lunedì 28 novembre 2011

"L'appello di Firenze" per un nuovo risorgimento delle Scienze Geologiche

Nella giornata di studio di venerdì 25 novembre 2011, svoltasi a Firenze a Palazzo Vecchio sulla Geologia italiana e il Risorgimento, è stato lanciato un appello perchè anche in Italia il mondo delle Scienze della Terra abbia il posto che merita e che è attribuito  a questo insieme di discipline. Oggi ho sentito delle affermazioni piuttosto importanti del nuovo ministro dell'ambiente, secondo il quale l'emergenza - territorio è una delle più gravi per il Paese e che bisognerebbe iniziare ad allontanare persone e insediamenti da zone pericolose. Dopo l'inizio che mi ha lasciato un pò perplesso è una bella correzione di rotta. Pubblico integralmente il testo del cosiddetto Appello di Firenze per contribuire alla sua massima diffusione. 
Per cui linkate questo post o mandatemi una E-mail che vi invio l'appello in comodo formato PDF.

Appello di Firenze

Per un nuovo Risorgimento delle Scienze Geologiche


Appello al Presidente della Repubblica, al Governo, al Parlamento e alla Conferenza Stato-Regioni
Cinque punti per la Sicurezza e lo Sviluppo economico e sociale del Paese


1. Rafforzare la presenza delle materie geologiche nei programmi delle Scuole superiori per una maggiore diffusione della cultura geologica

2. Incentivare le iscrizioni ai Corsi universitari in Scienze Geologiche

3. Difendere l’identità dei Dipartimenti di Scienze della Terra nelle Università

4. Armonizzare, coordinare e semplificare la legislazione vigente sul Governo del territorio

5. Rilanciare il Servizio Geologico d’Italia e completare la Carta Geologica d’Italia


Premessa

La Comunità tecnica, scientifica e professionale dei Geologi si è riunita a Firenze in data 25 Novembre 2011 per una Giornata di Studi sul Risorgimento e la Geologia Italiana.
L’evento si inserisce tra le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia e tra le iniziative dell’Anno Europeo del Volontariato previste nel Piano Italia 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Nel corso della Giornata di Studi sono state ricordate le figure dei Geologi e degli studiosi delle Geoscienze che hanno contribuito attivamente al Risorgimento e all’Unità d’Italia, nonché alla fondazione, negli anni di Firenze Capitale, delle principali Istituzioni geologiche nazionali, gran parte delle quali tuttora esistenti.

E’stata ripercorsa l’evoluzione della Geologia italiana nei settori delle georisorse, delle esplorazioni, dell’ambiente e della sicurezza del Cittadino, dall'Unità d'Italia ai giorni nostri. Particolare risalto è stato dato alla figura di Quintino Sella e al suo ruolo fondamentale, in qualità di Ministro delle Finanze dei primi Governi dell'Italia Unita, nella costituzione e nello sviluppo delle principali Istituzioni geologiche nazionali.
Nei primi anni dell'Unità d'Italia, nonostante le ristrettezze di bilancio, lo Stato investì molto nelle Scienze Geologiche, intravedendone con lungimiranza le ricadute sia in campo minerario che nelle esplorazioni.
Oggi, come allora, le Geoscienze rivestono un ruolo strategico per lo sviluppo economico e sociale del Paese con competenze fondamentali nel campo delle energie alternative, delle risorse idriche, della difesa del suolo, della protezione dai rischi geologici e della sicurezza ambientale.
A fronte di tutto questo la Comunità tecnica, scientifica e professionale dei Geologi attraversa oggi un momento di difficoltà senza precedenti nella storia del Paese, determinato dalla mancanza di investimenti a sostegno delle attività di ricerca e di formazione dei Geologi, dalla insufficiente attenzione ai problemi geologici dell'ambiente e del territorio, dallo scarso interesse per la cultura geologica nazionale e dalla sostanziale assenza di riconoscimenti istituzionali.

Ancora una volta, mentre tante aree del Paese sono interessate da frane ed alluvioni, dobbiamo dolorosamente constatare quanto l’Italia sia esposta per la quasi totalità a rischio idrogeologico e quanto sia estremamente vulnerabile agli eventi meteorologici ed ai cambiamenti climatici, a causa della incontrollata speculazione edilizia, dell'assenza di monitoraggio, della parziale se non inconsistente prevenzione. A questo si devono aggiungere terremoti ed eruzioni vulcaniche che rappresentano altri fattori permanenti di elevato rischio geologico per il Paese. Non si devono infine dimenticare i danni alla salute dovuti alle emissioni naturali gas Radon.

La politica energetica, nella quale i Geologi hanno un ruolo centrale, non viene adeguatamente sostenuta ed incentivata, soprattutto nel settore dello sfruttamento delle risorse rinnovabili geotermiche ed idroelettriche.

L’Italia ha un’estrema necessità di tecnici preparati e consapevoli in questa straordinaria disciplina. Nessuna politica seria di sviluppo sostenibile può essere sostenuta ed intrapresa senza la conoscenza degli eventi geologici che hanno modellato il territorio e senza un’adeguata comprensione delle dinamiche che costantemente ed inesorabilmente lo trasformano.

Il Geologo è una delle poche figure professionali in grado di fornire gli elementi affinché le politiche nazionali ed internazionali si sviluppino su una visione complessiva ed integrata tra protezione ambientale, sviluppo economico, salvaguardia del territorio e tutela degli interessi sociali.

L’assenza del contributo del Geologo, in concorso con le altre figure che studiano il territorio e l’ambiente, ha prodotto evidenti e seri danni sia nel rapporto tra le dinamiche ambientali e l’occupazione antropica, sia nel corretto sfruttamento delle risorse naturali. Questa assenza ha un costo sociale ed economico che è pesantissimo e rischia fortemente di concretizzarsi in un insostenibile lascito per le generazioni future.

La Tavola Rotonda ha pertanto offerto un momento di discussione, con un proficuo confronto di idee e proposte di soluzione a questa difficoltà. In particolare i rappresentanti delle principali Istituzioni, Associazioni ed Organizzazioni professionali del settore delle Scienze Geologiche hanno convenuto di proporre alla Presidenza della Repubblica, al Governo, al Parlamento e alla Conferenza Stato-Regioni i seguenti punti per un rilancio della Geologia per la Sicurezza e lo Sviluppo economico e sociale del Paese.


1. Rafforzare la presenza delle materie geologiche nei programmi delle Scuole superiori per una maggiore diffusione della cultura geologica

Nel nostro Paese le Scienze Geologiche hanno un ruolo del tutto marginale nella già scarna offerta formativa scientifica dei programmi scolastici ministeriali. Le Scienze Geologiche trovano poco spazio nell’insegnamento della Scuola secondaria di primo grado e nei curricula quinquennali della Scuola secondaria di secondo grado. 
Le discipline geologiche sono fondamentali per la formazione culturale e sociale di ogni Cittadino che, senza nozioni di Geologia, è incapace di percepire i problemi geologici e di inquadrarli nelle loro corrette dimensioni spaziali e temporali. 
Gli eventi calamitosi, seppur frequenti nel nostro Paese, non vengono percepiti da chi dovrebbe cercare di prevenirli o di contenerli, soprattutto perché l’opinione pubblica, largamente priva delle più elementari cognizioni di Geologia, non richiede con forza adeguate misure di prevenzione, se non a seguito degli eventi più catastrofici. Spesso si perdono vite umane, beni ed attività economiche per comportamenti non corretti, determinati dalla totale assenza di conoscenze sui processi geologici naturali. Solo la diffusione di una adeguata cultura scientifica nel settore delle Scienze Geologiche, potrà consentire al Cittadino di mettere in atto misure di autoprotezione e prevenzione efficaci.

