venerdì 25 ottobre 2024

Lettera aperta degli scienziati del clima al Consiglio dei ministri nordico - Reykjavik, ottobre 2024: il possibile blocco della circolazione in Atlantico e le sue conseguenze


Pubblico tradotta in italiano la lettera inviata al Consiglio dei ministri nordico (organismo composto da Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Islanda con rappresentanze nei Paesi Baltici) da 40 scienziati. Sono sicuramente meno dei famosi 500 firmatari della lettera che diceva che il Global Warming è una tavanata galattica, ma la differenza fondamentale è che questi 40 sono davvero climatologi, mentre quei 500 facevano tutt’altro e quindi per chi li considera climatologi io sono un fisico delle particelle. La situazione è molto seria a causa del possibile blocco della AMOC, e cioè l'inversione verso sud della circolazione dell'Atlantico. Un suo blocco a sua volta causerebbe il blocco della Corrente del Golfo. 

L’originale in inglese si trova qui.
Qui ho parlato anni fa della AMOC e del possibile blocco della Corrente del Golfo. 

Noi sottoscritti siamo scienziati che lavorano nel campo della ricerca sul clima e riteniamo sia urgente richiamare l'attenzione del Consiglio dei ministri nordico sul grave rischio di un importante cambiamento della circolazione oceanica nell'Atlantico. Una serie di studi scientifici degli ultimi anni suggerisce che questo rischio sia stato finora ampiamente sottovalutato. Un tale cambiamento della circolazione oceanica avrebbe impatti devastanti e irreversibili soprattutto per i paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo. 
La Scienza conferma sempre di più la regione artica come un’area focale per la regolazione del clima in tutto il pianeta e per il rischio di arrivare al punto di non ritorno climatico. In questa regione, la calotta glaciale della Groenlandia, il ghiaccio marino del Mar di Barents, i sistemi di permafrost, la formazione di vortici subpolari in acque profonde e l'inversione verso sud della circolazione dell’Atlantico (scientificamente  nota come AMOC – Atlantic Meridional Overturning Circulation) sono tutti attori vulnerabili a importanti cambiamenti non lineari interconnessi fra loro. L'AMOC è il meccanismo dominante di trasporto di calore verso nord nell'Atlantico settentrionale, determina le condizioni di vita per tutte le persone nella regione artica e oltre ed è sempre più a rischio di superare un punto di non ritorno.
Variazione media annuale della temperatura in uno scenario ideale di raddoppio della CO2 futura in cui l'AMOC di è è completamente fermata, da Luo et al (2017).
 
Il rischio è reale e può verificarsi nell'intervallo climatico di 1,5-2 °C di riscaldamento dell'accordo di Parigi. Il mondo si sta attualmente dirigendo ben oltre questo intervallo (> 2,5 °C). Nel rapporto di sintesi dell'IPCC (2023) si afferma con elevata sicurezza che la probabilità di cambiamenti bruschi o irreversibili nel sistema climatico aumenterà con il livello di riscaldamento globale e, analogamente, aumenta anche la probabilità di scenari che possono essere considerati di bassa probabilità ma sono associati a impatti negativi potenzialmente molto grandi. L'IPCC specifica inoltre che "i rischi associati a eventi singolari su larga scala o punti di non ritorno ... passano a un rischio elevato tra 1,5°C e 2,5°C" di riscaldamento globale".
Un recente rapporto dell'OCSE ha concluso che "le attuali prove scientifiche supportano inequivocabilmente la necessità di una azione climatica senza precedenti, urgente e ambiziosa per affrontare i rischi dei punti di svolta del sistema climatico". 
Per quanto riguarda specificamente il rischio del blocco della AMOC, l'IPCC conclude che "c'è una media sicurezza che la circolazione oceanica atlantica non si bloccherà bruscamente prima del 2100, ma se ciò dovesse verificarsi, molto probabilmente la cosa causerebbe bruschi cambiamenti nei modelli meteorologici regionali e grandi impatti sugli ecosistemi e sulle attività umane".
Ricerche recenti dall'ultimo rapporto dell'IPCC suggeriscono che l'IPCC abbia sottovalutato questo rischio e che il superamento di questo punto di non ritorno sia una seria possibilità già nei prossimi decenni.

Nonostante le significative ricerche sulla possibilità e sui meccanismi che possono determinare il blocco della AMOC, la probabilità che ciò accada rimane altamente incerta. Lo scopo di questa lettera è di richiamare l'attenzione sul fatto che solo una "media sicurezza" che l'AMOC non si blocchi non è rassicurante e lascia chiaramente aperta la possibilità che succeda addirittura durante questo secolo. E c'è una probabilità ancora maggiore che il blocco venga innescato in questo secolo ma si verifichi completamente solo nel prossimo. Considerate le crescenti prove di un rischio più elevato di un collasso dell'AMOC, riteniamo sia di fondamentale importanza che i rischi di un punto di non ritorno artico siano presi sul serio nella governance e nelle politiche. Anche con una probabilità media di accadimento, dato che l'esito sarebbe catastrofico e avrebbe un impatto sull'intero mondo per secoli a venire, riteniamo che sia necessario fare di più per ridurre al minimo questo rischio. Gli impatti, in particolare sui Paesi nordici, sarebbero probabilmente catastrofici, incluso un importante raffreddamento nella regione mentre le regioni circostanti si riscaldano, come in Figura. Ciò rappresenterebbe un ampliamento e un approfondimento della "macchia fredda" che si è già sviluppata sull'Oceano Atlantico subpolare e probabilmente porterebbe a condizioni meteorologiche estreme senza precedenti. Mentre gli impatti sui modelli meteorologici, sugli ecosistemi e sulle attività umane giustificano ulteriori studi, minaccerebbero potenzialmente la fattibilità dell'agricoltura nell'Europa nordoccidentale. Molti altri impatti saranno probabilmente avvertiti a livello globale, tra cui:
  • uno spostamento delle fasce pluviali tropicali
  • una riduzione dell'assorbimento oceanico di anidride carbonica (e quindi un aumento atmosferico più rapido) 
  • un ulteriore importante innalzamento del livello del mare, in particolare lungo la costa atlantica americana
  • uno sconvolgimento degli ecosistemi marini e della pesca 

Riconoscendo che l'adattamento a una catastrofe climatica così grave non è un'opzione praticabile, esortiamo il Consiglio dei ministri nordici a:
(a) avviare una valutazione di questo rischio significativo per i paesi nordici
(b) adottare misure per ridurre al minimo tale rischio il più possibile. 

