martedì 10 marzo 2015

Mitigazione del rischio di piene tramite la messa in opera di argini artificiali provvisori


Sabato 28 febbraio è stata presentata a Firenze una soluzione di emergenza per innalzare temporaneamente gli argini dei fiumi in caso del rischio di una esondazione con dei cuscini di un polimero riempiti di sabbia. È un sistema inventato e brevettato in Italia e frutto di una attenta serie di studi. Ovviamente è un qualcosa di provvisorio da mettere in opera in caso di emergenza e che può proteggere solo zone specifiche: non risolve il problema alla radice e non rappresenta una soluzione definitiva, la quale può venire solo attraverso una attenta riprogrammazione del territorio, realizzata in base alle esigenze della Natura e non a quelle antropiche. Si tratta quindi di un ausilio, che però può essere prezioso per evitare un disastro. 

Il rischio – alluvioni in Italia interessa larga parte del territorio. Qualche anno fa spiegai perché le alluvioni sono così frequenti e deleterie ai nostri giorni.

Siamo abituati a vedere i fiumi nascere, ricevere gli affluenti e sboccare in mare. Questa configurazione è quasi totalmente artificiale: in natura un fiume, dopo una ripida discesa dal monte, arrivando nella pianura si impaluda, si divide in più rami, ed è libero di divagare pigramente a suo piacimento in lungo ed in largo per tutta la valle, dove zone asciutte si alternano ad acquitrini e laghi (tra gli ultimi esempi di laghi di questo tipo c'è il Trasimeno). 

Anche quando i fiumi godevano di queste libertà, sconosciute nell’Italia di oggi, le alluvioni catastrofiche erano all’ordine del giorno. Poi è arrivato l’uomo, che ha imbrigliato i fiumi in alvei sempre più stretti, impedendogli di muoversi a piacimento e diminuendone la portata utile in caso di piena. Ma, fatto questo ancora più grave, li ha rettificati, riducendone la lunghezza anche a un terzo di quella originaria; si sono ottenuti così degli effetti negativi molto pericolosi: l’aumento della velocità dell’acqua per l’aumento della pendenza e la mancanza di curve (che notoriamente la rallentano) e la diminuzione totale del volume di acqua contenibile dall'alveo. Velocità maggiore e percorso più rettilineo diminuiscono la distanza temporale fra gli affluenti e quindi aumenta la probabilità che le varie piene degli affluenti si riversino quasi contemporaneamente nel corso principale, con esiti disastrosi.

Ecco un esempio pratico dell'impatto devastante delle bonifiche e della totale artificialità dei fiumi come li conosciamo oggi: l'Arno a Firenze ha una portata massima di 3600 mc/s, che nel centro di Pisa scende ad appena 2700 mc/s (e tra le due città il fiume riceve le acque di parecchi affluenti, Bisenzio, Ombrone, Elsa ed Era su tutti), Ora, non è che i pisani siano così scemi come li dipingono scherzosamente i livornesi: è che tra le due città l'acqua delle piene si riversava nelle paludi (erano in pratica delle casse di espansione) o allagava le campagne; da quando le paludi sono state bonificate e le arginature hanno protetto le pianure, Pisa era continuamente a rischio e per quello è stato costruito lo scolmatore che da Pontedera va verso Livorno e che ha salvato la città della torre pendente dal disastro in più occasioni.

Oggi, il consumo del territorio, l'ulteriore restringimento di alvei fluviali (se non il loro tombamento), accoppiati all'aumentare dell'intensità degli eventi estremi di precipitazioni hanno provocato un aumento delle alluvioni (e dei danni relativi, oltre al triste bilancio delle perdite umane). 
Innalzare ulteriormente gli argini dei fiumi per evitare le piene potrebbe essere una soluzione? No, non è una cosa fattibile, non solo per problemi di spesa ma anche per questioni pratiche: li puoi alzare quanto ti pare ma se da qualche parte si rompono è un guaio... inoltre se nelle campagne si potrebbe anche farlo (ed è stato fatto), quando i fiumi attraversano delle città è diverso, dove è anche difficile intervenire sulle sezioni degli alvei fluviali. 

Firenze è un caso drammatico: nella foto si vede benissimo il forte restringimento dell'Arno a monte dell'attuale Ponte Vecchio, dove alla confluenza fra l'Arno e il fosso di Scherraggio finiva la cinta muraria matildina. Lì sorse su un vecchio nucleo che dovrebbe risalire ai tempi di Matilde di Canossa (1046 – 1115) il Castello d'Altafronte, sicuramente realizzato nella sua interezza prima del 1180. Danneggiato violentemente dalla alluvione del 1333, fu ricostruito come palazzo nobiliare e oggi il Palazzo Castellani è la sede del Museo Galileo.