La diffusione di cultura scientifica geologica potrà dare anche un nuovo impulso alla ricerca e allo sfruttamento di risorse energetiche e minerarie, in un moderno contesto di "Green Economy", alla razionale gestione delle risorse idriche, alla corretta progettazione di opere di ingegneria sicure in zone geologicamente stabili, ad un fattivo supporto ad una pianificazione urbanistica che tenga in adeguato conto dei vincoli e delle opportunità offerti dal territorio, alla gestione dei rifiuti e al risanamento ambientale, alla lotta all’inquinamento ed in molti altri settori.
Dato quindi il ruolo sociale e la centralità formativa della Geologia, la Scuola italiana di ogni ordine e grado deve dare più spazio alle Scienze della Terra; in particolare nei Licei è fondamentale che le Scienze Geologiche siano insegnate nelle classi finali del triennio.

2. Incentivare le iscrizioni ai Corsi universitari in Scienze Geologiche

La scarsa diffusione della cultura geologica ed il generale disinteresse per le Scienze della Terra hanno prodotto un forte calo delle iscrizioni universitarie ai corsi di Laurea in Scienze Geologiche. Si tratta di un problema comune ad altre discipline scientifiche che tuttavia, nel caso delle Geoscienze, non è dettato da problemi occupazionali dopo la laurea, in quanto la richiesta di laureati è in aumento da parte del mondo professionale, dell’industria e della Pubblica Amministrazione.
Altri Corsi di laurea scientifici (Matematica, Fisica e Chimica) ricevono un concreto sostegno da parte dello Stato, attraverso il D.M.I.U.R. 2/2005, che introduce agevolazioni in termini di tasse universitarie e che assegna agli Atenei fondi ad hoc per l’orientamento a favore delle discipline scientifiche.
Più volte è stata richiesta l’estensione di queste misure di incentivazione alla classe L-34 delle Scienze Geologiche, inspiegabilmente dimenticata dal legislatore. Tale richiesta è stata recentemente ribadita al Ministro dell’Istruzione dell’Università e dalla Ricerca dal Consiglio Universitario Nazionale, con nota del 27 gennaio 2010, e dai Presidenti degli Ordini Regionali dei Geologi, con nota del 7 aprile 2010 in occasione del primo anniversario del terremoto dell’Aquila. Ad oggi tali richieste risultano inascoltate.

3. Difendere l’identità dei Dipartimenti di Scienze della Terra nelle Università

La situazione per le Scienze della Terra nelle Università Italiane a seguito della recente riforma non è grave, è semplicemente disperata. Con la L.240/2010  (nota la grande pubblico come "legge Gelmini", NdR) circa l'80% dei dipartimenti di Geoscienze italiani sta perdendo la propria identità ed è costretto ad accorpamenti con altre discipline. Negli ultimi dieci anni, con il blocco del turnover, la Comunità accademica geologica è stata decimata e, con i nuovi vincoli sulla numerosità minima dei Dipartimenti stabiliti dalla L.240/2010, istituzioni storiche dove è nata la Geologia italiana stanno chiudendo. La scomparsa pressoché totale dei Dipartimenti di Scienze della Terra, dove si formano i giovani professionisti del futuro ed i futuri ricercatori, rappresenta un gravissimo danno per l’intero Paese, anche in considerazione del fatto che, col tempo, andranno perdute le conoscenze sull’assetto geologico locale.
E’ con questo spirito che tutta la Comunità dei Geologi italiani, dai docenti e ricercatori di Scienze della Terra, ai Geologi liberi professionisti, dalle Pubbliche Amministrazioni agli Ordini Regionali, chiede con forza una modifica all'Art.2 comma 2 lettera b) della L.240/2010 sulla numerosità minima dei Dipartimenti ed una politica di potenziamento e di riequilibrio del corpo accademico nel settore delle Scienze della Terra. Tutto questo era stato preannunciato nell’appello inviato al Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e alla stampa nazionale in data 19 novembre 2010 dal titolo "Se chiudono i Dipartimenti di Scienze della Terra è a rischio la sicurezza del Paese", appello che è rimasto purtroppo inascoltato (questo è il link a tale comunicato, NdR).

4. Armonizzare, coordinare e semplificare la legislazione vigente sul  Governo del Territorio

L'evoluzione della normativa nazionale sui vari aspetti del Governo del Territorio è stata fortemente condizionata dagli eventi calamitosi che si sono succeduti nel dopoguerra, senza un quadro organico ed un opportuno coordinamento. Nonostante questo, possono essere citati numerosi esempi di provvedimenti di legge virtuosi che, a seguito dell'onda emotiva generata dagli eventi catastrofici, hanno determinato un effettivo progresso del Paese.

La frana che devastò la città di Agrigento nel 1966 ha determinato la L.765/1967, nota come Legge Ponte, che costituì una radicale innovazione rispetto alla precedente Legge Urbanistica del 1942, introducendo misure per porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato e per razionalizzare il sistema di strumenti e di controlli. 
L'alluvione di Firenze del 1966 ha dato origine al ventennale lavoro della Commissione De Marchi, che ha portato alla Legge di Difesa del Suolo 183/1989, la quale introduce l'innovativo strumento del Piano di Bacino e che ancora costituisce un esempio di contributo di eccellenza della Comunità scientifica alla normativa ambientale nazionale. Il terremoto dell'Irpinia del 1980 ha determinato una svolta fondamentale nella normativa tecnica sulle costruzioni con il D.M.LL.PP. 21 gennaio 1981, recentemente aggiornata con il D.M.LL.PP. 14 gennaio 2008, a seguito del terremoto di San Giuliano del 2002 e definitivamente entrato in vigore per qualsiasi costruzione sul territorio nazionale dopo il terremoto dell'Aquila del 2009. Gli stessi terremoti hanno scandito le varie edizioni della zonazione sismica del territorio nazionale, basata su accurati studi della Comunità scientifica nazionale. Il terremoto dell'Irpinia del 1980 e la tragedia di Vermicino dell'anno successivo, anch'essa dovuta a un problema di tipo geologico, hanno determinato l'istituzione nel nostro Paese della Protezione Civile che, con la L.225/1992, si è data l'attuale organizzazione in Servizio Nazionale che il mondo ci invidia e che altri Paesi hanno imitato. Tale Servizio si articola in un sistema distribuito, con un coordinamento a livello centrale sovra-ministeriale, con Programmi di Protezione Civile a livello regionale e provinciale e con Piani comunali di protezione civile e di emergenza.

Le frane di Sarno del 1998 hanno portato alla pronta promulgazione della L.267/1998, con l'altrettanto rapida mappatura delle aree al rischio idrogeologico su tutto il territorio nazionale: in pochissimi anni l'Italia, unico Paese al mondo, ha completato la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico fornendo ai pianificatori, con il Piano di Assetto Idrogeologico, un fondamentale strumento per un razionale sviluppo edilizio in aree sicure.
Nonostante tutto questo, ancora oggi, come dimostrano i recenti eventi di cronaca, le prime piogge autunnali si traducono in disastri e le nostre costruzioni, anche recenti, risultano vulnerabili a terremoti di modesta intensità. Quello che manca è probabilmente un adeguato collegamento e coordinamento della normativa sopra citata e dei relativi strumenti operativi.
Una revisione della mormativa vigente sul Governo del Territorio è necessaria, non per introdurre nuovi vincoli o strumenti, ma per coordinare quelli esistenti in un quadro organico integrato: strumenti urbanistici, Piani di Bacino, Piani di Assetto Idrogeologico, Piani di Protezione Civile e normativa tecnica per le costruzioni devono essere integrati e coordinati fra loro e si devono basare su un'analisi multi-rischio del Territorio, condotta secondo rigorosi criteri scientifici. L'assetto geologico deve rappresentare il criterio centrale per la valutazione dei rischi e per la pianificazione di uno sviluppo del Territorio sostenibile e in condizioni di sicurezza.
La Protezione Civile deve continuare a svolgere funzioni di previsione e prevenzione degli eventi e non limitarsi al soccorso e al superamento delle emergenze, mantenedo l'attuale struttura di coordinamento e di indirizzo con i governi regionali e le autonomie locali, le strutture operative, la comunità scientifica e le libere associazioni di volontariato.