Ciò potrebbe comportare lo sfruttamento della solida posizione internazionale dei paesi nordici per aumentare la pressione per una maggiore urgenza e priorità nello sforzo globale per ridurre le emissioni il più rapidamente possibile, al fine di rimanere vicini all'obiettivo di 1,5 °C stabilito dall'accordo di Parigi.

Seguono 40 (autorevoli!) firme, che non pubblico per brevità ma che sono visibili ovviamente sullo stesso sito in cui è pubblicata la lettera

Considerazioni personali: il pessimismo è d’obbligo anche perché come al solito i modelli passati continuano a rivelarsi ottimistici e perché lo scollamento fra mondo scientifico e società civile, anziché diminuire, si sta allargando a causa di irresponsabili spinte demagogiche che soffiano sulle ricadute civili, sociali ed economiche di un ripensamento del nostro modo di vivere.

Liu et al (2017). Overlooked possibility of a collapsed Atlantic Meridional Overturning Circulation in warming climate. Science Advances, 7 (2017). https://doi.org:10.1126/sciadv.1601666 

mercoledì 16 ottobre 2024

Origine ed evoluzione degli Pterosauri


I rettili volanti mesozoici, pterosauri e pteranodonti, sono profondamente radicati nell’immaginario popolare e sono spesso ritratti in libri e film. Includono i più grandi animali volanti mai conosciuti in una storia evolutiva durata più di 150 milioni di anni, tra il Triassico superiore e la fine del Cretaceo. Sono stati non solo i primi, ma anche i più grandi vertebrati ad aver sviluppato il volo a motore, ma rappresentano anche l'unico grande gruppo di vertebrati volanti attivi che si è estinto (nel mesozoico vivevano anche diversi mammiferi non placentati volatori come Volaticotherium antiquum, i quali però non risultano essere mai andati oltre alla fase del volo planato). Gli pterosauri sono stati i protagonisti di una delle principali radiazioni evolutive negli ecosistemi terrestri dell'era mesozoica, occupando nicchie ecologiche in cui erano importanti sia il volo che la camminata (quadrupede). Questo duplice adattamento ha portato a una vasta gamma di strategie di alimentazione, tra cui lo sviluppo di denti aghiformi per alimentarsi filtrando l’acqua, o musi dotati di un becco analogamente agli uccelli moderni.
L'origine di questo clade è stata molto dibattuta, ma le ultime ricerche hanno confermato la stretta parentela fra Pterosauri e Dinosauri, insieme ad un terzo gruppo di arcosauri, i Lagerpetidi, classici esempi di arcosauri bipedi corridori del Triassico.

immagine di uno pterosauro in una rivista inglese del 1870
FINALMENTE RISOLTA L’ORIGINE DEGLI PTEROSAURI. Gli pterosauri più antichi conosciuti:
  • avevano già un piano corporeo altamente specializzato legato alla loro capacità di volare
  • a complicare le cose, questi primi esemplari sono piccoli, scarsi numericamente e generalmente rappresentati da scheletri parziali compressi durante la sedimentazione. 
La mancanza di fossili attestanti i primi passaggi da animali terrestri a forme capaci di volare ha quindi reso complicato capire la loro parentela con gli altri rettili, determinando una delle domande più elusive nell'evoluzione dei vertebrati per oltre 200 anni.
Nella letteratura scientifica c’è un generale accordo sull’appartenenza degli pterosauri agli arcosauri. Questo importante gruppo di rettili originatosi nel Permiano superiore è uscito decisamente alla ribalta all'imizio del Triassico subito dopo l’estinzione di massa della fine del Permiano, quando sono stati protagonisti di una incredibile e rapidissima radiazione evolutiva, che complica non poco una visione immediata delle relazioni fra i vari gcladi che si sono evoluti. La divisione basale degli arcosauri, che si presume sia avvenuta subito dopo l’inizio del Triassico, è fra Pseudosuchia o Crurotarsi (gli arcosauri più vicini ai coccodrilli) e Avemetatarsalia: questi ultimi comprendono dinosauri – uccelli e altri gruppi sia erbivori che carnivori. 
Dopo la grande fioritura triassica già al passaggio Triassico - Giurassico gli arcosauri risultano quasi tutti estinti a parte i loricati (coccodrillomorfi) tra gli Pseudosuchi, e fra gli Avemetatarsalia i dinosauri e gli pterosauri (non c’è accordo sulla posizione dei coristorderi, estintisi a metà del Terziario: per alcuni sono arcosauri, per altri no).
Comunque la maggior parte delle analisi concordano sul posizionamento degli pterosauri nella linea di dinosauri e uccelli (quindi negli Avemetatarsalia). Ma altre analisi ne ipotizzano una parentela con gruppi di arcosauri molto antichi come i Tanistrofei o addirittura derivati da forme che si sono separate dagli altri arcosauri molto presto, già subito all’inizio del Triassico e quindi addirittura prima della separazione fra Pseudosuchia e Avemetatarsalia. In mancanza di fossili e – ovviamente – di dati genetici, si può ipotizzare parecchie possibilità (anche se – altrettanto ovviamente - ci vuole una certa ragionevolezza). Per chi fosse interessato un ottimo riassunto della storia delle idee sul posizionamento dei rettili volanti si può leggere in Baron (2021).
Finalmente Ezcurra et al (2020) hanno riconosciuto che gli pterosauri sono “cugini primi” dei Lagerpetidi. Si tratta di arcosauri bipedi corridori di piccole e medie dimensioni (solitamente lunghi meno di 1 m), provenienti da rocce del Triassico medio-superiore delle Americhe e del Madagascar: una morfologia piuttosto comune all’epoca, comune per esempio negli antenati dei dinosauri e dei coccodrilli. Lagerpetidi e Pterosauri condividono diversi caratteri anatomici i quali non possono che essere derivati da un antenato comune (in biologia cladistica si chiamano sinapomorfie.
Questa scoperta sostanzialmente:
  • accorcia il divario temporale e morfologico tra gli pterosauri più antichi e i loro parenti più stretti
  • rafforza l'evidenza che gli pterosauri appartengono alla linea degli arcosauri vicina a dinosauri e uccelli e non a quella dei coccodrilli.
Sul “quando” i primi pterosauri abbiano iniziato a diventare pterosauri non ho trovato molto. Essendo comunque un evento collocabile nel Triassico superiore suggerisco una contemporaneità con l’origine dei coccodrilli e dei dinosauri nel quadro dell’evento pluviale carnico, una fase ad accelerato turn-over della biodiversità.

