L'unica traccia di attività geologica in corso in Scandinavia è un forte sollevamento, con epicentro nel golfo di Botnia, e che procede ad un ritmo dell'ordine del centimetro l'anno. In alcuni punti, osservando delle paleospiagge, si ottiene un valore totale del fenomeno di ben 300 metri (in poco piùdi 10.000 anni non è proprio poca cosa...). Nel golfo di Botnia sono documentati progressivi spostamenti degli insediamenti abitativi a causa dell'arretramento della linea di costa. Notoriamente questo fenomeno è associato alla scomparsa della spessa calotta glaciale che ricopriva la regione fino a poche migliaia di anni fa e non è associato a nessuna risposta sismica.
Per il resto la Scandinavia non è propriamente nota per essere una regione sismicamente attiva, tutt'altro: un terremoto con M=3 “fa notizia” e si conoscono nella storia pochi eventi che, a parte qualche danno, non dovrebbero aver provocato morti. La storia recente (in senso geologico...) della Scandinavia comunque non è tranquillissima: sembra che circa 20 milioni di anni fa ci sia stato un forte sollevamento (circa 2 km) avente come centro la Svezia meridionale, di cui ancora non si conosce la causa. Escluso uno scioglimento di ghiacci, che ancora non si erano formati, sono stati ipotizzati vari meccanismi geofisici, collegati alla dorsale medioatlantica e all'Islanda oppure alla presenza di flussi di materiale nella astenosfera sottostante. Anche il settore danese e quello del mare del Nord sono stati interessati da movimenti simili in tempi antecedenti.
E' stato quindi molto sorprendente vedere tracce di liquefazione del terreno e di frane, datate a circa 10.000 anni fa, chiaramente riferibili a terremoti piuttosto intensi: studiando le faglie, ben visibili a causa della poca copertura vegetale, si ricava un valore per la magnitudo di circa 8 gradi. Considerando la bassa profondità devono essere stati eventi terribili e non stupisce che abbiano lasciato delle forti evidenze. Il problema è cosa possa aver causato questi terremoti totalmente inaspettati viste le caratteristiche geofisiche dell'area.
C'è una coincidenza temporale con il quasi contemporaneo scioglimento della calotta glaciale. Questo dato è un po' troppo stringente per essere casuale. Una ulteriore conferma che i terremoti debbano essere in qualche modo correlati alla deglaciazione è il loro spostamento progressivo: iniziati nel sud della Svezia 12.000 anni fa si sono spostati verso il nord con una certa regolarità fino a interessare la Lapponia 9.000 anni fa.
Inoltre sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo perchè ho trovato solo voci frammentarie in materia) che anche alla fine della “piccola era glaciale”, verso la fine del medioevo, la Scandinavia sia stata interessata da alcuni terremoti: anche in questo caso si verrebbe a creare un legame fra deglaciazione e fenomeni sismici.
Ci sono due possibilità: o il rilascio improvviso del peso sovrastante ha innescato un campo di sforzi tale da provocare questi terremoti, oppure il peso di una calotta ghiacciata in qualche modo impedisce, o limita molto, il movimento di rottura delle faglie nella crosta sottostante. Ne segue un accumulo di energia elastica anomalmente alto per la zona che quindi si è liberato improvvisamente, al rilascio della pressione. I due modelli differiscono fra loro sulla azione della calotta: nel primo il rilascio di pressione è la causa dei terremoti, nel secondo li rende suoi “effetti collaterali”.
Il secondo modello è quello attualmente preferito. A questo proposito è stato sviluppato un modello matematico molto sofisticato, che lo ha confermato. Secondo Andrea Hempel, della Università di Bochum, nel modello la presenza di una calotta impedisce lo sviluppo dei terremoti, mentre il suo scioglimento li promuove. In più, aumentando lo spessore della calotta, aumenta anche l'intensità delle scosse al momento della deglaciazione
Questa situazione ha delle forti implicazioni con il presente: l'influenza di una calotta sui movimenti delle faglie è una spiegazione plausibile sulla bassissima sismicità, ad esempio, dell'Antartide e della Groenlandia. E' quindi possibile (se non addirittura probabile...) che l'eventuale scoglimento, anche parziale, delle loro calotte polari, possa scatenare fenomeni simili. Sembra che la sismicità stia cominciando ad aumentare già in zone circoscritte deglaciate dell'Alaska, pur senza raggiungere i valori scandinavi, probabilmente per il basso spessore del ghiaccio preesistente. La situazione dello stato americano è particolarmente delicata perchè al contrario delle altre zone, qui siamo in un ambiente geologicamente molto attivo ed in cui si registrano continuamente, nella fascia pacifica, terremoti di forte intensità.
