giovedì 11 settembre 2025

Le piogge in Toscana di martedì 9 settembre 2025 e il problema dell’estensione delle aree di allerta


L'allerta meteo in Toscana per martedì 9 settembre 2025 è una dimostrazione di come normalmente le aree interessate da questi provvedimenti si rivelino ben più estese di quelle dove in effetti succede qualcosa. Vale soprattutto per le allerte "gialle" o "arancioni". Nel caso toscano ci sono state precipitazioni molto intense in zone estremamente ristrette (addirittura interessate da allerta gialla) ed è chiaro che l'attuale stato dell'arte della ricerca non permetta di risolvere estensioni così limitate. La questione importante è che nella stragrande maggioranza dell'area interessata è successo veramente poco (come, appunto, succede di solito), e che a livello di opinione pubblica questo sia considerato un falso positivo. Il rischio è che la popolazione si assuefaccia e prenda sottogamba la questione oppure ancora protesti per i provvedimenti adottati. Inoltre molti siti meteo forniscono previsioni specifiche comune per comune questi siano "più bravi" della Protezione Civile e di qualsiasi altra organizzazione pubblica che si occupi di meteorologia. Purtroppo chi non conosce le dinamiche delle allerte non è in grado di capire perché vengano adottati certi provvedimenti. a partire dalla chiusura delle scuole e dalla sospensione di varie manifestazioni. Onde evitare che monti la sfiducia nei confronti del sistema di Protezione Civile (anche grazie ai soliti tribuni che guardano alla pancia anziché alle conseguenze delle loro azioni) penso sia necessaria una ampia opera di comunicazione da parte della Protezione Civile (o di chi per essa).

IL PROBLEMA FONDAMENTALE: IL CONCETTO DI ALLERTA, A PRESCINDERE DAL COLORE. Spesso si trova chi pensa (anzi ritiene un dato di fatto) che a fronte di quantitativi industriali di allerte arancioni, in genere è già tanto se piova e che spesso gli unici eventi che hanno causato danni di un certo rilievo si sono verificati in stato di allerta gialla.
Queste convinzioni nascono da una non conoscenza della questione, cioè di come funzionano il sistema di previsioni meteorologiche e quello delle allerte. Perché non è che con l’allerta gialla non succeda niente, semplicemente c’è la possibilità che in un’area molto localizzata succeda un guaio, con appunto i sunnominati “danni di un certo rilievo”. Idem con l’allerta arancione: non è detto che piova dappertutto e forte nell’area indicata in arancione; anzi, in generale non è così, come appunto faccio notare in questo post. Ma quando l’allerta è arancione è molto difficile, almeno in Toscana, che non succeda niente; in genere fa davvero guai almeno in un’area ristretta.

PRECISIONE SPAZIALE DELLE PREVISIONI. Inoltre ricorderei anche due problemi importanti:
1. PROBLEMA SCIENTIFICO: le previsioni del tempo sono "probabilistiche" e non "deterministiche" e allo stato dell'arte attuale non è possibile che siano più precise di quanto lo sono, specialmente nello spazio (diciamo che è più evidente ua previsione sbagliata nello spazio, mentre se la precipitazione comincia alle 14 anzichè alle 15 la cosa viene sentita meno). Certo, alle volte si verificano degli errori e sia i “falsi positivi” (noti come flop) che i “falsi negativi” danneggiano agli occhi dell’opinione pubblica la credibilità del sistema. 
2. LE COSIDDETTE PREVISIONI LOCALI DEI SITI METEO: purtroppo un po' di colpa è anche dei siti meteo, una buona parte dei quali notoriamente considero personalmente solo delle macchine acchiappaclick per allodole tramite pagine che sparano titoloni. Ma il problema, presente ahimè anche in alcuni fra i (pochi) siti autorevoli che esistono (e che consulto), è il vizio di fornire in dettaglio per ogni ora e località i mm di pioggia. Pertanto una grossa fetta dei loro utenti ritiene credibili queste previsioni, e si stupisce che le previsioni su cui sono basate le allerte non abbiano tale precisione e, soprattutto sono portati a pensare che che chi lavora in questi siti sia "più bravo" di coloro che lavorano alla Protezione Civile e in qualsiasi altra organizzazione pubblica che si occupi di meteorologia. 