Le enormi dimensioni di Quetzalcoatlus northropi
L’EVOLUZIONE ALL’INTERNO DEL CLADE PTEROSAURIA E IL GIGANTISMO. I primi pterosauri erano creature abbastanza piccole: solo in seguito hanno mostrato quella serie di adattamenti evolutivi che hanno permesso agi loro discendenti di raggiungere dimensioni enormi.
Smyth et al (2024) hanno evidenziato come i primi pterosauri fossero altamente specializzati nell'arrampicata, con modifiche di mani e piedi simili a quelle riscontrate negli animali arrampicatori odierni. Tale stile di vita ne limitava le dimensioni, poiché l'arrampicata è maggiormente gestibile per animali di ridotte dimensioni.
Tuttavia, durante il Giurassico medio, gli pterosauri svilupparono caratteristiche più adatte al movimento a terra. In particolare queste trasformazioni hanno interessato arti e membrane di volo: 
  • negli arti le ossa delle dita diventarono più lunghe e gli artigli più piatti e meno curvi. 
  • le membrane di volo, che nelle specie arboree collegavano i loro arti posteriori limitando i movimenti a terra, si separarono, consentendo una migliore indipendenza fra loro dei piedi.
Queste modifiche hanno migliorando significativamente le capacità di cammino e di corsa degli pterosauri.
Il passaggio a terra è stato determinante perché ha consentito agli pterosauri di evolvere strategie di alimentazione molto diverse, comprese quelle che sfruttavano ampiamente il volo e il raggiungimento di dimensioni corporee importanti, fino ad arrivare alla apertura alare di 11 metri di Quetzalcoatlus northropi, il cui corpo aveva circa le dimensioni di una attuale giraffa.

BIBLIOGRAFIA

Baron (2021). The origin of Pterosaurs. Earth-Science Reviews 221-103777 

Excurra et al (2020). Enigmatic dinosaur precursors bridge the gap to the origin of Pterosauria. Nature 588, 445-449

Smyth et al (2024). Hand and foot morphology maps invasion of terrestrial environments by pterosaurs in the mid-Mesozoic. Current Biology 34, 1–14


lunedì 14 ottobre 2024

Gas-serra (in particolare CO2) e riscaldamento globale: alcune considerazioni


Quando ho parlato del dissesto idrogeologico, qualcuno mi ha accusato di parlare in maniera ideologia avendo citato il riscaldamento globale fra i problemi. Eh, no... al contrario, io ho tirato fuori i dati e una loro interpretazione che, occamisticamente parlando, è quella più ragionevole. Quindi ribalto l'accusa di essere portatori di ideologia a chi nega lo stato delle cose. Gente che, oltretutto, a partire dai zichicchirichiani (seguaci di uno che spara idiozie a caso su clima e non solo, anche evoluzione, per esempio), segue la campana di gente che di climatologia e di storia della Terra non se ne è mai occupata. Una volta ne ho sentito uno: ha tirato fuori delle fesserie scientificamente indecenti e mi dicono che poi abbia rifiutato di presentare una sua pubblicazione a un convegno perché non voleva dopo il suo intervento una discussione. Tipico indice di insicurezza. Vediamo il punto della situazione sul perché i gas-serra come il CO2, nonostante il bassissimo tenore atmosferico, siano un problema.

dal sito Show your stripes si nota come l'aumento delle temperature
sia assolutamente rapido e globale, mentre in alti tempi
da qualche parte le temperature aumentavano e da altre no
e senza i picchi attuali 
Nonostante le migliaia di articoli sulle più autorevoli riviste scientifiche in peer review gli sconclusionati che "il CO2 non c'entra niente", mi hanno davvero abrasato i testicoli fino a farmeli sanguinare. Che il clima terrestre vari di continuo sono io il primo a dirlo. E penso anche che molti storici non ne tengano conto e proprio su questo argomento ho fatto insieme a Marco Cappelli di Storia d’Italia anche un Caffè-Scienza (un pò lunghetto, ma è visibile qui). In una fase come la nostra, uno dei rari momenti degli ultimi 2 miliardi di anni in cui sono presenti sul nostro pianeta delle calotte glaciali, le variazioni climatiche sono ancora maggiori che in tempi “normali”. Le traiettorie termiche sono diverse zona per zona, ma se nel passato ci sono momenti in cui le curve divergevano (ad esempio in Norvegia temperature vicine a quelle attuali sono state registrate negli anni ‘30 del XX secolo), oggi tutte le curve di tutta la Terra stanno evidenziando un aumento estremamente rapido (vedi al proposito l’interessante sito show your stripes dell’università di Reading).

I climascettici comunque continuano ad imperversare sui media e sui social con i loro discorsi privi di senso e si nota sulla questione un tragico scollegamento fra il mondo scientifico e grandi fette della Società. Quando chiedi ai climascettici le fonti al limite ti mandano qualche grafico taroccato (nel senso: amputato di parte della curva) o qualche filmato da Youtube, ma – ovviamente - nessun articolo in riviste scientifiche serie. Anzi, un esame attento degli studi che pretendono di rifiutare il riscaldamento antropico fa emergere che:
  • molti dei lavori che i climascettici citano non dicono quanto asserito
  • i pochi lavori che sostengono chiaramente che il riscaldamento globale non è causato dall’uomo non fanno altro che riferirsi a miti già sfatati da tempo.
Anni fa ho provato a fare ai climascettici 6 domande, chiedendo loro di come risolvere alcune importanti variazioni nelle temperature globali senza imputare come responsabile il CO2. Quando ho riproposto il post in qualche discussione sui social non ho mai avuto risposte se non, talvolta, i soliti commenti che tentano di spostare altrove l’attenzione o battute idiote. La cosa comica è che appena la temperatura scende un po' rispetto alla media i climascettici escono dalle cantine proclamando il complotto del mondo scientifico (a favore di chi? i fornitori di Terre Rare o i costruttori di batterie?), salvo evitare di commentare quando arrivano le notizie di nuovi record al rialzo delle temperature. Dopodiché molti di essi devono decidere se negare tout court i cambiamenti oppure se è colpa di altro (preferibilmente il Sole), visto che alternativamente passano da una di queste due posizioni all'altra con una certa disinvoltura. Mi è toccato anche leggere che il CO2 viene dai mari (negando i fatti e senza spiegare come), che il riscaldamento globale sia la più grande bufala del momento, oppure che il riscaldamento in Artico sia dovuto alle emissioni di gas e lave della dorsale mediooceanica di Gakkel.