Terremoti associati al rilascio di pressione possono essere collegati ad altre situazioni, come la perdita di ingenti masse d'acqua. Il modello infatti è stato applicato anche per spiegare degli intensi paleosismi avvenuti nello Utah, in corispondenza dell'improvviso svuotamento di un lago.
Per il resto la Scandinavia non è propriamente nota per essere una regione sismicamente attiva, tutt'altro: un terremoto con M=3 “fa notizia” e si conoscono nella storia pochi eventi che, a parte qualche danno, non dovrebbero aver provocato morti. La storia recente (in senso geologico...) della Scandinavia comunque non è tranquillissima: sembra che circa 20 milioni di anni fa ci sia stato un forte sollevamento (circa 2 km) avente come centro la Svezia meridionale, di cui ancora non si conosce la causa. Escluso uno scioglimento di ghiacci, che ancora non si erano formati, sono stati ipotizzati vari meccanismi geofisici, collegati alla dorsale medioatlantica e all'Islanda oppure alla presenza di flussi di materiale nella astenosfera sottostante. Anche il settore danese e quello del mare del Nord sono stati interessati da movimenti simili in tempi antecedenti.
E' stato quindi molto sorprendente vedere tracce di liquefazione del terreno e di frane, datate a circa 10.000 anni fa, chiaramente riferibili a terremoti piuttosto intensi: studiando le faglie, ben visibili a causa della poca copertura vegetale, si ricava un valore per la magnitudo di circa 8 gradi. Considerando la bassa profondità devono essere stati eventi terribili e non stupisce che abbiano lasciato delle forti evidenze. Il problema è cosa possa aver causato questi terremoti totalmente inaspettati viste le caratteristiche geofisiche dell'area.
C'è una coincidenza temporale con il quasi contemporaneo scioglimento della calotta glaciale. Questo dato è un po' troppo stringente per essere casuale. Una ulteriore conferma che i terremoti debbano essere in qualche modo correlati alla deglaciazione è il loro spostamento progressivo: iniziati nel sud della Svezia 12.000 anni fa si sono spostati verso il nord con una certa regolarità fino a interessare la Lapponia 9.000 anni fa.
Inoltre sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo perchè ho trovato solo voci frammentarie in materia) che anche alla fine della “piccola era glaciale”, verso la fine del medioevo, la Scandinavia sia stata interessata da alcuni terremoti: anche in questo caso si verrebbe a creare un legame fra deglaciazione e fenomeni sismici.
Ci sono due possibilità: o il rilascio improvviso del peso sovrastante ha innescato un campo di sforzi tale da provocare questi terremoti, oppure il peso di una calotta ghiacciata in qualche modo impedisce, o limita molto, il movimento di rottura delle faglie nella crosta sottostante. Ne segue un accumulo di energia elastica anomalmente alto per la zona che quindi si è liberato improvvisamente, al rilascio della pressione. I due modelli differiscono fra loro sulla azione della calotta: nel primo il rilascio di pressione è la causa dei terremoti, nel secondo li rende suoi “effetti collaterali”.
Il secondo modello è quello attualmente preferito. A questo proposito è stato sviluppato un modello matematico molto sofisticato, che lo ha confermato. Secondo Andrea Hempel, della Università di Bochum, nel modello la presenza di una calotta impedisce lo sviluppo dei terremoti, mentre il suo scioglimento li promuove. In più, aumentando lo spessore della calotta, aumenta anche l'intensità delle scosse al momento della deglaciazione
Questa situazione ha delle forti implicazioni con il presente: l'influenza di una calotta sui movimenti delle faglie è una spiegazione plausibile sulla bassissima sismicità, ad esempio, dell'Antartide e della Groenlandia. E' quindi possibile (se non addirittura probabile...) che l'eventuale scoglimento, anche parziale, delle loro calotte polari, possa scatenare fenomeni simili. Sembra che la sismicità stia cominciando ad aumentare già in zone circoscritte deglaciate dell'Alaska, pur senza raggiungere i valori scandinavi, probabilmente per il basso spessore del ghiaccio preesistente. La situazione dello stato americano è particolarmente delicata perchè al contrario delle altre zone, qui siamo in un ambiente geologicamente molto attivo ed in cui si registrano continuamente, nella fascia pacifica, terremoti di forte intensità.
Terremoti associati al rilascio di pressione possono essere collegati ad altre situazioni, come la perdita di ingenti masse d'acqua. Il modello infatti è stato applicato anche per spiegare degli intensi paleosismi avvenuti nello Utah, in corispondenza dell'improvviso svuotamento di un lago.
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