GLI EVENTI IN TOSCANA DEL 9 SETTEMBRE. Quello che è successo in Toscana martedì 9 settembre è particolarmente esplicativo al riguardo e dimostra come, almeno in quel caso, una previsione per singola località sia quantomeno estremamente difficile. Vediamo 4 casi:
1. CARRARA. Nella carta 1 vediamo le piogge della notte fra lunedì e martedì tra le 1.00 e le 5.00 nella zona di Carrara: a fronte di un valore intorno agli 80 mm fra Sarzana e Massa sulle pendici delle Apuane si sono registrate precipitazioni maggiori, addirittura doppie. Per fortuna il reticolo fluviale della provincia di Massa è – come quello ligure – capace di assorbire piogge del genere e quindi i fiumi non sono neanche arrivati al livello di guardia (altrove, anche in Toscana, piogge del genere avrebbero causato ben altri danni). Inoltre, se a Massa sono caduti 80 mm di pioggia, a Seravezza - distante appena una decina di km verso sud - sono caduti appena 20 mm. Da notare che la zona di allerta dove è avvenuto questo evento, contrassegnata con "V" è la Versilia (zona che non comprende i comuni - tipicamente versiliesi - di Viareggio, Massarosa e Seravezza, ma include in provincia di Massa quelli di Massa, Carrara e Montignoso). Da notare che la zona di allerta Versilia era interessata da una allerta "gialla" e non "arancione"
2. PORTOFERRAIO. Nella carta 2 vediamo quello che è successo nel pomeriggio all’Elba: l’isola si estende in direzione EW per circa una trentina di km e nella sua parte orientale sono caduti da 90 a 120 mm di pioggia in due ore e mezzo, mentre nella punta occidentale la precipitazione è stata di appena 5 mm
3. VALDARNO INFERIORE. Nella carta 3 una pioggia estremamente forte (quasi 80 mm) si è abbattuta su Montopoli, mentre intorno nello stesso periodo i valori sono stati contenuti in 20 mm (addirittura zero a Pontedera, una dozzina di km più a W)
4. ISOLA DEL GIGLIO. Nella carta 4 la sera di martedì è caduta una pioggia fortissima all’isola del Giglio, mentre all’Argentario e alla Gorgona non è praticamente piovuto. Se ci fossero stati dei pluviometri nel mare tra Elba e Giglio, questi avrebbero presentato sicuramente valori importanti, ma lungo la costa le precipitazioni sono state molto limitate

ZONE DI ALLERTA E ZONE DI PRECIPITAZIONI INTENSE. Martedì 9 settembre c’era l’allerta gialla a Carrara, l'allerta arancione negli altri tre casi ma chiaramente come si vede dalla carta delle precipitazioni delle 24 ore la popolazione della maggior parte dell’area interessata potrebbe aver pensato “ma che l’hanno fatta a fare l’allerta arancione?” Insomma, ci può essere stata la sensazione di una allerta che in realtà è stata considerata un falso positivo (un flop).
All’Elba avrebbero pensato così a Pomonte, mentre al contrario a Portoferraio qualcuno avrà pensato che “avrebbero dovuto mettere l’allerta rossa” e a Carrara avranno pensato che il colore giusto fosse almeno l'arancione.