il grafico della NASa evidenzia come negli ultimi decenni si perda
la relazione fra attività solaree temperature globali 
LA FORZANTE SOLARE. Indubbiamente esistono diverse forzanti del clima e quella solare è importante: a breve i cicli undecennali e a ritmo più lento delle variazioni plurisecolari. In particolare negli ultimi millenni c’è una chiara relazione fra fasi di attività solare più elevata, che corrispondono a periodi caldi come l’optimum climatico romano e quello medievale e periodi ad attività solare meno elevata come il periodo freddo della fine del primo millennio e la piccola era glaciale. Oltre a informazioni indirette in base agli anelli di accrescimento degli alberi e vari proxy geochimici abbiamo informazioni dirette solo sugli ultimi secoli, da quando Galileo scoprì le macchie solari, che sono un’indice dell’attività del sole (nei cicli undecennali aumentano nei massimi e vanno quasi a zero nei minimi. Più è intenso un ciclo maggiore è il numero di macchie solari). Il problema attuale è che, come si vede in questo grafico, al recente aumento delle temperature non si accompagna un aumento delle macchie solari e non ci sono variazioni significative dell’energia proveniente dal Sole. Quindi il velocissimo riscaldamento attuale non ha il Sole come forzante.



L’EFFETTO SERRA. La temperatura media globale della superficie terrestre, è maggiore di circa 33°C di quella di una ipotetica Terra senza atmosfera. Questo succede a causa della presenza di gas-serra, quei gas che sono trasparenti o bloccano poco la luce proveniente dal Sole, ma che assorbono invece i raggi infrarossi del calore riemesso dalla Terra. Si genera quindi una "forzante radiativa" (cioè una differenza positiva tra il flusso di radiazioni solari entranti e quello uscente terrestre). 
Oltre al CO2, altri gas – serra importanti sono vapore d’acqua, metano, NO2 e SO2 (questo limitatamente alla troposfera: nella stratosfera si comporta un icehouse gas perché forma aerosol che bloccano i raggi solari). Il vapore d’acqua ha una parte importantissima nell’effetto-serra generale, ma non ha avuto significative variazioni recenti e quindi non ha grossi effetti generali. Li ha locali e nel brevissimo tempo: basta vedere che a parità di altre condizioni l’alba di un giorno in cui il cielo è stato terso è più fredda di quella in cui la notte il cielo è stato nuvoloso. 
Vediamo nella parte sinistra della figura qui sotto - tratta dal sito della NASA - la radiazione emessa da un corpo nero a 294K (quindi a 21°C): si nota come la maggior parte della radiazione infrarossa emessa dalla Terra si trovi nelle frequenze catturate dal vapore d’acqua e dal CO2. Ecco perché con il raddoppio in 150 anni del tenore atmosferico di CO2 sta succedendo tutto questo casino.
Quindi i gas-serra rendono possibile la vita sul nostro pianeta, ma non devono essere troppi (anche bere troppa acqua fa male…), basta vedere quello che è successo a Venere, dove non sono esistiti quei processi (fotosintesi, alterazione delle rocce silicatiche, formazione di rocce carbonatiche, idrocarburi e carboni, calotte glaciali ed altri) che sulla Terra li hanno rimossi dall’atmosfera (ne ho parlato qui, indicando come il tenore di CO2 sia stato la forzante principale delle temperature su Venere, Terra e Marte). Insomma, il CO2 è poco ma dannatamente impattante proprio perché i suoi effetti si hanno soprattutto nella parte più importante dello spettro della radiazione riflessa dalla Terra. Se il suo spettro bloccasse soprattutto radiazioni a lunghezza d’onda maggiore farebbe meno effetto.
Nel grafico di destra invece si vede come la traiettoria delle temperature, precedentemente abbastanza in sincronia con l'attività solare, ne diverge negli ultimi decenni seguendo l'aumento del CO2.

a sinistra, la differenza fra la curva teorica della radiazione emessa da un corpo nero a 294 K e la radiazione emessa dalla Terra, che evidenzia importanti lacune nelle lunghezze d'onda assorbite dai gas - serra
a destra il grafico con tenore di CO2, temperatura globale e macchie solari: la relazione fra macchie solari e temperatura diverge negli ultimi decenni all'aumento del tenore atmosferico di CO2 


il tenore atmosferico di CO2 negli ultimi 400 milioni di anni
Si nota come oggi al livello più basso di tutta la storia della Terra
IL PROBLEMA DELLE EMISSIONI DI CO2 È ACUITO DALLA FASE DELLA STORIA DELLA TERRA CHE STIAMO ATTRAVERSANDO. Noi viviamo in una fase in cui ci sono delle calotte glaciali, il che è successo poche volte nella storia del nostro pianeta.
In sintesi, come ho scritto qui, i vulcani emettono mediamente 100 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, ma di questa la maggior parte viene consumata dal sistema - Terra. Ogni tanto ad aumentare il tenore di CO2 ci pensano le Large Igneous Provinces (in sigla LIP), termine introdotto nel 1991 da Coffin e Eldholm (1991) per definire una vasta serie di lave (in genere basalti e il loro corrispondente intrusivo, i gabbri), che rappresentano la messa in posto sopra e nella parte superiore della crosta di ingenti quantità di magmi provenienti dal mantello. Vengono emessi centinaia di migliaia di km cubi, se non milioni di lave (in genere basaltiche) e ad esempio i basalti del Deccan occupano un quarto dell’India peninsulare.
Il massimo termico nel Cretaceo superiore al passaggio Cenomaniano - Turoniano circa 95 miloni di anni è stato causato dalla forte attività di LIP, che ha contraddistinto il Mesozoico, attività che però in seguito è diminuita drasticamente: da quel momento si siono messi in posto soltanto i basalti del Deccan al passaggio Cretaceo – Paleocene e i basalti dell’Atlantico settentrionale al passaggio Paleocene – Eocene (rispettivamente 65 e 55 milioni di anni fa) e in seguito solo due LIP minori (Columbia River e Afar). Così il tenore di CO2 ha continuato a diminuire. Quando poi l’Antartide è finita al Polo Sud, da cui non si è più mossa, la formazione della calotta polare ne ha sequestrato un quantitativo importante. Il risultato è che noi viviamo in un momento in cui il tenore di CO2 naturale è bassissimo e l’umanità sta agendo esattamente come un Large Igneus Province, ma con un tasso di emissioni ben superiore.

