Nel dicembre 2024 in Normandia è entrato in funzione Flamanville 3, il primo (e per adesso unico) reattore EPR realizzato in Francia. La sua costruzione è stata contrassegnata da ritardi e aumenti di costi assurdi, al pari del suo gemello di Olkiluoto in Finlandia. In questo post, dopo aver presentato la storia dei reattori EPR, faccio poi alcune considerazioni sulla situazione geografica degli impianti. Preciso comunque di non voler discutere su pro e contro dell’energia nucleare, tantomeno della questione delle scorie e del decommissioning delle centrali abbandonate. Questo perché il dibattito è alimentato solo da geni favorevoli o contrari che blaterano sull’argomento in maniera assolutamente talebana, le cui argomentazioni mi sconvolgono al punto tale di suscitarmi l’effetto opposto di quello voluto dal soggetto in questione: quanto sento i discorsi di chi è contrario l’impressione che ne ricavo è che l’energia nucleare sia cosa buona, mentre quando sento i favorevoli divento contrario. E quindi non riesco a farmi una opinione.
A luglio 2023, l'energia nucleare forniva quasi il 9,2% dell'energia elettrica mondiale totale, con 407 reattori operativi in 32 paesi e una capacità operativa netta di 365 GW. Attualmente, sono in costruzione 58 nuovi reattori che dovrebbero iniziare a produrre elettricità nei prossimi anni, con una capacità totale prevista di 60 GW.
ll reattore EPR di Flamanville in costruzione |
LA DIFFICILE COSTRUZIONE DEGLI EPR. Sabato 21 dicembre in Normandia è stato finalmente collegato alla rete elettrica francese il reattore Flamanville 3. Avevano provato a metterlo in funzione anche a settembre ma allora andò automaticamente in shutdown.
Flamanville 3 è un EPR, un reattore nucleare di nuova generazione. La sigla EPR sta per European Pressurised Reactor (Reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata) sigla successivamente riutilizzata come Evolutionary Power Reactor.
Il progetto dell’EPR è stato concepito negli anni ‘90 per rilanciare l'energia nucleare in Europa dopo la catastrofe di Chernobyl del 1986. Il suo sviluppo ha avuto luogo in Francia (anche se all'inizio era coinvolta anche la Siemens) ed è pubblicizzato come più efficiente e più sicuro dei precedenti. Flamanville è il quarto EPR ad entrare in funzione, dopo due esemplari in Cina di cui ho poche notizie (entrati in funzione fra 2018 e 2019) e il gemello finlandese di Olkiluoto. Sono in costruzione almeno altri quattro reattori EPR in Gran Bretagna.
Purtroppo la definizione di bagno di sangue si applica facilmente agli EPR, in quanto la costruzione di Flamville 3 è stata afflitta da numerosi problemi: è iniziata nel 2007 per una entrata in funzione prevista nel 2012 ma l'avvio arriva 12 anni dopo a causa di una serie di battute d'arresto tecniche che hanno visto il costo del progetto salire a circa 13,2 miliardi di euro, quattro volte la stima iniziale di 3,3. Insomma da 5 a 17 anni per la costruzione a quattro volte tanto. Ai finlandesi per Olkiluoto non è andata meglio: la costruzione è iniziata nel 2005 è entrato in funzione nel 2023 anziché nel 2010, con costi passati da 3 a 11 miliardi di Euro e una serie di grane giudiziarie internazionali non da poco su chi avesse dovuto pagare per questo aumento.
Per quanto riguarda gli inglesi, il ritardo a Hinkley Point è per adesso più contenuto (appena 3 anni, dal 2027 al 2030, con diverse vicissitudini societarie) ma i costi sono saliti da 18 a 40 miliardi di Euro; a Sizewell, dove dei due reattori esistenti uno è già stato spento, verranno realizzati altri due EPR.
Annoto che gli EPR erano anche i reattori scelti per la ripresa nucleare italiana, bloccata dal referendum del 2011.
