lunedì 6 settembre 2010

L'estrazione di gas dagli scisti bituminosi: Marcellus Shale - Pennsylvania


In un mondo che ha fame di idrocarburi, per tutta una serie di implicazini, a partire dal loro costo basso rispetto alle fonti alternative fino alla pressione delle compagnie petrolifere che smuovono immensi capitali, una nuova risorsa di gas naturale è rapprentato dagli scisti bituminosi. Le prospettive sullo sfruttamento di questi giacimenti sono molto interessanti, a giudicare dagli analisti.

L'origine degli idrocarburi di queste rocce è la stessa delle altre riserve di combustibili fossili: distruzione di materiale organico rimasto intrappolato in un sedimento argilloso e che si è ritrovato in un ambiente caratterizzato da mancanza di ossigeno da parte di microorganismi capaci di vivere in quelle condizioni. In questo caso si tratta per lo più di resti di alghe. I sedimenti argillosi sono, al netto di fratturazioni, quelli più impermeabili: infatti le dimensioni dei pori, estremamente alte in sabbie e ciottolami, sono minime, per cui la circolazione dei fluidi e spesso anche quella dei gas è praticamente impossibile.

La più importante formazione che li contiene per adesso la troviamo negli USA occidentali: è il “Marcellus Shale" (in grigio nella carta qui accanto), che prende la denominazione dal paese della Pennsylvania intorno al quale per un piccolo tratto questi sedimenti affiorano in superficie: in realtà questi scisti di età medio – devoniana (circa 400 milioni di anni fa) si estendono sottoterra per una fascia lunga centinaia di kilometri che comprende anche parti di Ohio, West Virginia, New York, Maryland, Kentucky, Tennessee e Virginia. Quindi occupano un fianco della catena appalachiana e sono un deposito di fossa connesso alla formazione di questa catena. Lo spessore è ingente, arrivando fino ai 3.000 metri. Rappresentano quindi il candidato ideale per una ampia coltivazione di metano.

Gli scisti bituminosi erano noti ai geologi dagli albori delle scienze della Terra, come era noto che contenessero metano. Però nessuno fino a pochi anni fa era riuscito a capire come sfruttarli. In effetti l'estrazione di metano da queste rocce non è cosa semplice, in quanto materiali estremamente duri e compatti. L'estrazione avviene in due fasi: prima si scava un pozzo verticale fino a trovare lo strato giusto e poi da lì bisogna scavare in orizzontale lungo lo strato. C'è poi un'altra complicazione: per rompere la roccia e non disperdere il gas occorre introdurre acqua a pressione e una consistente quantità di acidi. Nella figura qui accanto si vede il sistema che deve essere adottato

Negli USA gli scisti bituminosi sono presenti in quasi tutta la nazione (almeno nei cosiddetti “Stati Uniti continentali” ), come si vede da questa cartina.
La ricerca sugli scisti bituminosi si è poi spostata anche in Canada (nell'Alberta) e attualmente promette bene il Venezuela.
Per quanto riguarda l'Europa, Germania e Polonia sembrano candidate ideali, ma è tutta la zona orientale, fino agli Urali, che potrebbe dare delle gradite sorprese.

Il costo del loro sfruttamento ai fini dell'estrazione di gas è elevato, per cui in un'era di gas e petrolio abbondanti ed a basso costo nessuno pensava alla necessità a queste risorse. Oggi, invece, il costo degli idrocarburi, comincia ad essere tale da renderli giacimenti interessanti.

Gli scisti bituminosi stanno riscrivendo la storia delle riserve mondiali di metano: gli USA addirittura vogliono diventare esportatori di gas, da importatori che sono. Allo scopo sono in studio grosse trasformazioni del sistema di stoccaggio e movimentazione del gas della costa orientale del Paese.

Gli ambienti ecologisti sono ovviamente contrari a questo genere di attività, anche se sostituendo il carbone con il gas naturale, l'inquinamento a parità di energia prodotta appare inferiore. E non solo per la questione delle emissioni, che usando il metano degli scisti bituminosi al posto di energie rinnovabili continuerebbero ad accumularsi in atmosfera: la produzione di metano dagli scisti bituminosi necessita l'iniezione nei pozzi di liquidi ad altra pressione per rompere le rocce, accompagnata dall'uso di composti chimici che vengono aggiunti per facilitare la rottura delle argilliti. Quindi la produzione di gas dagli scisti bituminosi mette a rischio le riserve d'acqua, sia per il loro semplice utilizzo che per l'inquinamento dovuto a queste sostanze.
C'è poi il rischio che la roccia sovrastante sia interessata da crolli e che quindi si possano innescare fastidiosi fenomeni di subsidenza: tutti fenomeni che presentano una concreta possibilità di ripercussioni fino sulla superficie, con possibili ripercussioni sulla stabilità degli edifici e per il sistema della circolazione dell'acqua delle falde acquifere.

Ho scritto che usando metano al posto del carbone l'inquinamento a parità di energia prodotta appare inferiore. Questo perchè secondo Robert W. Howarth della Cornell University durante l'estrazione ci sarebbero significative immissioni dirette di metano in atmosfera, tali da raddoppiare la quantità delle emissioni per unità di energia. Una cosa in cui è sostanzialmente d'accordo anche il il Servizio Geologico della Pennsylvania (che chissà come mai in questo periodo sta ricevendo copiosi finanziamenti....): in una sua pubblicazione di due anni fa asserisce che, con le tecnologie attuali, fra gas costretto in tasche che non verranno sfruttate e gas estratto che sfugge prima dell'immagazzinamento, la percentuale recuperata sul totale di quello disponibile si attesterà al massimo su un 5% delle risorse totali. 

Adesso su questi argomenti registriamo una novità interessante: una compagnia impegnata nell'estrazione di gas in Pennsylvania, la Chief Oil & Gas, annuncia che in maniera del tutto volontaria invierà ai dipartimento di protezione ambientale della Pennsylvania e del West Virginia informazioni dettagliate sugli additivi usati nel processo di fratturazione idraulica dei pozzi.
È chiaro ed evidente, dunque, che la legislazione degli Stati Uniti e quella di questi Stati in particolare consente attualmente di utilizzare qualsiasi additivo senza farne comunicazione alle autorità.
In qualche cosa, almeno teoricamente, siamo superiori agli USA, almeno dal punto di vista legale.... In Italia non è certo permesso immettere materiali sottoterra senza dichiararlo. Almeno teoricamente...

2 commenti:

nicola ha detto...

secondo me attraverso una ricerca specifica nel campo dello sfruttamento degli scisti bituminosi, si può trovare un metodo per estrarre petrolio e gas dagli scisti bituminosi a costi economicamente convenienti

nino ha detto...

Ma cosa dici, Nicola, informati su tutte le porcherie che bisogna iniettare nel suolo con acqua ad alta pressione con pericolo di inquinamneto delle falde acquifere ( in USA hanno fatto vedere che accendevono i vapori di gas da un contenitore di "acqua potabile" ! )...ma sarebbe troppo lungo esporre tutte le ragioni che condannano questa tecnica. Meno male che in Francia il movimento "anti schisti ha bloccato questa pazzia!