5. Rilanciare il Servizio Geologico d’Italia e completare la Carta Geologica d’Italia

Il Servizio Geologico d'Italia ha costituito fin dall'Unificazione il principale punto di riferimento della Comunità geologica nazionale, oltre che un'importante risorsa in termini di capacità tecniche altamente qualificate nel campo delle Geoscienze. Fin dalla sua fondazione, al Servizio Geologico d'Italia è stato affidato il compito istituzionale della redazione della Carta Geologica d'Italia, che costituisce lo strumento di riferimento principale per la ricerca di risorse minerarie, idriche ed energetiche, per la pianificazione dello sviluppo del territorio e per la prevenzione dei rischi geologici. Più in generale la Carta Geologica fornisce l'anatomia del territorio, permettendo di metterne in luce le patologie in atto, latenti e potenziali, e costituisce quindi la base essenziale per una corretta e consapevole convivenza dell'Uomo con la Natura.

Nonostante il fatto che tutti questi aspetti rappresentino concrete possibilità di sviluppo economico, d'impresa e di occupazione nel segmento dei green jobs, il Servizio Geologico d'Italia ha subito negli anni un progressivo declino ed una perdita di identità, con continue trasformazioni, accorpamenti e ridenominazioni. In pochi anni si è passati all'accorpamento nel Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali, successivamente nell'APAT e poi nell'ISPRA. Tali continui cambiamenti non hanno riscontri negli altri Paesi tecnologicamente avanzati, anche in quelli con problemi geologici molto inferiori rispetto all'Italia, come dimostrano gli esempi dell'U.S. Geological Survey, del British Geological Survey, del BRGM francese, del BGR tedesco, istituzioni fortemente radicate nei rispettivi Stati e con forte identità e visibilità.

La nuova Carta Geologica d'Italia prodotta in scala 1:50.000, ma rilevata alla scala 1:10.000 ed associata ad una banca dati informatizzata, è stata realizzata o è in corso di realizzazione solo per il 40% del territorio nazionale e non pare esserci oggi nessuna volontà politica di completarla. L'inventario dei fenomeni franosi in Italia, realizzato dal Servizio Geologico Nazionale e dai servizi regionali con il Progetto IFFI, ha permesso di mappare 486.000 aree franose nel Paese e di accertare che il 70% dei Comuni italiani sono interessati da rischio di frana, con 1806 punti critici nel tracciato autostradale e 706 in quello ferroviario. Il progetto IFFI non è più finanziato dal 2007 e non è stato né completato né aggiornato.

Il rapporto del Servizio Geologico d'Italia sulle conseguenze economiche e sociali dei disastri ambientali in Italia nel dopoguerra non è più aggiornato dal 1992. Tale rapporto aveva permesso di quantificare l'impatto dei rischi geologici in una vittima ogni due giorni e 8 milioni di Euro di spesa al giorno.
Proprio in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, l'Accademia dei Lincei ha lanciato un appello alla Presidenza della Repubblica, al Governo, al Ministro dell’Ambiente, alla Conferenza Stato-Regioni e all’opinione pubblica, per rilanciare il progetto di cartografia geologica nazionale e le ricerche correlate. Ancora più recentemente, in occasione del World Landslide Forum tenutosi alla FAO nell'ottobre 2011, il Presidente di ISPRA ha ribadito la necessità di continuare a conservare la cultura geologica nazionale che in questo momento è in seria difficoltà sia sotto l'aspetto dei finanziamenti che per i riconoscimenti istituzionali
-la Federazione Italiana di Scienze della Terra con le 17 società ed associazioni scientifiche federate che fanno capo alle Geoscienze e ilConsiglio Nazionale dei Geologi hanno avviato una raccolta di firme a sostegno di un appello pubblico rivolto alle massime Autorità dello Stato per la ripresa del finanziamento pubblico al progetto di cartografia geologica nazionale.
Il rilancio della cartografia geologica nazionale dovrebbe altresì essere associato ad un programma di ricerca nazionale si Geologia, Energia e Ambiente (GEA), come proprosto a più riprese dalla Società Geologia Italiana e dal CNR, che raccolga l'eredità dei progetti finalizzati del CNR nel settore delle Geoscienze in un nuovo contesto di trasferimento delle conoscenza dalla comunità Scientifica alle imprese e alle istituzioni.

I sottoscritti ritengono di essere in dovere di lanciare un nuovo appello alle Istituzioni della Repubblica perché la Geologia italiana non scompaia, ma possa continuare a contribuire al miglioramento e all’avanzamento delle condizioni di sicurezza, di benessere sociale e di sviluppo economico della Nazione. 

Prof. Nicola Casagli - presidente del comitato organizzatore della giornata di studi sul Risorgimento e la Geologia Italiana
Prof. Bernardo de Bernardinis - Presidente dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
Dr.elvezio Galanti - Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del consiglio dei Ministri
Dr.ssa Titti Postiglione - Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del consiglio dei Ministri
Dr.ssa Maria Sargentini - Dirigente del sistema regionale di Protezione Civile della Toscana
Prof. Giovanni Menduni - direttore generale del Comune di Firenze
Dr. Pietro Rubellini - responsabile della Direzione Ambiente del Comune di Firenze
Dr. Gian Vito Graziano - Presidente del consiglio Nazionale dei Geologi
Dr. Vittorio D'Oriano - Vice-presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi
Dr.ssa Maria Teresa Fagioli - Presidente dell'Ordine dei Geologi della Toscana
Prof. Vincenzo Morra -  Rappresentante delle Scienze della Terra nel consiglio Universitario Nazionale
Dr. Fausto Guzzetti -  Direttore dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR
Prof. Carlo Doglioni - Presidente della Società Geologica Italiana
Prof. Giorgio Vittorio Dal Piaz - già Presidente della società Geologica Italiana
Prof. Silvio Seno - Presidente della Federazione Italiana di Scienze della Terra
Dr. Mattia Sella - Presidente del Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano
Dr. Annibale Salsa - già presidente del Club Alpino Italiano
Prof. alberto Garzonio - università di firenze e Comitato Scientifico del Club Alpino Italiano
Dr.ssa Annalisa Berzi -  Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano
Prof. Giuseppe Tanelli - Università degli Studi di Firenze
Prof. Ernesto Abbate - Università degli Studi di Firenze
Dr. Giovanni Pratesi - Presidente del Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze
Dr. Alessandro Ghini - Venerabile Arciconfraternita di Misericordia di Firenze

EDIT: è stata attivata la raccolta di firme in favore dell' appello che il giorno 7 Febbraio il Presidente del Condiglio Nazionale dei Geologi Gian Vito Graziano consegnerà al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
L'indirizzo a cui firmare l'appello, nel sito del consiglio Nazionale dei Geologi è questo



mercoledì 23 novembre 2011

Umorismo geologico

In attesa del convegno per i 150 anni di geologia italiana, vorrei pubblicare due vignette di un mio quasi coetaneo impegnato nella Protezione Civile in Sicilia (mi sa che in queste ore sia piuttosto impegnato.....).
Sono ovviamente vicino alle popolazioni siciliane oggi colpite dall'ennesimo strazio dovuto al classico cìpessimo uso del territorio (sembra che ci sia stato un fiume tombato anche in questa occasione), ma desidero pubblicare lo stesso queste vignette

Le vignette sono di Mic, un blogger che tra i suoi interessi coltiva la passione umoristica prediligendo le vignette e le illustrazioni satiriche. Non essendo un granchè "allineato" è stato inserito fra i "blogger in via di estinzione" dalla locale sezione del WWF (basta visitare un attimo il suo sito per capirlo...). 
Vero che 10 giorni fa manca poco vi salutavo tutti per uno schock anafilattico, ma io invece godo di ottima salute, almeno sul web, a giudicare dalle visite quotidiane a "scienzeedintorni".