l'Italia attuale: con il tenore di CO2
e le temperature del Pliocene 
buona parte delle aree oggi costire sarebbe sommersa

IL TENORE DI CO2 È STATO BEN PIÙ ALTO NEL PASSATO ANCHE RECENTE, MA COME ERA LA TERRA? Guardiamo al Pliocene: il tenore di CO2 era più o meno come quello attuale, circa 400 parti per milione (Bartoli et al, 2011), ben oltre le 280 PPM di quello preindustriale. Però all’epoca senza la calotta glaciale artica il mare era ben più alto di adesso. Per ricostruire come sarebbe la geografia dell'Italia attuale ma con il livello marino del Pliocene basta considerare che in prima approssimazione buona parte delle aree in verde scuro sarebbero sotto il livello del mare (c'è una approssimazione perché la connessione fra quota topografica e un più alto livello del mare non è automatica perchè non considera le dinamiche della sedimentazione fluviale). All'epoca nei fiumi del Bel Paese nuotavano coccodrilli e nei boschi era pieno di scimmie: insomma, la fauna era non a caso quella tropicale. Ed è quello che si sta rischiando adesso: l'aumento del livello del mare mette in pericolo le zone costiere (solo un forte aumento del trasporto solido dei fiumi e delle alluvioni che lo depositano potrebbe limitare il fenomeno) e entro breve tempo dalle nostre parti potrebbero prosperare malattie tropicali; le faune dei mari caldi arrivano motu proprio dal Mar Rosso mentre altri invasivi di clima caldo arrivano grazie ai trasporti merci e passeggeri.
Da notare, comunque, che l’aumento del tenore di CO2 atmosferico può provocare, a causa dei cambiamenti climatici, giganteschi problemi per l’umanità tra aumento di fenomeni estremi (alluvioni devastanti e siccità in aree molto popolate), aumento del livello del mare ed altro, ma la biosfera, peraltro attualmente in forte difficoltà per la pressione antropica, riuscirà comunque ad adeguarsi. 
In gioco quindi non c’è la vita sulla Terra, ma la sopravvivenza dell’Umanità come la conosciamo.
 

BIBLIOGRAFIA CITATA

Bartoli et al (2011) Atmospheric CO2 decline during the Pliocene intensification of Northern Hemisphere glaciations Paleoceanography, VOL. 26, PA4213

Coffin e Eldhom (1994): Large Igneous Provinces: crustal structure, dimensions, and external consequences.Reviews of Geophysics 32, 1-36



giovedì 3 ottobre 2024

il dramma del dissesto idrogeologico in Italia: motivi e possibili soluzioni


ITALIA, ABBIAMO UN PROBLEMA. Il dissesto geologico in Italia è ormai cronico e tutte le volte che in questa stagione una perturbazione sta per arrivare in Italia gli addetti del settore incrociano le dita. In questi giorni, passate le alluvioni che hanno fatto danni e morti geologi ed ingegneri idraulici rilasciano di continuo interviste in svariate testate giornalistiche (televisioni, radio, carta stampata e online) del “bel Paese” (termine peraltro coniato proprio da un geologo). Questa fase in genere dura una quindicina di giorni del post-catastrofe, dopodichè silenzjo fino all’evento successivo. Deve essere chiaro che eventi simili a quelli degli ultimi anni sono avvenuti normalmente pure in passato, ma ciò che è cambiato è la frequenza con la quale accadono, a causa dei cambiamenti climatici. Paghiamo così decenni di mala gestione di un territorio fragile e difficile come quello italiano, malagestione che purtroppo perdura anche adesso, e tornare indietro è praticamente impossibile. E come ripete spesso il buon Nicola Casagli, se cadono 200, 300, 400 millimetri di pioggia in poche ore non c’è terreno che tenga, a parte Liguria e alta Toscana (bacini di Magra e Serchio), dove per contenere fino a 300 mm i fiumi sono abbastanza bene attrezzati.

LE RAGIONI DEL PROBLEMA

i tronchi bloccati da un fiume in Romagna nel settembre 2024
TRONCHI, ALVEI E VERSANTI. Il mantra del momento al bar sport è che con la pulizia degli alvei e con il loro abbassamento non sarebbe successo niente. Del perché scavare gli alvei sia una fesseria rimando a questo post. Di recente, a proposito della Romagna, i soliti soggetti hanno messo in evidenza i tronchi bloccati a monte dei ponti, additandoli come il problema, dicendo che la colpa è di quello e non del riscaldamento globale (che alle volte negano, altre volte dicono che è naturale e in ogni caso il CO2 non c’entra niente). Di sicuro il problema non sono i tronchi, ma i ponti quando rappresentano ostacoli alla corrente (con ponti “fatti bene” sarebbero tranquillamente passati). Quanto alla loro origine, questi danno per assodato che i tronchi provengano dagli alvei; io invece penso che, a causa delle frane innescate dalle piogge, vengano dai versanti, i quali fra deforestazione post unitaria e recente abbandono delle campagne sono messi male. Si, è vero che le aree boscate stanno aumentando, ma sono boschi “giovani” su terreni spesso problematici im versanti decisamente delicati. 

I FIUMI. Come ho fatto notare spesso, ci sono state una serie di operazioni, tutte logiche all’epoca della loro realizzazione, ma che purtroppo nei secoli hanno tutte concorso a peggiorare lo stato dei fiumi e soprattutto la loro reazione alle piogge. Ne ho parlato qualche anno fa evidenziando la necessità di costruire un nuovo mondo intorno ai fiumi e l’ho ribadito anche in una recente intervista al TG1. Riassumendo quello che potete leggere in quel post, tali operazioni sono state:
  • le bonifiche, con l’eliminazione di paludi e lagune; queste però erano zone in cui venivano stoccate le piene dei fiumi (e che ne alimentavano le magre)
  • le rettifiche ed i restringimenti degli alvei ne hanno diminuito la portata utile e velocizzato la corrente; di conseguenza le bocche degli affluenti sono più vicine fra loro, con un maggiore rischio che le piene dei tributari si sommino, anzichè passare ad intervalli
  • durante le bonifiche è stato sempre realizzato un insieme di canali per scolmare le acque evitandone il ristagno. Ma nelle aree urbanizzate i canali sono stati distrutti e quindi l’acqua arriva nel fiume in un tempo molto minore di prima
  • da ultimo i tombamenti, realizzati in genere con portate insufficienti. Seveso e Bisagno sono i casi più clamorosi, ma ci sono centinaia di aste fluviali assoggettate a questi interventi e per esempio nell’alluvione del 2 novembre 2023 sono stati nel pratese teatro di episodi gravissimi.
Insomma, qualsiasi intervento fatto sul reticolo fluviale ha avuto conseguenze nefaste per la situazione odierna: restringere, rettificare o e finanche tombare i fiumi, costruirci ponti bassi e a più campate che rendono la sezione insufficiente e non curarne il territorio intorno è come entrare indifesi nella gabbia di una tigre: non c’è scampo, specialmente quando la tigre ha fame.

