vertici mondiali



L'ultima classifica delle università rilasciata da QS TOP UNIVERSITIES – Worldwide university rankings, guides & events non ci lascia scampo. Su 3539 università considerate, delle quali ne sono state classificate solo 891, nessuna italiana è tra le prime 100 al mondo, e una sola nelle prime 200, il Politecnico di Milano, che occupa il posto n. 187 (sia pure “in risalita”). Davvero molto poco e si potrebbe quindi parlare di una crisi dei nostri atenei, tra tagli alle (già scarse) risorse, eccessiva burocratizzazione, personalismi e favoritismi, poche prospettive occupazionali a reddito decente etc etc. 

Ho già segnalato come anche la lingua italiana dimostri la presenza attiva delle frane nel territorio: con il gruppo di Geologia Applicata dell'Università di Firenze abbiamo censito i termini che in italiano vogliono dire frana: ce ne sono almeno 26!! 
E se in italiano il concetto di frana possa essere esteso in modo figurato ad altri campi (per esempio dire che una persona “è una frana” in qualche cosa), in inglese il termine landslide ci fa capire che qualsiasi cosa possa slittare e che quindi vada specificato che è la terra che slitta.... 
Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che l'Italia stia franando, non solo dal punto di vista geologico, anche da quello figurato, fra inefficienze burocratiche, malcostume dilagante, una classe dirigente costosa e dedita a tutt'altro che al “bene comune” (della quale la classe politica, che ne costituisce solo una parte, fa da specchio fedele). 
I dati di QS TOP University dimostrano che l'università italiana non fa eccezione al quadro generale. 

L'ECCELLENTE POSTO NEL MONDO DEI RICERCATORI ITALIANI SULLE FRANE

Eppure c'è un campo in cui eccelliamo: la ricerca sulle frane (quelle vere) gode di ottima... stabilità: se sul “generico” le università e i centri di ricerca del Bel Paese (definizione ideata da un geologo, per l'appunto!) non godono di ottima salute, in questo settore, che sarebbe fondamentale dalle nostre parti, stiamo primeggiando come si vede anche da questa immagine, tratta dall'ultimo numero della rivsta Landslides (un nome, un programma..) sulla quale compare un articolo in cui gli Autori hanno eseguito una analisi bibliometrica degli articoli sulle frane pubblicati nel mondo fra il 1991 e il 2014, considerando ben 5702 istituzioni (1) 


La tabella 5 classifica gli istituti di ricerca più produttivi ed è molto lusinghiera per l'Italia, dato che occupiamo ben 5 posti nei primi 20, vincendo 3, diciamo così, medaglie di bronzo: infatti nella classifica generale assoluta e in quella delle grandi istituzioni, il CNR si colloca al terzo posto, dietro due giganti come l'Accademia delle Scienze cinese e il Servizio Geologico degli Stati Uniti (che invidia quando navigo nel sito dell'USGS....). 
Ma la cosa sensazionale è che vinciamo anche la terza medaglia di bronzo disponibile su 3: quella delle università, proprio con l'Università di Firenze, che fra gli istituti accademici si colloca dietro soltanto all'Università di Kyoto e quella Nazionale di Taiwan, cosa che oltretutto la pone al sesto posto assoluto della graduatoria. 
Dobbiamo registrare con soddisfazione anche, nella classifica assoluta, l'undicesimo posto della romana Università “La Sapienza”, il quindicesimo dell'INGV e il sedicesimo dell'Università di Bologna. 

Sono ovviamente particolarmente orgoglioso (me lo permetterete un po' di campanilismo, vero?) di questo piazzamento di Firenze. Conosco uno per uno i ragazzi del gruppo di Geologia Applicata del Dipartimento di Scienze della Terra, una buona parte precari (li vedo molto spesso visto che sono un po' un “membro onorario” del gruppo); sono ricercatori molto ben preparati, fanno miracoli con i finanziamenti a disposizione, e i fatti stanno dando ragione al “capo”, il professor Casagli, esperto di caratura internazionale e sempre in prima linea (specialmente in Italia la geologia è chiamata durante le emergenze, poi passato il disastro, gabbato lo geologo (e – purtroppo – anche resettata la memoria e  quindi si persevera negli errori nella gestione del territorio). 
Questo fatto è la dimostrazione che anche nella bistrattata università italiana quando si ha volontà di fare, i risultati possono arrivare. E non a caso il gruppo di Geologia Applicata dell'Università di Firenze è da diversi anni premiato dall'UNESCO come gruppo di riferimento mondiale per lo studio delle frane. 

Anche fra i “top authors” siamo messi bene: nella classifica che conta i soli “corresponding authors” ne nei primi 20 posti ci sono 4 italiani: Fabio Guzzetti, Giovanni Crosta, Flavio Vttorio de Blasio, Salvatore Martino. 
Nel complesso degli articoli invece siamo addirittura alla medaglia d'argento: secondo posto davanti alla Cina e dietro gli USA. Inoltre si può notare come i nostri ricercatori lavorino in un regime di scambi notevoli con il resto del mondo, come dimostra questa immagine.