I PROBLEMI PRATICI DELLE ALLERTE. La domanda è: sarebbe stato possibile fare delle previsioni così accurate, separando l’Elba orientale da quella occidentale o la zona di Massa da quella di Seravezza e ipotizzare che una pioggia così forte avrebbe colpito Montopoli, lasciando indenne Pontedera, precisando quei pochi millimetri nelle aree circostanti? Oppure che piovesse così tanto al Giglio ma niente all’Argentario?
La risposta è NO.
Proclamare un'allerta ha i suoi problemi anche per i cittadini, non solo per il sistema di Protezione Civile: provvedimenti come chiusura delle scuole (con i relativi disagi per molti genitori), la non effettuazione del mercato settimanale, la chiusura di parchi pubblici e sottopassi, il divieto generale di manifestazioni dei più diversi generi e altri provvedimenti che non sto ad elencare hanno un impatto nella vita quotidiana.
Quindi si rende necessaria un’opera di sensibilizzazione della popolazione: ieri in Toscana la percentuale di popolazione per la quale l’allerta pare stata esagerata (quindi un falso positivo) è stata sicuramente superiore a quella che ha avuto dei problemi (e anche grossi, a Portoferraio). E siccome ovviamente si tratta di una caratteristica intrinseca dell’allerta arancione nell’attuale “stato dell’arte” della meteorologia, ne consegue che la “gggente” continuerà a pensare che le allerte siano paragonabili alla classica situazione di “al lupo a lupo” e questo comporta il rischio che molti cittadini se ne freghino altamente di quando vengono proclamate (e ignorarle può essere molto, ma molto pericoloso, a cominciare dal transitare nei sottopassi) e protestino perché viene rinviata la sagra paesana. Ho addirittura letto commenti nei quali le allerte sarebbero un modo “creativo” di chi ha qualche responsabilità per togliersela e pararsi da critiche, sia pubbliche che mosse in tribunale.
Da ultimo si deve riflettere su un aspetto non marginale: oltre alle vittime inutili (tipo quelli che sono andati a “salvare la macchina” o a prendere i soldi nascosti in cantina) succede che ci siano vittime lungo i fiumi in aree dove, pur esistendo l’allerta non è piovuto, però situate a valle di aree dove è piovuto. Questo succede specialmente in bacini di media dimensione, dove le piene arrivano veloci e la mancanza di piogge locali toglie completamente la percezione di un problema in arrivo.

LA NECESSITÀ DELLA FORMAZIONE DELLA POPOLAZIONE. Insomma, il sistema di Protezione Civile funziona, anche se come ogni cosa è perfettibile. Funziona molto meno la percezione delle allerte nella popolazione, anche per gli evidenti disturbi e disservizi che provocano e su questo ci sarà parecchio da fare nell’immediato futuro. Questo ovviamente per far capire come si arriva a provvedimenti del genere e responsabilizzare la cittadinanza, Ma anche per evitare il moltiplicarsi di personaggi e di siti che per i più vari motivi cerchino di sobillare e cavalcare l'eventuale malcontento prima che il problema inizi a sfuggire di mano. 
Nella formazione ci sarebbe comunque da parlare anche di un'altra questione e cioè che ià adesso il primo problema, da quando ci sono gli smartphone che trasmettono immagini e filmati di un evento in corso, è che la Protezione Civile arriva sempre "dopo".  

martedì 9 settembre 2025

Il mondo scientifico inizia a coordinarsi depo le mazzate inferte dall’amministrazione Trump: gli schiaffi nel settore sanitario e climatico e la rinascita del sito climate.gov in altre spoglie.


Parlo malvolentieri di politica, ma qui non potevo stare zitto, visto l’attacco alla Scienza portato dall’amministrazione Trump. Dopo i licenziamenti di massa e il cambio di orientamento politico che hanno caratterizzato l’inizio dell’amministrazione Trump nei confronti della Scienza, in particolare in settori come clima, energia e ambiente, il mondo scientifico sta iniziando una reazione, anche se ancora poco organizzata. Si registrano anche le prime reazioni politiche soprattutto nella West Coast. Fra le iniziative più interessanti sulle questioni climatiche c’è il tentativo di ripristinare sotto altro indirizzo il portale climate.gov che è stato oscurato, sostituendolo con climate.us 

Oltre ad una generale riduzione, se non annullamento tout court, di finanziamenti pubblici a enti di ricerca e università per non parlare dei licenziamenti di centinaia di ricercatori, è noto come i due settori maggiormente colpiti siano quello sanitario e quello climatico.
IL SETTORE SANITARIO sconta il significativo aiuto alla rielezione del tycoon da parte dell'eroe dei novax Robert F. Kennedy jr, il quale ritirandosi dalla campagna elettorale ha concesso il suo elettorato complottista a Trump. Ne sta seguendo una orrida e assurda lotta contro la ricerca medica in generale e contro i vaccini in particolare, con gli ovvi rischi per l’Umanità intera, a cui il settore medico-sanitario tenta di opporsi con scarso successo nei confronti dell’establishment, talvolta anche con iniziative bipartisan. Solo di recente si conta la goffa richiesta da parte del ministero alla rivista Annals of Internal Medicine di ritrattare un articolo sull’idrossido di alluminio nei vaccini non rispondente ai demenziali principi dell’ineffabile Bob (richiesta che l'illustre rivista si è ovviamente guardata bene dall'accontentare) e la reazione dei nove ex direttori ancora viventi del Centers for Disease Control and Prevention (la CDC) al siluramento della attuale presidente Susan Monarez, una validissima scienziata sostituita da un incompetente novax. I nove accusano Kennedy Jr di mette a rischio la salute degli americani. Inoltre giunge ora notizia che gli Stati del Pacifico (California, Oregon e Washington) preoccupati della deriva illogica e antiscientifica della CDC, si stiano organizzando per fondare una loro autonoma CDC, una West Coast Health Alliance, che come afferma esplicitamente una pagina del sito dello Stato di California sosterrà l’integrità scientifica nella sanità pubblica mentre Trump distrugge la credibilità del CDC