nelle zone urbanizzate si sono persi i canali di bonifica. Da NE: Prato, Campi Bisenzio e la parte NE di Firenze

IL MASSICCIO CONSUMO DEL SUOLO. Abbiamo costruito dappertutto con una disinvoltura degna di ben altra causa, fregandosene di trovarsi su pendii instabili o in aree alluvionabili (golene dei fiumi comprese). Personalmente mi sono trovato davanti ad alcuni casi in cui il significato recondito delle conclusioni di chi ha fatto le indagini a seguito di un movimento franoso suona più o meno così: “se nessuno avesse rotto le scatole al versante, questo non sarebbe franato”. Stendiamo poi un velo pietoso su costruzioni realizzate in aree che si erano alluvionate pochi decenni (o anni) prima, senza che venissero fatte preventivamente opere di mitigazione del rischio (o, meglio, della pericolosità).
E l’andazzo prosegue, perchè tutti gli anni gli appositi rapporti ISPRA evidenziano come il consumo di suolo non accenna a diminuire. Il che in un periodo di stagnazione economica e demografica può apparire una contraddizione. Un aspetto fondamentale della questione è che l’edilizia non dovrebbe essere nell’economia di un Paese avanzato un settore trainante, invece purtroppo siamo quasi ancora a livello di “quando il muratore lavora, tutti lavorano e tutti hanno una abitazione”. Ma se questo lo disse Amintore Fanfani a proposito del piano casa 1949 purtroppo questa equazione viene considerata valida ancora oggi,
quando l’edilizia continua a rappresentare un settore trainante dell’economia e una “occasione di sviluppo”.
Inoltre la cosa peggiore è che si preferisce costruire su un terreno vergine anziché su un’area dismessa, perché coprire il nuovo costa molto meno che recuperare il vecchio (a partire dalle problematiche burocratiche dello smaltimento di quello che c’è da sgombrare…).

IL CLIMA CHE CAMBIA. Il riscaldamento globale, che soltanto qualche personaggio con un forte bias mentale può ritenereuna bufala, sta cambiando il modo con cui piove nel nostro Paese. Quello che pare strano, ma è vero, è che in Italia piove più che in Gran Bretagna. Ma da loro di acqua ne viene giù poca tutti i giorni, da noi ne viene tanta in pochi. E quel tanta sta aumentando e i pochi stanno diminuendo: avremo la stessa quantità di pioggia ma in ancora meno giorni e soprattutto pioverà in maniera più violenta e concentrata su aree ristrette

MA ALLORA COSA SI POTREBBE FARE?

consumo di suolo, ISPRA 2024
È chiaro quindi che gli eventi pluviali violenti non solo continueranno, ma aumenteranno ulteriormente di frequenza e personalmente, proprio per il nuovo regime pluviale, più sono ridotte le dimensioni dei loro bacini idrografici, più i torrenti mi fanno paura. Ad esempio a Firenze ho più preoccupazioni per l’Ema o il Terzolle che per l’Arno. Intanto pensiamo che per difendere la pianura e i ponti si deve cominciare dai versanti, che non devono franare e dove l’acqua delle precipitazioni deve scorrere più lentamente possibile o, meglio, andare a rifornire le falde acquifere. Vediamo alcune soluzioni teoricamente possibili.

EDILIZIA A SUPERFICIE ZERO: se in un territorio comunale ci sono delle superfici coperte non utilizzate, non deve essere reso possibile sigillarne altre. Insomma, come per 3 delle 4 “erre” dei rifiuti, diamoci al Riuso, al Riciclo e al Recupero delle aree sigillate non utilizzate (la prima “R”, la “Riduzione” è più difficile, ma va pensata anche questa nelle aree a rischio)

DARE RESPIRO AI FIUMI: occorre creare un sistema che sostituisca le paludi e che serva sia per mitigare le piene che le magre, ridando respiro ai fiumi. La Commissione De Marchi aveva provato a proporlo, anche dettagliatamente e per tutta Italia. Ed era il 1970, sull’onda del disastro della Toscana e del Triveneto del 1966. Dall’epoca in Toscana è stato realizzato l’invaso di Bilancino, ma mancano altri 20 piccoli invasi. Nel resto del Paese non saprei. Oggi come oggi ci vuole un sistema misto, composto da casse di espansione, invasi, briglie, sistemazioni dei versanti anche tramite cura del bosco e sostituzione dei ponti che ostacolano la corrente (e pure il cammino dei tronchi). Un sistema capace di stoccare le acque di piena per limitare i danni, e contemporaneamente sfruttarle come riserva d’acqua per i lunghi periodi siccitosi.

l'invaso di Bilancino
ARGINI: ecco un tasto dolente: usura del tempo, attività degli animali che ci scavano le tane, pressione dell’acqua durante le piene e scarsa manutenzione sono un mix terribile per strutture che si estendono per migliaia di km. Occorre un sistema per il loro controllo speditivo. Speditivo perché sono decine di migliaia i kilometri da controllare. Qualcosa c’è in studio, vedremo l’evoluzione della situazione.