Cominciamo dalla celebre frase di Nino Bixio, che Garibaldi corregge in maniera inaspettata ma geologiamente ineccepibile:


Nessuna persona con la testa sulle spalle oserebbe contraddire il Generale.

Sarebbe però simpatico che l'Insigne Patriota tornasse e giudicasse tutti coloro che ancora non hanno provveduto ad approvare ed adottare i "Piani di Assetto Idrogeologico". Istituiti con la legge 493 del 1993 come ripiego perchè nessuno aveva fatto i Piani di Bacino (avrebbero costituito troppi lacci e lacciuoli per la cement... ehm, ma cosa dico... per lo "sviluppo" del territorio?) al settembre 2011 ce n'erano pronti solo 20 su 37.
Direi che il plotone d'esecuzione sarebbe stato di prammatica...

E ora passiamo alla seconda che merita due parole sul soggetto, non eccessivamente noto ai non addetti ai lavori geologici: Bartolomeo Gastaldi, geologo torinese, fondatore insieme ad un altro geologo, più noto per altre azioni, Quintino Sella, del Club alpino italiano, di cui mi pare ne divenne in seguito anche presidente.
La sua realizzazione principale è stata la Carta Geologica delle Alpi Piemontesi (al 50.000 ....tanto per confronto con 150 anni fa adesso in molte zone c'è disponibile solo il 100.000 ....)

venerdì 18 novembre 2011

Un convegno sulla Geologia per i 150 anni dell'Italia a Firenze, Venerdì 25 Novembre 2011

Nel quadro dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità Nazionale Venerdì prossimo la Comunità tecnica, scientifica e professionale dei Geologi si riunirà a Firenze in Palazzo Vecchio. Presento volentieri questo incontro perchè ritengo utile rimarcare come nei primi anni dell'Unità d'Italia, nonostante le ristrettezze di bilancio, lo Stato investì molto nelle Scienze della Terra, intravedendone con lungimiranza le ricadute sia in campo minerario che nelle esplorazioni.


Allora, Venerdì 25 Novembre 2011 si sviolgerà a Firenze, una Giornata di Studi dedicata a “Il Risorgimento e la Geologia Italiana", nella suggestiva cornice della Sala D'Arme di Palazzo Vecchio (e non come anticipato nel Salone dei Cinquecento che serve a Matteo Renzi. Probabilmente se anzichè geologi c'erano altri personaggi non ci sarebbe stato lo spostamento...)
La Giornata di Studi rientra tra i tanti eventi promossi in tutta la Nazione per i 150 anni dell'Unità d'Italia e tra le attività e i progetti che rispondono allo spirito e agli obiettivi promossi dal Piano Italia 2011 dell'Organismo Nazionale di Coordinamento - Dg per il Terzo settore e le Formazioni sociali - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in coerenza con le linee di indirizzo europee.

La Giornata di Studio si pone l’obiettivo di ricordare le figure dei Geologi e degli studiosi delle Scienze della Terra che hanno contribuito attivamente al Risorgimento e alla vita della giovane nuova Nazione, nonché alla fondazione, delle principali Istituzioni geologiche nazionali.
Verrà ripercorsa l’evoluzione della Geologia italiana nei settori delle Georisorse, delle Esplorazioni, dell’Ambiente e della Sicurezza del Cittadino, dall'Unità d'Italia ad oggi. 
Pertanto si parlerà di alcuni geologi che nel Risorgimento si sono distinti per l'attività patriottica e per il loro ruolo nelle Istituzioni Politiche e nella Scienza e della fondazione di Istituzioni importanti ancora oggi (come la Società Geologica Italiana, il Servizio Geologico d'Italia, il Club Alpino Italiano) e delle spedizioni geologiche all'estero, oltrechè del rilevamento della prima Carta Geologica Italiana. Non mancherà in un luogo simbolo della nascita della Protezione Civile (ricordiamo gli Angeli del Fango dopo l'alluvione del 1966) la storia degli eventi che hanno portato alla nascita del Dipartimento di Protezione Civile della Presidenza del Consiglio.

Da ultimo, una tavola rotonda dal titolo "Per un nuovo Risorgimento delle Scienze Della Terra" nella quale verranno discusse le principali difficoltà che incontrano le discipline geologiche nell'italia di oggi. Speriamo che in futuro questo risorgimento ci sia davvero: con tutti i disastri "naturali" (ma spesso figli di un cattivo uso antropico del territorio) che abbiamo, nel nostro Paese ce ne sarebbe veramente bisogno. Spero di potermi occupare di questo nell'immediato futuro. 

Alla tavola rotonda dovrebbero partecipare fra gli altri, coordinati dal Prof. Casagli dell'Università di Firenze, il presidente dell'ISPRA Bernardo De Bernardinis, il Vice - Presidente dell'Ordine Nazionale dei Geologi Vittorio D'Oriano, il Presidente della Società Geologica Italiana Carlo Doglioni e il Presidente della Federazione Italiana di Scienze della Terra.

Ricordo che nella Sala d'Arme verranno esposti il Plastico della Battaglia di Curtatone, a cura dell’Associazione Fiorentina Battaglie in Scala, e i pannelli con le riproduzioni dei Plastici Geologici del Servizio Geologico d’Italia.
Nel pomeriggio sono previste due Visite Guidate su prenotazione: la prima alle Collezioni paleontologiche e mineralogiche del Museo di Storia Naturale, la seconda alle Collezioni di libri e di cimeli risorgimentali della Fondazione Spadolini - Nuova Antologia sulla collina del Pian dei Giullari.

L'ingresso è libero e prevede l'assegnazione di crediti APC dell'Ordine dei Geologi.
L'evento è patrocinato da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Regione Toscana, Comune di Firenze, Università degli Studi di Firenze, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Consiglio Nazionale dei Geologi, Club Alpino Italiano, Società Geologica Italiana, Federazione Italiana di Scienze della Terra, Fondazione Giovanni Spadolini - Nuova Antologia, Fondazione dei Geologi della Toscana.

Il programma particolareggiato è disponibile a questo link.

domenica 13 novembre 2011

Le richieste per un ministro per l'ambiente che sia un tecnico: Ortolani o Casagli, professori di Geologia Applicata

Leggo prese di posizione di WWF, ECODEM (ecologisti democratici) e altri gruppi che si muovono nell'ambientalismio.