RIFLESSIONI SU GEOLOGIA E ITALIA


Ora permettetemi due riflessioni: 

1. ai tempi dei terremoti dell'Aquila e dell'Emilia il mondo delle Scienze della Terra aveva già dichiarato pubblicamente i pericoli di quelle zone dal punto di vista sismico e la cartografia geologica era decisamente più "pessimista" di quella legislativa, almeno in Abruzzo. È quello stesso mondo che ha già dato più volte l'allarme per il dissennato uso del territorio nella nostra nazione e per una serie di circostanze le cose stanno peggiorando ulteriormente: a questo punto tutte le volte che una perturbazione investe il Paese sono danni e anche – purtroppo – vittime. Da metà agosto abbiamo avuto almeno 4 eventi con danni ingenti (Toscana, Calabria, Sicilia e Liguria / Emilia). 

2. Eppure la Geologia e le Scienze della Terra stanno sparendo dalle Università italiane: i Dipartimenti di tali discipline stanno chiudendo progressivamente tutti a causa della legge di riforma dell’Università (n. 240/2010 cosiddetta Legge Gelmini (ne parlai quando era ancora il Disegno di Legge n.3687) che ha colpito le comunità scientifiche di piccole dimensioni. I piccoli Dipartimenti costano troppo e allora via, cancelliamo un’intera disciplina. In parlamento c'è una proposta di legge per sbloccare questa situazione e far tornare i dipartimenti di Scienze della Terra ma ancora il suo iter è lontano dalla conclusione.

Quindi non ci sono scuse: sulle frane gli italiani sono fra i primi ricercatori al mondo sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. E sapremmo pure fare prevenzione in proposito: evitare di costruire in zone a rischio come è stato fatto anche di recente, ad esempio, o evitare operazioni potenzialmente pericolose per il territorio. 
Sarebbe bello che i geologi venissero ascoltati prima che accadano gli eventi. Il problema è che i loro studi e le loro conoscenze hanno il difetto (per la classe dirigente) di limitare in qualche modo l'edificabilità dei terreni e/o il loro sfruttamento.

L'ESEMPIO CLASSICO DEL PESSIMO RAPPORTO FRA CLASSE POLITICA E ASSETTO DEL TERRITORIO: 
LA TRISTE STORIA DEI PIANI DI BACINO 

Per lemotivazioni ci cui sopra i geologi sono poco considerati e l'indecente storia dei Piani di bacino di cui ho ampiamente parlato qualche anno fa qui e che riassumo brevemente lo dimostra chiaramente:

1966: le gravissime alluvioni a Firenze e in altre parti d'Italia
1967: la legge 632/67 istituisce la “commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e per la difesa del suolo”, passata alla storia come la “commissione De Marchi” dal nome del suo presidente. Questa commissione riporterà le sue conclusioni in un immensa relazione già nel 1970. La stragrande maggioranza delle opere proposte è rimasta lettera morta

1989 (20 anni dopo): la legge 183 istituisce le Autorità di Bacino e sancisce la redazione dei “piani di bacino: tutte le attività umane, a partire dagli strumenti urbanistici, avrebbero dovuto ruotare intorno alle disposizioni di questi piani, redatti sul principio della difesa del suolo dai georischi (frane, alluvioni etc etc) con particolare riferimento alla gestione attenta delle risorse idriche e minerarie, alle opere di bonifica, regimazione delle acque e riforestazione, alla delimitazione delle aree a rischio, fino alla protezione del paesaggio e all'istituzione di riserve e parchi naturali.

1993: stante il fatto che nessun piano di bacino è stato ancora consegnato la legge 493 impone alle varie Autorità di Bacino i cosiddetti “piani di assetto idrogeologico”, una sorta di piani di bacino in piccolo

1998: un decreto del Presidente del Consiglio impone che i PAI vengano redatti entro il 30 giugno 1999, adottati entro il 30 giugno 2000 e approvati entro il 30 giugno 2001.

Al settembre 2010 (quindi dopo altri 10 anni!) su 37 previsti ce ne sono appena 20 tra adottati e approvati
Ora dovremmo essere al completo

Il tutto è decisamente stridente con l'attenzione che il nostro territorio, molto più debole della media europea per fattori geologici, climatici e antropici imporrebbe. 

Un'ultima postilla: le frane interessano ovviamente terreni che stanno "in alto" e non è ipotizzabile che nel futuro diminuiscano. Per rimanere ai primi posti ed evitare di franare anche nella classifica degli studi sulle frane occorre che Stato ed Enti Locali continuino a finanziarli....


(1) Xueling Wu I Xueye Chen I F. Benjamin Zhan I Song Hong (2015): Global research trends in landslides during 1991–2014: a bibliometric analysis. Landslides , DOI 10.1007/s10346-015-0624-z

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