POLITICA E SOCIETÀ. Purtroppo fino a quando un sindaco riceve più consensi quando sponsorizza la fiera paesana o quando strilla per ottenere gli aiuti con gli stivali in mezzo al fango rispetto a un sindaco che spende per sistemare un versante, si va poco avanti (avrei diversi esempi al proposito). Occorre quindi cambiare radicalmente la posizione dell’assetto del territorio nel cervello degli italiani (e nella loro classe dirigente), come scrissi anni fa. Qualcuno in passato ha pensato (ed io ero tutt’altro che contrario) ad una assicurazione tipo RCA per gli immobili. Visto che ovviamente più alta è la pericolosità dell’area (pericolosità, non rischio…), più alto sarebbe il premio assicurativo, forse a quel modo verrebbe più premiato dagli elettori il sindaco che sistema un versante di quello con gli stivali perché consente ai cittadini di diminuire i premi pagati dai cittadini: insomma, al solito occorre toccare il portafoglio per far capire un problema 

Aggiungo che se da un lato per fronteggiare i periodi siccitosi e migliorare le forniture idriche abbiamo bisogno di un piano dell'acqua, i bisogni di questo piano potrebbero coincidere in parte con quelli della mitigazione del dissesto idrogeologico. Per cui occorre un accordo politico bipartizan e soprattutto - se si vogliono davvero fare le cose - occorre una velocizzazione dei processi burocratici. 



 

 

martedì 1 ottobre 2024

Il possibile anello che avrebbe circondato la Terra nell'Ordoviciano e la possibilità di risolvere alcuni enigmi su alcuni avvenimenti di quel periodo


Non ci sarà per sempre, ma la Terra dal 29 settembre al 25 novembre avrà una seconda luna, un piccolo asteroide, 2024 PT5, proveniente dalla fascia degli asteroidi di Arjuna (corpi celesti con un’orbita molto simile a quella terrestre), che rimarrà comunque a circa 4.5 milioni di km (15 volte la distanza Terra – Luna). Nello stesso momento è stato annunciata la possibilità che anche la Terra abbia avuto, sia pure per un breve periodo iniziato 465 milioni di anni fa, addirittura un anello. La cosa aggiunge un altro tassello alla complicata storia dell’Ordoviciano, un periodo in cui ne sono successe di tutte.

IL PICCO DI IMPATTI DELL’ORDOVICIANO. Sulla Terra, il picco degli impatti dell’Ordoviciano è un evento noto e studiato. Nei sedimenti dell’epoca il suo inizio è contrassegnato da un deciso aumento nei sedimenti di materiali provenienti dal condriti di tipo L. Ricordo che le condriti sono le meteoriti più diffuse e all’interno di esse le condriti L hanno un'abbondanza di ferro relativamente bassa (meno del 10% in peso) rispetto alle condriti H, che ne hanno circa il 20-25%.). L’aumento del materiale condritico L (essenzialmente spinelli di minima dimensione, distinguibili da quelli terrestri per la composizione) ha un inizio molto preciso: 465,76 ± 0,30 milioni di anni fa nell’Ordoviciano medio, esattamente nel Darriwiliano (Martin et al, 2018). Il picco di impatti dell’Ordoviciano sarebbe stato causato dal più grande evento di rottura di un asteroide documentato negli ultimi 3 miliardi di anni, noto come rottura del corpo genitore L-condrite, evento che ha appunto innescato un drammatico aumento del flusso verso la Terra di materiale L-condritico, durante il quale aumentano non solo il materiale cosmico nei sedimenti, ma anche il numero dei crateri da impatto (Liao et al, 2022). Non è ancora chiaro quando questo bombardamento si sia concluso, ma nei sedimenti di 425 milioni di anni, nel Siluriano superiore al limite Gorstiano-Ludfordiano, la dominanza nei sedimenti di micrometeoriti L-condritiche rispetto ad altro materiale extraterrestre è diminuita in modo significativo, da >99% in coincidenza dell’inizio del picco a ~60% nel Siluriano superiore. Questa anomalia si riflette in un accumulo di detriti di condrite L nei sedimenti.

la posizione delle masse continentali nell'Ordoviciano e la posizione dei crateri da impatto del periodo
tutti nella zona equatoriale. Il planisfero attuale per confronto

LA TERRA CON UN ANELLO, SIA PURE DI BREVE DURATA? Tomkins et al (2024) hanno esaminato le paleolatitudini dei 21 crateri da impatto noti di quell’epoca: sono tutti situati entro 30 gradi dall'equatore terrestre. Questa distribuzione è anomala per due motivi:
  • nell’Ordoviciano oltre il 70 per cento della crosta continentale terrestre capace di mantenere fino ad oggi i segni di un impatto di quel periodo si trovava al di fuori di questa regione,
  • contrasta con le tipiche distribuzioni casuali osservate sulla Terra e su altri corpi celesti
Inoltre gli autori notano come una distribuzione come questa è altamente improbabile se prodotta da oggetti provenienti direttamente dalla fascia degli asteroidi, dove appunto sarebbe avvenuta la rottura del corpo genitore e pertanto ipotizzano un quadro in cui un grande frammento del corpo genitore della condrite L sia arrivato vicino alla Terra, raggiungendo il limite di Roche e quindi rompendosi a causa delle forze di marea. A seguito della rottura i suoi frammenti avrebbero formato un anello intorno al nostro pianeta, come succede adesso per i pianeti giganti e forse era già successo in passato per Marte.

la scala del tempo geologico
per l'Ordoviciano 
ALTRI EVENTI DELL’ORDOVICIANO. Dobbiamo notare che durante questo periodo oltre al picco di impatti si registrano altri fenomeni, biotici e abiotici piuttosto significativi. Insomma, nell'Ordoviciano ne sono successe di tutte!
  1. IL GREAT ORDOVICIAN BIODIVERSIFICATION EVENT (GOBE) nel quale si diversificano i phyla sorti durante l'esplosione del Cambriano. È l'aumento più rapido e sostenuto della biodiversità marina mai avvenuto. La radiazione principale del GOBE si è verificata in due picchi, il primo al passaggio Floiano-Dapingiano (470 milioni di anni fa) e il secondo proprio durante il Darriwiliano medio. Questo secondo picco precede di poco la rottura del corpo genitore della condrite L e l’inizio del bombardamento
  2. UN FORTE TURNOVER FAUNISTICO: l'Ordoviciano superiore e Il Siluriano inferiore sono caratterizzati da una breve durata dei piani in cui sono divisi, dimostrando quindi il prolungato turn-over faunistico caratteristico del GOBE
  3. UNA ALTA ATTIVITÀ SISMICA E DI TSUNAMI. Questo periodo coincide con un picco di attività sismica e di tsunami. Parnell (2009) ha attribuito questo fenomeno all'enorme numero di impatti; invece per Meinhold et al. (2011) si tratterebbe di un notevole incremento nella attività tettonica, perché nota che (a) questi fenomeni sono avvenuti in zone tettonicamente attive, (2) Siberia, Laurenzia (il Nordamerica) e Baltica (l'Europa settentrionale) si stavano velocemente muovendo verso nord e (3) perché sul lato NE del Gondwana si stava preparando la separazione dal continente dei terreni cimmerici (quelli che ora tra Turchia, Iran, Afghanistan e Tibet formano buona parte dell’Asia di SW)
  4. UN TREND DI RAFFREDDAMENTO CULMINATO NELLA GLACIAZIONE HIRNANTIANA: ci sono forti indizi del fatto che la fine dell’Ordoviciano si sia verificata una glaciazione importante, associata ad un trend di raffreddamento a lungo termine che è iniziato ben prima, nel ancora nel Cambriano
  5. L’ESTINZIONE DI MASSA DELL’HIRNANTIANO: L'estinzione di massa del tardo Ordoviciano, a causa della sua drammatica perdita di specie, è ampiamente considerata come la seconda più grande delle "Big Five", i 5 maggiori eventi di estinzione di massa del Fanerozoico, a partire dal lavoro di Raup e Sepkoski (1982). È all'incirca coeva con l'estinzione di massa