L’altro settore superpenalizzato è quello della climatologia, che ha l’indiscutibile difetto, dal punto della mentalità malata di Trump, di parlare della importanza della componente antropica nei cambiamenti climatici e della necessità di diminuire (anzi, possibilmente di azzerare, le emissioni di CO2). Trump è per lo sfruttamento senza pietà del territorio per estrazione di idrocarburi e carbone con il famoso motto drill, baby, drill e contro le energie alternative. La stretta dei contributi alle rinnovabili e il blocco di un importante progetto eolico sulle coste del Rhode Island sono fra le ovvie conseguenze di questa politica. 
I petrolieri però hanno un problema: nonostante la spada di Damocle delle minacce iraniane sulla chiusura dello stretto di Hormuz, in quest mesi il prezzo del Brent è piuttosto basso (tra 650 e 70 $ al barile), e anche per i produttori di carbone non va benissimo); se a questo si aggiunge la prestazione non eccelsa del dollaro, non è che le cose vadano benissimo per la categoria (a meno che le major del settore non approfittino della situazione per assorbire piccoli produttori in gravi difficoltà finanziarie). E di fatto non è che il numero di pozzi attivi negli Usa stia aumentando, tutt’altro. Vedremo se l'OPEC aumenterà i tagli alla produzione, però dal loro punto di vista la domanda è perché noi di OPEC dovremmo tagliare e gli USA no? E oltretutto prima o poi ritorneranno nel commercio le produzioni di Paesi attualmente in difficoltà politiche come Libia, Iran e Venezuela. Insomma, difficilmente con i bassi ricavi attuali le major americane possono permettersi nuove perforazioni, in particolare in aree offshore tipo il golfo del Messico (no, golfo di America, secondo Trump)  o con difficoltà logistiche come le piattaforme dell'Alaska, piaccia o non piaccia al presidente. 

la produzione di petrolio USA è in aumento ma con un numero di pozzi attivi minore
e i prezzi dei combustibili fossili sono bassi, diminuendo i guadagni delle aziende estrattive:
i prezzi degli ultimi 12 mesi e nei riquadri l'andamento degli ultimi 10 anni

il documento del DOE e la risposta dei ricercatori
L’ASSURDO DOCUMENTO SUL CLIMA DEL DIPARTIMENTO DELL’ENERGIA E LA REAZIONE DEGLI SCIENZIATI. Il mondo scientifico intorno al clima non può tacere sulle idiozie galattiche scritte sul rapporto di 150 pagine dell'amministrazione, pubblicato sul sito web del Dipartimento dell'Energia (DOE) a fine luglio, allo scopo di sostenere la proposta di annullare l'Endangerment Finding del 2009, la base giuridica di numerose normative federali sui gas serra. Questo rapporto è alla base del  recentemente approvato Big Beautiful Bill, che ha eliminato i crediti d'imposta per l'energia pulita e aperto le aree ecologicamente sensibili alle perforazioni. Tra le malefatte di Trump in materia si possono annotare per esempio il ritiro (peraltro scontato) degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi, il programma di vendita all’estero di combustibili fossili made in USA (ad esempio chiedendo all'UE di acquistare più gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti in un accordo commerciale) e le pressioni sulla Banca Mondiale affinché riduca la sua attenzione sul clima.