PROBLEMI NELLA COLLOCAZIONE DEGLI IMPIANTI NUCLEARI A CAUSA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI. Una cosa fondamentale per cui non si può costruire centrali nucleari nel deserto (tranne che lungo le coste desertiche) è che questi impianti necessitano di tanta acqua per il raffreddamento, per cui vanno realizzati solo dove ce n’è in abbondanza: infatti li troviamo sulle coste, lungo i fiumi e sulle rive dei laghi. Al di là della polemica “nucleare si, nucleare no” deve essere chiaro a tutti come la collocazione di eventuali nuovi impianti dovrà tenere conto dei cambiamenti climatici proprio a causa delle esigenze di raffreddamento dei reattori.
Portugal-Pereira et al (2024) in un interessantissimo lavoro di review, evidenziano come tra 2010 e 2019, gli impianti nucleari siano stati soggetti a quasi 4000 interruzioni dovute a problemi meteo-climatici (interruzioni che - attenzione - non comportano praticamente mai problemi di sicurezza). Si tratta di un aumento di tre volte rispetto al periodo 1990-2009 (peraltro di durata doppia) e ha comportato una perdita di quasi 50 TWh di potenza potenziale.
Si tratta dell’ennesima conseguenza del riscaldamento globale, che ha aumentato la frequenza e l'intensità di eventi meteorologici e climatici estremi, sia come piogge che come siccità.
CENTRALI NUCLEARI SUI FIUMI: RIDUZIONE DI FLUSSO E AUMENTO DELLA TEMPERATURA DELLE ACQUE. La precipitazione massima media è aumentata dal 1950 e con questa la probabilità di inondazioni ed essendo i reattori vicini a fiumi e coste il problema li coinvolge in pieno; venendo all’estremo opposto, anche i periodi di siccità hanno implicazioni dirette sulle centrali nucleari, dato che molti fiumi non potranno più in futuro garantire l’apporto di acqua necessario, almeno nei mesi estivi. Questo vale soprattutto per i corsi d’acqua provenienti dalle catene montuose, per i quali lo scioglimento delle nevi è una componente essenziale della portata estiva, dato che il riscaldamento globale sta fortemente diminuendo le nevicate. Di fatto, nella difficile estate del 2023 se la centrale di Trino Vercellese fosse stata attiva, il suo funzionamento sarebbe stato interrotto per la magra record del Po, e nelle ultime estati di problemi per il basso livello dei fiumi ce ne sono stati diversi in Francia, rendendo reali le previsioni di Van Vliet et al (2012).
In altri casi, per esempio per alcuni reattori lungo il Rodano e in Svizzera, la chiusura temporanea è stata dettata da un altro aspetto del Global Warming, la temperatura delle acque fluviali troppo elevata.
È quindi evidente come le eventuali nuove centrali potranno essere costruite esclusivamente o lungo i laghi o sulle rive del mare e che gli impianti su fiumi che presentano periodi di magra sono da evitare oppure da chiudere prima o poi.
le sfide climatiche che devono affrontare gli impianti nucleari, da Pereira-Portugal et al (2024) |
CENTRALI NUCLEARI COSTIERE. Per quanto riguarda le centrali costiere, che rappresentano oltre il 40% dei reattori nucleari esistenti oggi, molte si trovano a pochi metri sopra il livello del mare, il che le rende particolarmente vulnerabile al suo innalzamento. Questo presenta più componenti.
- Innanzitutto c'è una componente assoluta: l'innalzamento del livello globale dei mari
Ci sono poi delle componenti locali, che impattano molto di più anche nel breve periodo. si tratta di movimenti verticali del terreno costiero che quindi provocano una modifica relativa e locale del livello del mare:
- subsidenza naturale: la maggior parte delle coste basse è interessata da una subsidenza naturale, dovuta alla compattazione dei sedimenti per il carico di quelli successivi che si sono depositati sopra e come risposta generale della crosta terrestre all’aumento del carico dei sedimenti che continuano ad accumularsi.
- subsidenza di origine antropica: dovuta ai prelievi antropici di acque dalle falde acquifere, può assumere valori estremamente elevati, come dimostra ad esempio il caso di Venezia
- subsidenza tettonica: è facile che i terremoti più importanti provochino una subsidenza post-sismica. Fino a quando questi eventi avvengono lontano dal mare (ad esempio in Umbria nel bacino di Castelluccio dopo i terremoti del 2016) i problemi sono pochi, ma nelle aree costiere la situazione rischia di diventare complessa, in special modo nelle coste dei margini convergenti di placca (Giappone, Indonesia, costa pacifica del Nordamerica tra Canada e California settentrionale etc et), dove l'abbassamento del terreno sin e post - sismico è ampiamente documentato: anche dopo il terremoto del 2011 la costa di Fukushima si è abbassata di oltre mezzo metro.