Non voglio esprimermi ovviamente qui sulla situazione politica nè su governi tecnici, sulla perdita della sovranità italiana, sulla situazione economica etc etc. Non sono temi da scienzeedintorni, che si occupa di Scienze, Ambiente e cose del genere, non di politica (anche se ovviamente anche io ho una idea politica ma non è qui che ne devo parlare se non quando la pèolitica si rilflette sulla scienza)
Mi limito ad una considerazione: se di governo dei tecnici si deve parlare e devono essere dei veri tecnici, io propongo che il Ministero dell'Ambiente (o se i ministri sono trppo pochi per farne uno, mi auguro che ci sia ancora questo ministero e non ci sia un sottosegretario che se ne occupi) sia occupato da un geologo esperto di dissesti idrogeologici e/o ambientali.
Personalmente mi vengono in mente due nomi

1. il professor Franco Ortolani della Università Federico II di Napoli, molto attivo con pubblicazioni sugli eventi alluvionali
2. il Professor Nicola Casagli dell'Università di Firenze: sempre in prima fila per quanto riguarda le calamità naturali, specialmente nel campo delle frane e dell'assetto del territorio

Qui trovate il curriculum del professor Casagli

Qui una serie di pubblicazioni del Professor Ortolani

Sono entrambi ottimi professionisti. Facciamone magari uno ministro e uno sottosegretario!!!!

venerdì 11 novembre 2011

L'alluvione di Genova del 4 novembre 2011: svolgimento e appunti sull'uso del territorio

L'ultima alluvione di Genova è stata per certi aspetti una fotocopia di quella del 1970. Come ho già detto, al di là che un “errore” c'è stato e molto grave, mi astengo da giudizi sull'allarme in quanto non sono in grado di avere un'opinione certa sullo svolgimento dei fatti né ho materiale sui piani locali di Protezione Civile. Noto invece che molta gente è salita in cattedra indicando colpevoli e/o rimedi senza conoscere quello di cui parla (e soprattutto parlando con il “senno di poi”). Con questo contributo intendo specificamente parlare di come si è svolta l'alluvione e perchè c'è stato questo disastro, facendo notare come senza i gravi errori nell'uso del territorio non ci sarebbero stati grossi danni. Il drammatico è che non si può tornare indietro perchè non è ipotizzabile radere al suolo tutta la zona della foce del Bisagno.

A Genova c'è stato quello che in termini scientifici si chiama un “Flash Flood”: un'onda improvvisa di piena che si genera in un bacino ristretto. In questi ultimi anni abbiamo assistito a molti fenomeni del genere, innescati da delle “bombe d'acqua”: precipitazioni intensissime su un'area molto ristretta che in caso cadano in un bacino molto piccolo fanno dei danni immensi. In questi ultimi anni mi riferisco alla alluvione della Versilia del 1996, a quella di Giampilieri del 2009 e a quelle degli ultimi giorni. Onestamente non ricordo se anche la frana di Ischia del 2006 fu innescata da una bomba d'acqua. Il disastro di Sarno è una cosa ancora diversa, provocata dalla liquefazione di tufi vulcanici non consolidati, un fenomeno che è molto comune attorno ai vulcani indonesiani e andini, per esempio

Quindi limitandoci ai fenomeni di “bombe d'acqua” si nota un minimo comun denominatore: la vicinanza del mare. Evidentemente una temperatura anomala della superficie marina è un fattore importante e sicuramente questa era la situazione nei giorni precedenti il disastro delle 5 Terre.
In questi giorni ne abbiamo avute diverse di bome b'acqua: Genova, le Cinque Terre e la Lunigiana, l'Elba. In tutti i casi è piovuta in poche ore una quantità d'acqua che si avvicina alla metà delle precipitazioni annuali.

Vediamo in particolare quello che è successo a Genova, come per Giampilieri, grazie all'ottimo rapporto del Professor Franco Ortolani dell'Università Federico II di Napoli. 

Premetto una brevissima descrizione dell'idrografia genovese. La “Superba” è una città molto particolare, costruita sui colli immediatamente dietro al primo nucleo del porto ed è di origini molto antiche. Si nota come la sua posizione sia all'incirca nel vertice più alto del Mar Ligure (all'incirca perchè in realtà corrisponderebbe a Voltri, poco più ad est. Le strutture portuali si allungano in una fascia di quasi 15 kilometri. 
Lo spartiacque appenninico è molto vicino, non oltre i 15 kilometri: per esempio Casella, lungo la valle dello Scrivia è appena a 14 km in linea d'aria dal mare; in alcuni punti, come a Masone, poco a Ovest di Genova, addirittura a meno di 5. Le precipitazioni quindi, se le nuvole vengono dal mare, rischiano facilmente di distribuirsi preferenzialmente nella stretta fascia tra la costa e lo spartiacque. 

Quanto ai fiumi, a carattere eminentemente torrentizio, i principali sono 3: da Ovest ad est il Polcevera (lungo 20 km), il Bisagno (lungo 30) (tra questi due si è sviluppato il nucleo della città), e più a Est lo Sturla (lungo 12 km). 

Il Professor Ortolani scrive che la pioggia è iniziata verso le 9.00 del mattino e tra le 9.30 e le 14.30 sulla città sono piovuti oltre 400 mm di pioggia, con una punta di 450 proprio a Quezzi, lungo il Rio Fereggiano, affluente di destra del Bisagno, il torrente che si getta in mare nei pressi della stazione ferroviaria di Genova Brignole e della Fiera di Genova. 
A Vicomarasso, pochi kilometri a nord, ma nel bacino del Polcevera (torrente che si getta in mare al confine fra il centro di Genova e Sestri Ponente), è toccato anche il nuovo record italiano di precipitazioni in un'ora: 188 millimetri. Il bacino del Polcevera è molto più esteso di quello del Fereggiano / Bisagno, per cui ha retto meglio agli eventi.(ovviamente in quanto al Bisagno in questo caso mi riferisco solo alla sezione a valle della confluenza con il Fereggiano.

Il problema è che il rio Fereggiano non ha uno sfogo sufficiente perchè un kilometro e mezzo prima che sfoci nel Bisagno è statto coperto, lungo le vie Fereggiano e Monticelli e la galleria in cui è stato costretto il torrente (di cui vediamo l'imbocco) non aveva la portata sufficiente a contenere la impressionante quantità di pioggia caduta e quindi l'acqua ha dovuto percorrere la strada asfaltata che ne ricopre l'alveo originale. 
L'acqua poi si è riversata nel Bisagno (probabilmente già grossetto di suo) e ha provocato il disastro nella zona tra la ferrovia e il mare. Anche qui perchè l'ultimo kilometro e mezzo circa prima di sfociare in mare è stato coperto: per la seconda volta in 41 anni (la precedente alluvione è stata nel 1970 e me la ricordo benissimo perchè andai poi a Genova essendo stato coinvolto mio zio Umberto) la zona tra Brignole e il mare si è trasformata in un impetuoso torrente. 

Vediamo in questa immagine come il Bisagno è stato coperto fino alla foce a partire dal ponte della ferrovia a Brignole:


E qui casca l'asino: tutta questa area non era stata urbanizzata fino a quando, verso la fine del XIX secolo fu edificata, lasciando il Campo Marzio su cui durante il fascismo fu costruita l'odierna Piazza della Vittoria. In quel periodo (immagino contestualmente alla costruzione della piazza) il Bisagno fu coperto, lasciandogli una sezione capace di fornire una portata di 500 metri cubi al secondo che si è rivelata in queste due ultime alluvioni nettamente insufficiente (e forse lo sarebbe stata anche nel 1822) 

Ora, guardiamo l'immagine della zona:, dove il pallino rosso è la zona della foto qui sopra e quello verde la foce del Bisagno: come vedete la zona alluvionata corrisponde all'area in cui le strade sono tutte ortogonali fra loro, grossolanamente un quadrilatero compreso fra il mare, via Brigate Partigiane, la ferrovia e Via Nizza che però non è rettilinea. 
In più a nordovest c'è la zona di Piazza della Vittoria. 