LA PRIMA REPLICA DEL MONDO SCIENTIFICO ALL'INDECENTE RAPPORTO
. Già a metà di agosto è apparsa una replica da parte di alcuni scienziati, che viene riassunta nella immagine a destra dove si vedono tutte le pagine del rapporto, ad eccezione di 
prime pagine, pagine di riferimento e  pagine di glossario, che  sono state omesse (NB: le pagine possono contenere più di un'affermazione falsa o fuorviante)
  • le pagine del rapporto del DOE evidenziate in rosso contengono affermazioni false
  • quelle evidenziate in arancione contengono affermazioni fuorvianti. 
  • le pagine non colorate rappresentano parti del rapporto che sono state dichiarate accurate dall'autore citato o che non hanno ricevuto alcun commento dagli esperti invitati. 
Il 2 settembre 2025 il rapporto del DOE è stato definito "una presa in giro della scienza" in una seconda replica di 440 pagine (Dessler, A.E. and R.E. Kopp -Eds, 2025), dove 85 scienziati hanno accusato il DOE di aver utilizzato le stesse tattiche usate dell'industria del tabacco per seminare dubbi sul consenso scientifico, affidandosi inoltre a una manciata di oppositori i quali, basandosi su studi screditati, hanno travisato le prove per giungere a conclusioni predeterminate. Tali conclusioni provengono da idee rifiutate ormai molto tempo fa perché, banalmente, smentite dai dati. Il tutto è accompagnato da quello che si legge in tutte le pagine climascettiche: travisamenti del corpus delle conoscenze scientifiche, omissioni di fatti importanti, dimostrazioni di forza, aneddoti e pregiudizi di ogni genere. Come la negazione dell’aumento legato alle emissioni di gas-serra negli Stati Uniti di temperature ed eventi meteorologici estremi, l'idea secondo la quale un aumento dell'anidride carbonica atmosferica stimolerebbe l'agricoltura e che l'attività solare potrebbe spiegare le tendenze al riscaldamento globale.

La confutazione riunisce esperti di diverse discipline per contestare ogni affermazione di questo documento che si integra perfettamente nella campagna iniziata negli anni '90 da parte dell'industria dei combustibili fossili per finanziare scienziati disposti a sostenere il Sole, e non gli esseri umani, come causa del cambiamento climatico osservato fino a quel momento.

Questi sono alcuni esempi di questa distorsione dei fatti che il documento governativo sta cercando di perpetrare:
  • gli anni del "Dust Bowl" del 1930-1936 – caratterizzati da alcune delle estati più calde del Paese – smentirebbero la realtà del riscaldamento globale causato dall'uomo: in realtà è stata la cattiva gestione del territorio all'epoca a trasformare le Grandi Pianure in una landa desolata simile a un deserto che amplificava il calore
  • c’è poi il solito “mantra” dell’aumento del CO2 come componente favorevole all’agricoltura. In realtà, se un elevato tenore di CO2 può risultare favorevole in alcuni casi, in generale l'aumento del calore e il cambiamento dei modelli di precipitazione causeranno importanti cali della produzione a livello generale
  • comico poi il punto secondo il quale il rapporto minimizza la minaccia dell'acidificazione degli oceani, affermando che "la vita negli oceani si è evoluta quando gli oceani erano leggermente acidi" miliardi di anni fa. Una osservazione totalmente idiota, poiché la vita complessa non era presente durante la storia primordiale della Terra (in particolare non esistevano esseri viventi che utilizzavano gusci o ossa, particolarmente sensibili alla acidità delle acque). Aggiungo inoltre che le estinzioni di massa sono state causate negli oceani da una importante acidificazione delle acque a causa delle emissioni delle Large Igneous Provinces
  • il rapporto ignora ampiamente gli impatti sulla biodiversità, nonostante le enormi conseguenze sociali ed economiche
La homepage attuale di climate.us
IL PORTALE CLIMATE.GOV RINASCE COME CLIMATE.US. Il mondo della climatologia ha iniziato dunque con questi rapporti una resistenza attiva (anche se dubito che buona parte dei responsabili governativi abbia voglia di leggere un documento del genere, tantomeno capirlo visti i bias cognitivi contro la Scienza e questo senza parlare dell’elettorato medio trumpiano). Inoltre all'inizio dell'estate è stata cancellata la home page del sito climate.gov, il portale federale, un tempo pubblicizzato come "sportello unico" per la comprensione del riscaldamento globale, diventato un'altra vittima della guerra alla scienza di Trump. Chi digita www.climate.gov adesso viene ridiretto sulla home page della NOAA, che ancora resiste, e almeno mentre l'ho appena consultato (6 settembre 2025) parla ancora di Global warming, ma non presenta la ricca messe di dati del vecchio sito.