È possibile che all'epoca questo restringimento non doveva costituire un grande problema per diversi motivi: 
  • una parte delle acque dell'Arno si dirigeva in una grande palude dove oggi c'è il Campo di Marte
  • non c'erano bonifiche di rilievo a monte e quindi una parte delle acque che ora arriva di corsa a Firenze si fermava prima
  • quell'epoca appartiene al Periodo caldo medievale, che segnò una fase più calda e meno piovosa rispetto alla seconda parte del I millennio e quindi i fiumi avevano una portata minore


Di fatto le alluvioni dopo la costruzione del castello sono diventate una caratteristica costante della storia cittadina.
È ovvio che la soluzione più corretta dal punto di vista idraulico sarebbe quella di allargare l'Arno ma è altrettanto ovvio che non è praticabile (immagino che siate d'accordo: distruggere il Ponte Vecchio – risparmiato perfino dai nazisti nel 1944 – e gli Uffizi proprio non si può...).

Allora, come supplire a una portata come quella registrata durante la terribile alluvione del 1966? Dopo quell'evento il fondo del fiume è stato scavato, aumentando un pò la portata, che però non è ancora ai livelli necessari. Oggi ci sono  finalmente in costruzione le casse di espansione a monte della città, nel Valdarno superiore. Un effetto positivo della operazione Italia Sicura (come ho già detto su Scienzeedintorni mi occupo di politica solo ed esclusivamente in rapporto a questioni scientifiche e ambientali: su questo punto noto che finalmente abbiamo un governo sensibile a questo argomento non solo a parole, ma a stanziamenti e a fatti. Speriamo che non sia un fuoco di paglia).


Nel centro di Pisa nel gennaio 2014 i militari alzarono gli argini mettendo delle barriere provvisorie sulle spallette dell'Arno. Una soluzione interessante ma resta un problema fondamentale: la resistenza delle spallette stesse, nate per evitare le cadute dall'alto e non per innalzare il livello di piena. 

Ed ecco che è stata presentato a Firenze sabato 28 febbraio un nuovo sistema di argini provvisori: il Sistema Ecoreef® (una idea tutta italiana e brevettata), che è stato adottato dalla Regione Toscana. Sono andato a vedere in cosa consiste.
Si tratta di una barriera formata da una serie di cuscini di un polimero molto resistente e riempiti di sabbia che da un deposito (possibilmente in zona!) vengono portati su dei camion e scaricati con l'autogrù. Una volta scaricati, i cuscini vengono spinti uno contro l'altro con una pala meccanica e grazie alla loro plasticità si attaccano senza lasciare spazio al contatto fra l'uno e l'altro. Ne risulta una barriera lunga e continua, alta fino a due metri se si mettono gli elementi in tre file uno sopra l'altro.

Erroneamente il comunicato della Regione riportato dalla stampa, ha parlato di argini gonfiabili. C'è un motivo. Dalle informazioni che sono riuscito a prendere, originariamente questi moduli dovevano essere stoccati vuoti e gonfiati d'acqua al momento dell'utilizzo.
Questa soluzione avrebbe il pregio di un'area di stoccaggio ridotta ma una serie di inconvenienti:
  • i cuscini riempiti di acqua possono essere travolti dalla piena: basta che la forza delle acque li sposti leggermente per eliminare l'attrito con il terreno, che li tiene fermi
  • non sono sovrapponibili 
  • possono funzionare solo in un argine perfettamente piano: a quanto ho capito non sarebbero stati riempiti di acqua ad uno ad uno, ma a blocchi; pertanto se il terreno su cui viene montato un blocco non è perfettamente pianeggiante, c'è il rischio che qualche cuscino non venisse riempito del tutto
  • si possono rompere in caso di urto con qualcosa trascinato dalla corrente, "sgonfiando" tutto un blocco con l'evidente disastro che ne consegue


Quindi il progetto è stato modificato: la sabbia ha un peso specifico ben superiore a quello dell'acqua (1,4), per cui un cuscino riempito di sabbia è molto più difficilmente scalzabile di uno pieno d'acqua; inoltre i moduli in sabbia sono sovrapponibili e anche se si rompono per urti la sabbia non dovrebbe uscire fuori.

Questo sistema rappresenta dunque un ottimo esempio di prevenzione del rischio quando questo si manifesta, ma inevitabilmente ha bisogno di un valido sistema di previsione delle piene: l'azienda fornitrice, la GE.CO. di Cagliari, garantisce il montaggio di 1200 metri di argini artificiali in 8 ore dalla richiesta di intervento. È un preavviso ampiamente inferiore a quello di piena in corsi d'acqua come l'Arno a Firenze, e si può considerare pienamente soddisfacente dal lato operativo in situazioni del genere. Ovviamente è molto più difficile applicarlo per torrenti brevi come quelli liguri, dai tempi di allarme brevissimi.

L'importante è non fermarsi qui e pensare che “tanto in caso di piena si monteranno degli argini artificiali”: la lotta per la diminuzione del rischio alluvioni passa soprattutto da una politica seria del territorio.

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