Tutta l'area corrisponde alla piana del Bisagno, fra la collina su cui è impostato il centro della Città e quella orientale di Albaro, dove i genovesi ricchi avevano le ville “di campagna”. Nella piana c'erano alcuni piccoli borghi tra i quali Borgo Pila e il borgo della Foce, entrambi regolarmente soggetti a problemi da parte del Bisagno, come il 26 ottobre del 1822, quando la piena distrusse anche il ponte di borgo Pila. 

Ho trovato su wikipedia (alle volte è utile!) questa descrizione dell'evento:
La pioggia cominciò la notte di giovedì e continuò per quindici ore consecutive in modo fortissimo. Il venerdì mattina la via tra Genova e Albaro era però ancora praticabile, ma continuando un'acqua dirotta, a dieci ore gli orti del Bisagno cominciarono a convertirsi in lago. Alle undici tutto era sotto l'acqua e l'onda s'andava ancora innalzando. Coll'avvicinarsi del meriggio il cielo si fa più cupo, il fulmine scoppia a brevi intervalli, seguito da tetro rimbombo di tuono, diluvia. L'inondazione guadagna tutta la vasta pianura del Bisagno che appare come una laguna fangosa, dalla quale emergono le sole cime degli alberi e delle case sommerse fino al secondo piano. Mura diroccate, terreni divelti, alberi sradicati, chiese inondate, ponti abbattuti, case rovinate, masserizie travolte e animali annegati

Sul sito Biologia Marina, dove c'è una ottima illustrazione della storia delle alluvioni genovesi, si segnala chealcune fonti parlano di oltre 800 mm di pioggia in 24 ore!

Nel borgo della Foce, a testimonianza della sua “lontananza” dal centro cittadino, c'era anche il lazzaretto. Il territorio era un alternanza di orti e canali di scolo. Ergo, i genovesi hanno costruito la città e le ville sui colli e si sono guardati bene nel passato di costruire nella piana del Bisagno, dove magari sarebbe stato anche più comodo (camminate per Genova e cercate una strada in piano....). e non solo per problemi di difesa militare: sapevano benissimo che ogni tanto il Bisagno alluvionava tutta la valle...

Il Bisagno è uscito dagli argini prima della sua copertura anche negli anni 1892, 1945 (assieme al Fereggiano), 1951 e nel 1992.Anche il Fereggiano era uscito dagli argini nel 1951 (ma non nello stesso evento del Bisagno!)

A dare retta esclusivamente all'idrologia tutta quell'area non sarebbe edificabile. Anzi, sarebbe da abbandonare. Ma non è chiaramente una soluzione possibile. Sperando che non accada mai più, mi chiedo cosa succederà se una prossima volta una bomba d'acqua o precipitazioni troppo forti faranno di nuovo uscire il Bisagno, Ma se la temperatura del mare contnuerà ad aumentare purtroppo certi avvenimenti sono sempre più probabili

mercoledì 9 novembre 2011

Le alluvioni di questi giorni e il posto dell'assetto del territorio nel cervello degli italiani

In questi giorni sono veramente arrabbiato (eufemismo) vedendo quello che è successo a parti d'Italia che amo tantissimo, quella fascia che va da Genova all'isola d'Elba, da me percorsa in lungo ed in largo e sentendo assurdità inenarrabili in TV. Ho anche ricordi personali di queste tragedie: mio zio è stato salvato in circostanze fortunose a Genova nel 1970: era fra quelli che “nuotavano” in corso Buenos Aires e dintorni (la zona della stazione Brignole come oggi) e attaccatosi ad un cartello stradale lo tirarono su da una finestra del primo piano. Come mi ricordo, essendo corso lì appena appresa la notizia con i miei genitori (dopo momenti di preoccupazione perchè non sapevamo dov'era), i camion che sgomberavano il fango, da me visti solo pochi anni prima, a Firenze nel 1966, uno egli avvenimenti più vecchi che ricordo con una certa precisione (avevo appena 6 anni). Non voglio entrare nella polemica sugli allarmi che dovevano / potevano essere lanciati sul momento perchè non ho notizie dirette in materia; ma voglio parlare su come e perchè la situazione in Italia è dal punto di vista idrogeologico assolutamente drammatica. Resta il fatto che – sia o no colpa sua – l'attuale sindaco di Genova e tutte le altre amministrazioni locali interessate dai disastri di questo triste novembre 2011 pagano anche per quello che è stato fatto (e non doveva essere fatto) e per quello che non è stato fatto (e avrebbe dovuto essere fatto) dal dopoguerra ad oggi

Il territorio italiano è spesso sconvolto da alluvioni ed altre catastrofi naturali in percentuali molto superiori al resto d'Europa. I perchè possono essere tanti. Vediamo di tratteggiare un quadro della situazione

1. il territorio stesso è dal punto di vista della difesa del suolo in caso di piogge uno dei più difficili che si possano immaginare: rilievo giovane, colline spesso composte da materiali che più che rocce litificate sono sedimenti ancora non consolidati, tanti piccoli bacini idrografici (e quindi molto più soggetti a piene improvvise), mari molto caldi

2. fra tutte le Nazioni europee la nostra è probabilmente quella in cui il rispetto per l'ambiente è minore. Rispetto per l'ambiente è un termine che non vuole essere inteso in senso “ambientalista” ma piuttosto in senso “tecnico”. L'ho anche scritto in altri contesti: non si può spesso neanche parlare di “irresponsabilità” perchè un irresponsabile è perfettamente consapevole di stare facendo una idiozia; si deve parlare di pura ignoranza, da parte del cittadino come da parte dell'amministratore locale o nazionale in quanto spesso nessuno è in grado di percepire la gravità di certe azioni

3. a dimostrazione della scarsa propensione ad un uso corretto del territorio in pochi anni abbiamo avuto anche 2 condoni edilizi, di cui il primo approvato nel 1993 mentre in Piemonte si stavano contando i danni della peggiore alluvione dopo quelle del 1966

Avevo parlato di questo a proposito della annosa questione dei Piani di Bacino. Rileggete questo post perchè è significativo; lo riassumo in breve: a seguito dei disastri del 1966 nel 1989 (!!!) sono state istituite le Autorità di Bacino che dovevano eseguire la pianificazione totale del territorio. Nel 1993 non era stato approvato nessun “piano di Bacino” e fu deciso di istituire i “piani di assetto idrogeologico” (una versione “depotenziata” dei piani di bacino), di cui, al Settembre 2010 ne risultano approvati o adottati 20 su 37. Nel frattempo gli italiani più giovani che ricordano con una minima precisione le alluvioni del 1966 hanno compiuto 50 anni....

Dalla fine della Seconda guerra mondiale il territorio italiano è stato saccheggiato e soprattutto si è creduto di poter costruire comunque e dovunque senza tenere conto della situazione idrogeologica. Spesso (ed è il caso di Genova, ma ce ne sono tanti altri) i torrenti sono persino stati coperti perchè erano uno ostacolo all'urbanizzazione. Con situazioni come quella di questa foto qui accanto. La ovvia domanda è: ma se piove un po' di più che succede?

Sono rimasto semplicemente inorridito da un passo di una trasmissione televisiva: c'era il buon Mario Tozzi che parlava dell'alluvione delle 5 Terre dicendo una cosa assolutamente ovvia e cioè che “se togli territorio ad un fiume, questo quando ne ha bisogno si limita semplicemente a riappropriarsene”. Apriti Cielo! Subito dopo la Mussolini gli ha detto che “quelle case erano lì da sempre” e un'altra persona “ma allora si dovrebbe distruggere tutto il patrimonio italiano”. Ho spento la TV immediatamente per la rabbia

Mi riferisco in questo momento alla Mussolini perchè è stata lei fisicamente a parlare in questo modo ma la prendo ad esempio di quello che pensa il Paese. Se non fosse per la drammaticità della situazione le si potrebbe quasi dare di ingenua: esprimersi con il concetto che quelle case erano lì da sempre proprio ad un rappresentante di una categoria come i geologi dotata di una concezione della scala dei tempi difficilmente comparabile con quella “normale” degli esseri umani è decisamente il massimo... 