in alto: la biodiversità generica (in blu), quella della Cina (in rosso)
e quella dei solo brachiopodi (in verde) nell'Ordoviciano
in basso: la diminuzione delle temperature del mare e del CO2 nell'Ordoviciano
da Cocks e Torsvik (2021). In rosso l'inizio del bombardamento 

LE CAUSE DI QUESTI FENOMENI. Le cause dell’estinzione di massa e della glaciazione sono ancora dibattute (Algeo e Shen, 2024), anche se come ho fatto notare l’estinzione è contemporanea alla messa in posto della recentemente riconosciuta Grande Provincia Magmatica (LIP) di Alborz e quindi così rientrerebbe nella correlazione fra LIP ed estinzioni di massa (Derakhshi et al, 2022). Da notare che questa LIP si colloca in un contesto "classico" per fenomeni di questo tipo e cioè l'inizio della divisione di un continente (in questo caso: i terreni cimmerici che si separano dal Gondwana). La glaciazione è però anomala proprio perché è avvenuta in una fase che avrebbe dovuto corrispondere ad un riscaldamento come succede durante tutte le attività di LIP, dovuto alle emissioni di gas-serra da parte dell’attività magmatica. Ed in effetti alla fine dell’Hirnantiano (e quindi dell’Ordoviciano) abbiamo una glaciazione, ma in condizioni di alto tenore di CO2 atmosferico e con una escursione positiva e non negativa del rapporto fra gli isotopo 12 e 13 del Carbonio. Da notare comunque che se il tenore atmosferico era decisamente maggiore di quello attuale, nel diagramma di Cocks e Torsvik (2021) la diminuzione delle temperature della superficie del mare inizia ben prima del picco di impatti, ed è associata ad una continua diminuzione del tenore - peraltro molto elevato rispetto ad oggi - di CO2 atmosferico. Non riporto il grafico, ma secondo gli stessi Autori l’Hirnantiano è stato caratterizzato da una anomalia positiva molto spiccata e di breve durata del tenore di ossigeno atmosferico, dal 20 al 30%.

La spiegazione ipotizzata da Tomkins et al (2024) risponderebbe elegantemente alla contraddizione di una glaciazione con un tenore di CO2 elevato: l'anello potrebbe aver proiettato un'ombra sulla Terra, bloccando buona parte della luce solare e contribuendo decisamente all’innesco sia del periodo freddo in generale che della glaciazione hirnantiana, anche se non spiega l’inversione dell’anomalia del Carbonio.

Per quanto riguarda invece i rapporti con l’accelerata evoluzione del GOBE la connessione non mi pare molto valida, perché:
  • per una buona fetta di ricercatori il GOBE non è altro che la “coda” della esplosione del Cambriano, 
  • perché la conquista di nuovi ambienti, in particolare l’espansione di Animalia verso acque più profonde, è stata tumultuosa e quindi ricca di un continuo avvicendasi di specie
  • perché anche se introducendolo come fase a se stante, il GOBE inizia prima dell'inizio del bombardamento
Tantomeno vedo un legame diretto fra il bombardamento e l'estinzione di massa, in quanto la biodiversità nelle fasi iniziali del bombardamento ha continuato ad aumentare. Ma si può effettivamente ipotizzare un rapporto indiretto fra estinzione di fine Ordoviciano e presenza dell'anello: se questo ha diminuito l'irraggiamento innescando la glaciazione, questa potrebbe aver contribuito ad aggravare la crisi biotica dovuta alle eruzioni della LIP degli Alborz o - viceversa - la LIP ha dato il colpo di grazia alla crisi biotica innescata dalle glaciazioni: di fatto nell'Hirnantiano il diagramma di Cocks e Torsvik (2021) evidenzia in corrispondenza del periodo glaciale una momentanea inversione del trend di aumento della biodiversità. A sua volta però potrebbe essere che le emissioni di CO2 degli Alborz siano state la causa della fine della glaciazione, visto l'aumento delle temperature che contraddistingue l'inizio del Siluriano.

BIBLIOGRAFIA

Cocks e Torsvik (2021). Ordovician palaeogeography and climate change. Gondwana Research 100, 53–72

Derakhshi et al (2022). Ordovician-Silurian volcanism in northern Iran: Implications for a new Large Igneous Province (LIP) and a robust candidate for the Late Ordovician mass extinction. Gondwana Research Gondwana Research 107 (2022) 256–280

Liao et al (2020). Absolute dating of the L-chondrite parent body breakup with high-precision U–Pb zircon geochronology from Ordovician limestone. Earth and Planetary Science Letters 547 - 116442

Martin et al (2018). From the mid-Ordovician into the Late Silurian: changes in the meteorite flux after the L-chondrite parent breakup. Meteorit Planet Sci 53, 2541–2557.

Meinhold et al (2011). Global mass wasting during the Middle Ordovician: meteoritic trigger or plate-tectonic environment? Gondw Res 19, 535–541.

Parnell (2009). Global mass wasting at continental margins during Ordovician high meteorite influx. Nat Geosci 2, 57–61.

Tomkins et al (2024). Evidence suggesting that Earth had a ring in the Ordovician Earth Planet. Sci. Lett. 646 (2024) 118991