- Annoto che in caso di forte terremoto possa succedere anche l’inverso, come è successo nel terremoto del novembre 2016 in Nuova Zelanda, quando intere baie si sono ritrovate sopra il livello del mare.
Quindi se da un lato c’è il rischio di trovarsi prima o poi un impianto nucleare sotto il livello del mare (e quasi all’improvviso in caso di un sisma come quello del 2011, lungo coste che fronteggiano fosse oceaniche e quindi in area di scontro fra placche), dall’altro un ipotetico reattore potrebbe perdere improvvisamente le tubazioni che prelevano acqua dal mare.
Da tutto questo segue che non solo una centrale nucleare costiera debba rispondere agli ovvi requisiti costruttivi in riferimento alle potenzialità sismiche dell’area, ma è esposta in molti casi al rischio tsunami e deve essere resiliente alle oscillazioni del livello marino, continue o improvvise che siano.
APPUNTI SUL DIBATTITO SUL NUCLEARE. Come ho già scritto nell’introduzione non entro nel dibattito nucleare si / nucleare no perché non mi sento sufficientemente autorevole nel farlo, eppure sono tanti, tantissimi, quelli che non ne sanno nulla ma sono convinti partigiani di una o dell’altra fazione (uso esplicitamente fazione perché questo termine ha una accezione molto negativa quando si parla di un qualcosa che divide).
Insomma, trovo il dibattito sul nucleare più che altro ideologico e non tecnico-scientifico, in generale dettato da persone che non hanno le competenze necessarie per parlarne, un dibattito fatto, da una parte e dall’altra, più da imbonitori che da soggetti che vogliono serenamente informare, con un forte bias espositivo.
La cosa che mi fa impazzire è che in genere per questi signori il proprio campo ha solo pregi ed è esente da difetti. Invece trovo logico, innanzitutto, pensare che una scelta del genere, in un senso o nell’altro, comporti sia dei pregi che dei difetti. Ovviamente dato che il sentimento generale è quello della risoluzione semplice di problemi complessi queste persone destano facilmente un giudizio immediato, totalmente favorevole o totalmente contrario a seconda del bias di ognuno.
Inoltre in molti confondono (deliberatamente o per pura ignoranza) "energia elettrica" con "energia totale"
Inoltre in molti confondono (deliberatamente o per pura ignoranza) "energia elettrica" con "energia totale"
Ho avuto esperienze dirette di entrambi i campi:
- da un lato i contrari spesso non portano dati, e quei pochi sono spesso falsati peggio di come li falsano i climascettici quando vorrebbero dimostrare che le temperature non sono in aumento. In genere presentano impressioni (ovviamente fatte per suscitare empatia per le loro idee), con una competenza simile a quelli del “no cinqueggi”. Alcuni poi sono paladini della decrescita (in)felice della peggior specie
- dall’altro quelli favorevoli mi paiono più dei piazzisti disonesti che propongono un mondo fantastico dove "nucleare è bello e gli altri sono brutti" anziché tecnici che presentano un quadro realistico. Uno addirittura in un dibattito mi ha persino esplicitamente negato l’evidenza delle centrali francesi chiuse temporaneamente a causa dei fiumi (evidenza talmente ben comprovata da non poter essere messa in discussione)
Sono (almeno in Italia) condizioni veramente drammatiche per avviare un dibattito serio su un problema così impattante (e complesso) per il futuro dell’Umanità, che deve assolutamente "chiudere" prima possibile con i combustibili fossili.
BIBLIOGRAFIA CITATA
Portugal-Pereira et al, 2024 Exposure of future nuclear energy infrastructure to climate change hazards: A review assessment. Energy Strategy Reviews 53 (2024) 101365
Van Vliet et al (2012). Vulnerability of US and European electricity supply to climate change. Nature Climate Change 2, 676–681