Aggiungo che Tozzi è stato colui grazie al quale anni fa finalmente gli italiani hanno capito cosa fa un geologo. Ve lo posso assicurare.... prima mi chiedevano cosa facesse un geologo.... di solito pensavano solo che andassi nelle grotte...

Volendo, comunque, si deve distinguere fra alluvioni in bacini estesi e alluvioni in piccoli bacini.
A proposito dei fiumi “grandi”, riprendo parte di un altro post che avevo scritto su Scienzeedintorni quasi 4 anni fa, accompagnata da una foto di un fiume ancora non ingabbiato e irregimentato: 
Noi siamo abituati a vedere i fiumi nascere, ricevere gli affluenti e sboccare in mare. Questa configurazione è quasi totalmente artificiale: in natura un fiume, dopo una ripida discesa dal monte, arrivando nella pianura si impaluda, si divide in più rami, ed è libero di divagare pigramente a suo piacimento in lungo ed in largo per tutta la valle, dove zone asciutte si alternano ad acquitrini e laghi (tra gli ultimi esempi di laghi di questo tipo c'è il Trasimeno). Anche quando i fiumi godevano di queste libertà, sconosciute nell’Italia di oggi, le alluvioni catastrofiche erano all’ordine del giorno: in una sezione verticale di un terreno di pianura si vedono dei livelli di materiale anche molto grossolano (ciottoli se non massi) intercalati nelle argille e nelle sabbie. Queste sono le tracce di importanti eventi alluvionali che hanno interessato la zona (in generale che più grandi sono gli elementi che compongono il sedimento, maggiore è stata in quel punto l’energia della piena).

Aggiungo che rettificando gli alvei (quando non restringendoli) abbiamo ottenuto due effetti molto gravi: la diminuzione del volume di acqua che possono contenere e la velocizzazione del movimento dell'acqua. Si capisce come entrambi gli effetti hanno come conseguenza una maggiore capacità di esondare da parte del fiume in piena. Se poi costruiamo nelle aree golenali non si può protestare se il fiume se le riprende... è il caso del centro commerciale allagato ad Alessandria

I piccoli bacini sono una cosa diversa: se la piena del Po può essere prevista con 24 – 36 ore di anticipo in questi gli avvenimenti si susseguono a velocità impressionanti. Negli ultimi anni ne abbiamo avuti tanti esempi, dall'alta Versilia nel 1996 a Giampilieri nel 2009, a quelle di questi giorni. Sono quindi situazioni molto meno gestibili perchè improvvise e quindi evitare danni a cose è difficilissimo.
Però se il sistema di allarme (e a Genova qualcsa non ha funzionato ma non sono in grado di dire cosa) funzionasse almeno le persone si salverebbero...


Un esempio classico è questo, ricordando che “se una certa quantità X di pioggia cade su un bacino, un Y% di questa non va nel terreno ma deve per forza defluire"; al proposito annotiamo che “la percentuale Y sale all'aumentare di X e al diminuire delle dimensioni del bacino”; guardatelo su youtube:

Si tratta di un piccolo bacinetto in Sicilia: erano piovuti in poche ore diversi millimetri di pioggia e ovviamente l'acqua doveva defluire. Peccato che la parte inferiore del bacino fosse stata completamente urbanizzata. Vediamo quindi come si forma un classico “flash flood”, sia pure in questo caso di piccole dimensioni: un'onda improvvisa dovuta a intense precipitazioni. Altri filmati dello stesso evento li potete vedere chiedendo “alluvione+vallone” sullo stesso sito.

Nei piccoli bacini sono cose comuni con degli acquazzoni più forti. Mi ricordo una testimonianza di un pastore quando rilevavo per la tesi di laurea in Toscana Meridionale: mi pare (sono passati tanti anni..) che ci fosse appena stato nei dintorni un fenomeno del genere che aveva travolto un'automobile con 2 persone a bordo. Ne parlavo con questa persona che appunto mi disse “io non credevo che esistessero fenomeni del genere. Mi sono ricreduto quando manca poco ci rimango io”.

Per la cronaca, a Genova nella valle del Rio Fereggiano sono piovuti oltre 400 mm di pioggia con il RECORD ITALIANO ASSOLUTO DI 181 MILLIMETRI IN UN'ORA. Non poteva andare che così....

La questione fondamentale è che i Geologi contano come il due di picche quando la briscola è cuori e che per rimediare a quello che è stato fatto negli ultimi decenni ci vorrebbero:

1. soldi... tanti soldi
2. un coraggio da leoni e un pieno di responsabilità da parte della classe politica per non permettere più edificazioni in zone alluvionabili e - cosa impensabile! - demolire gli edifici in zone pericolose
3. un progetto di scolarizzazione di massa da un punto di vista dell'assetto del territorio

Temo che nell'Italia di oggi non ci possa essere nulla del genere. Soldi non ce ne sono, voglia di responsabilizzarsi da parte dei cittadini neanche. Quanto alla classe politica vi racconto un episodio riferito da un geologo: stavano inaugurando una briglia fluviale ed il politico di turno osservò che "sono soldi buttati via perchè di quest'opera non se ne accorge nessuno".

Con la coscienza ambientale di oggi no, è chiaro che un politico preferisce inaugurare un ponte o una strada: alla gggggggggente interessa di più. Salvo che poi la stessa ggggggggggente protesta perchè nessuno ha sistemato quel torrente che è andato di fuori..... 


martedì 1 novembre 2011

Gli effetti dell'Incremento della CO2 atmosferica durante l'optimum climatico al limite Paleocene - Eocene come monito per l'Umanità odierna.


Circa 55 milioni di anni fa il limite fra Paleocene ed Eocene è stato contrassegnato da una fase di eccezionale riscaldamento, avvenuta in tempi geologici molto brevi. Da diversi indizi è chiaro come questo evento sia stato innescato dal violento ed improvviso rilascio di Anidride Carbonica in atmosfera. Il maggior indiziato è rappresentato dalla violenta attività vulcanica di quel momento nel quadro della apertura dell'Oceano Atlantico Settentrionale. Il PETM può però essere preso a modello per quanto sta succedendo oggi con le emissioni atmosferiche antropiche di CO2 e dimostra come i negazionisti dei cambiamenti climatici abbiano completamente torto.

L'optimum climatico al limite Paleocene – Eocene, conosciuto in letteratura come PETM (Paleocene – Eocene Thermal Maximum) è un episodio molto particolare: una eccezionale risalita delle temperature ha permesso in zone anche all'epoca prossime al circolo polare artico come l'Alaska la presenza di forme di vita tipiche di zone calde, quali coccodrilli e di palme. L'aumento delle temperature atmosferiche è stato molto più sensibile nelle alte latitudini (anche 10 - 15 °C in più del normale) mentre è stato più limitato ai tropici. Un'altra caratteristica è stata la minore escursione delle temperature durante l'anno quindi una minore stagionalità. L'incremento della temperatura dell'acqua nella zona del Polo Nord è stato minore, da circa 18°C a 23°C. Il tutto è avvenuto in tempi molto brevi, dell'ordine delle centinaia di migliaia di anni. Si può dire che durante il PETM si siano allargate sensibilmente e bruscamente in ampiezza le fasce climatiche calde e temperate e ridotto fino all'annullamento, almeno nell'Artico, le fasce climatiche fredde. Un po' in grande, quello che è successo tra 20 e 10 mila anni fa, tra l'ultimo massimo glaciale e l'inizio dell'Olocene. Vediamo nella foto qui accanto la situazione tettonica della zona polare e soprattutto si evidenzia come la parte più settentrionale dell'Oceano Atlantico non si era ancora aperta.

Nei sedimenti marini e terrestri la “firma” di questo evento nei sedimenti è inconfondibile: una escursione negativa del rapporto isotopico tra gli isotopi del Carbonio 12 e 13: in altre parole c'è stata una massiccia immissione preferenziale del Carbonio 12 rispetto al più pesante isotopo Carbonio 13. È quindi evidente che al limite Paleocene – Eocene sia successo qualcosa capace di influenzare pesantemente il ciclo globale del Carbonio sulla Terra.

A Zumaia, nei Paesi Baschi, c'è una sezione stratigrafica molto interessante studiata da vari team internazionali: il riscaldamento delle acque oceaniche inizia 46.000 anni prima della forte variazione del rapporto fra gli isotopi del Carbonio, che contrassegna il limite Paleocene – Eocene. Ci sono forti ripercussioni sulla vita marina: all'inizio si estingue il 18% delle specie di foraminiferi bentonici; dopo appena altri 10.000 anni è la volta di un altro 37% delle specie presenti nel Paleocene superiore: oltre la metà delle specie di foraminiferi bentonici non riesce a sopravvivere all'evento, che almeno a Zumaia non sembra particolarmente dovuto a fenomeni di acidificazione,
Trend simili sono evidenti anche in altre categorie di microfossili, dai foraminiferi planctonici al nannoplancton calcareo. Ovviamente dopo il PETM si assiste ad una rapida espansione e diversificazione delle specie che hanno resistito e – parlando di animali della terraferma – ad una eccezionale espansione dei mammiferi. Per i Primati il PETM è stata una occasione unica: la Beringia, quella fascia al confine fra Siberia e Alaska e quindi fra Eurasia e Nordamerica, ha spesso avuto una funzione di scambio fra le faune dei rispettivi continenti, ma essendo situata a latitudine molto elevata non ha potuto essere stata sfruttata dai Primati, un clade da sempre in difficoltà con le basse temperature, se non proprio durante questo intervallo estremamente caldo. Theilardina è un classico esempio di questo. Solo circa 10.000 anni fa altri Primati hanno potuto utilizzare questa via, gli antenati dei Nativi Americani, che però erano dotati di vestiti per ripararsi dal freddo.

In numerose sezioni sparse per il mondo al PETM corrispondono delle fasi di anossia (mancanza di ossigeno). Una cosa interessante è che il PETM non è solo: tra Paleocene ed Eocene ci sono stati altri momenti in cui si sono rialzate le temperatura e si è abbassata la quantità di 13C: il Mid-Paleocene Biotic Event (MPBE tra 59 e 58 milioni di anni fa) e il Mid-Eocene Climatic Optimum (MECO, attorno a 40 milioni di anni fa). Altri episodi del genere sono registrati nei precedenti sedimenti oceanici mesozoici (compreso il limite Cretaceo – Paleocene), tutti corrispondenti ad eventi di piccole estinzioni di massa.

Il PETM è contrassegnato nel Pacifico, per esempio nello Shatsky Ridge, da un livello argilloso; prima durante e dopo la sua deposizione si assiste a notevoli variazioni dei microfossili; inoltre abbonda in phillipsite, un minerale argilloso proveniente dalla alterazione di lave basaltiche.
Altri livelli del genere si trovano sempre nella stessa area a 59/58 MA (circa al limite Selandiano – Thaetiano). Questi livelli corrispondono a fasi in cui le acque contenevano una quantità maggiore di CO2, testimoniata dalla temporanea risalita della CCD, la “profondità di compensazione dei carbonati”. La CCD è una caratteristica fondamentale degli oceani, un livello sotto al quale i carbonati si sciolgono: i sedimenti oceanici di grande profondità sono silicei e non carbonatici proprio perchè il fondo marino è situato sotto la CCD; i sedimenti carbonatici indicano una deposizione su un fondo marino a profondità minore rispetto a quella in cui i carbonati si sciolgono e in una sequenza carbonatica un livello in cui prevale la frazione silicea è un chiaro sintomo della risalita della CCD, dovuta ad una massiccia immissione nell'acqua di Anidride Carbonica.
Nella Shatsky Rise è quindi ben visibile il PETM: un “classico” livello di fango argilloso in cui specialmente alla base la conservazione dei nannofossili calcarei è veramente molto precaria, segno di una fase in cui la CCD è molto alta e la quantità di CO2 disciolta nell'acqua è particolarmente elevata.
Situazioni simili esistono pure in Atlantico, per esempio nella Dorsale di Walvis. Si tratta dunque di eventi di estensione planetaria.

Allora, il limite Paleocene – Eocene è associato ad un massimo termico improvviso durante una violenta emissione di CO2 in atmosfera: che cosa può essere successo? Non credo proprio che sia un caso se in quell'esatto momento fosse in corso la fase più virulenta della messa in posto dei magmi della Provincia Magmatica Nord Atlantica (in sigla inglese NAIP), L'inizio della nuova attività vulcanica, che segnerà l'inizio dell'apertura dell'Oceano Atlantico Settentrionale, avviene a 56,2 milioni di anni fa, quindi 400.000 anni prima del PETM ed è marcato da un primo cambio nella popolazione del nannoplancton a scala mondiale (inizio della zona stratigrafica NP9). La zona NP9 è a cavallo del PETM e quindi prosegue anche all'inizio dell'Eocene. I magmi della NAIP sono un classico esempio di magmi prodotti da una LIP (large Igneous Province): alla fine dell'attività sono stati messi in posto da 5 a 10 milioni di km cubici di magma; immaginatevi quanta CO2 sia stata rilasciata nell'occasione! Vediamo in questa carta la distribuzione dei magmi della NAIP con la situazione paleogeografica dell'epoca, senza l'Oceano Atlantico Settentrionale

Curiosamente anche il precedente Evento Biotico del Paleocene Medio è centrato durante una prima fase di emissioni di lave da parte della NAIP, quello avvenuto intorno a 59 milioni di anni.
È quindi facile attribuire l'innesco del PETM ad un repentino innalzamento dei gas – serra. A causa di ciò l'argomento è oggetto di numerosi studi.

C'è poi un dubbui: l'incremento della temperatura è stato dovuto solo alla CO2 emessa dai vulcani nordatlantici oppure ad una successiva immissione in atmosfera di metano proveniente dal permafrost (riscaldato dall'aria) o dai sedimenti marini (riscaldati dalle acque marine)? Questo secondo scenario è piuttosto realistico e potrebbe spiegare la brusca risalita delle temperature avvenuta ben dopo l'inizio delle eruzioni: in pratica la CO2 avrebbe agito come innesco di una bomba. 

Comunque è una questione sulla quale ora non voglio entrare: che ci abbia contribuito o no il metano, resta il fatto che oggi come oggi sia evidente come una pesante emissione di Anidride Carbonica proveniente da attività vulcanica sia la causa di vari episodi di brusco riscaldamento globale.
L'analogia con le emissioni antropiche mi pare piuttosto stringente e quando negazionisti alla Sarah Palin dicono che “in Alaska c'erano palme e coccodrilli” dicono la verità. Peccato per loro e anche per noi che questa anomala presenza sia stata dovuta ad un evento catastrofico come il PETM.