Un gruppo di ex dipendenti che lavoravano al vecchio sito sta lavorando per riportare in vita il portale, semplicemente passando da climate.gov a climate.us. Il nuovo sito climate.us, è online da qualche giorno, anche se per ora non ospita dati, ma funge solo da segnaposto, presenta un po' di rassegna stampa e precisa di essere un sito noprofit, indipendente e apolitico.
L’iniziativa è coordinata da Rebecca Lindsey, ex caporedattrice di climate.us, anche lei licenziata a febbraio insieme a centinaia di altri dipendenti della NOAA (la National Oceanic and Atmospheric Administration, insomma, la NASA del clima). Lindsey coordina un gruppo di divulgatori scientifici, meteorologi e visualizzatori di dati, oltre ad alcuni dipendenti pubblici ancora in servizio che si offrono volontari sotto la copertura dell'anonimato per l’ovvio timore di ritorsioni. Questa iniziativa sarebbe stata resa difficile dalla cancellazione dei dati dai portali delle varie agenzie, ma per fortuna quando gli scienziati hanno visto che le cose si mettevano male hanno scaricato quanto hanno potuto e quindi buona parte dei dati sono stati messi in salvo. Inoltre la notizia ha stimolato varie persone, da scienziati a insegnanti, ad offrirsi volontari.

Il PRIMO OBIETTIVO è ripubblicare la grande quantità di materiale finanziato dai contribuenti che è stata rimossa ma volontariamente salvata in tempo, comprese le Valutazioni Climatiche Nazionali, obbligatorie per legge, studi scientifici fondamentali prodotti ogni quattro anni, attualmente sospesi.
C’è poi un SECONDO OBIETTIVO, più ambizioso: ricostruire le risorse e gli strumenti tecnici che hanno reso climate.gov, lanciato per la prima volta nel 2012 sotto Barack Obama, così indispensabile, ad esempio:
  • dashboard interattive che monitoravano l'innalzamento del livello del mare, la perdita di ghiaccio artico e le temperature globali
  • spiegazioni in linguaggio semplice su fenomeni come il vortice polare
  • un blog dedicato all'oscillazione meridionale di El Niño, il più influente fattore climatico naturale del pianeta e tanti altri
Attualmente la pagina mostra quasi 50.000 dollari raccolti, su un obiettivo di 500.000, che si spera arrivino alla svelta. Naturalmente tutto questo dipende dall'ottenimento di finanziamenti sufficienti, che spaziano da quelli provenenti da è importanti enti filantropici e finanziatori a una campagna di crowdfunding.
Se tutto andrà bene, il progetto potrebbe diventare un punto di riferimento per molti gruppi di altre agenzie scientifiche federali che hanno contenuti o dati che sono rimasti inosservati o sono stati rimossi, ma che sono stati comunque scaricati.
Il nuovo sito web climate.us, è online da qualche giorno. È importante cliccarlo e aderire alle sue pagine nei social, per dimostrazione l’interesse nell’iniziativa e nella situazione climatica (ma tanto ai fenomeni climascettici non la si fa… sono troppo intelligenti)

Note:


2. il factchecking preliminare sul rapporto del DOE uscito a metà di agosto si trova qui: https://interactive.carbonbrief.org/doe-factcheck/index.html

3. il report completo di risposta del gruppo di Dessler è citabile così: 
Dessler, A.E. and R.E. Kopp (Ed.). (2025). Climate Experts’ Review of the DOE Climate Working Group Report. In attesa del DOE, è scaricabile qui: https://drive.google.com/file/d/1PwAR8I9YYmPhbQ6CRekHkroJGMbjbX7l/view
  



martedì 2 settembre 2025

il quadro tettonico del terremoto dell'Afghanistan del 31 agosto 2025


Nella notte fra il 31 agosto e il 1° settembre 2025 un terremoto M 6.0 ha investito la provincia di Kunar, nell’Afghanistan orientale al confine con il Pakistan. La provincia prende il nome dal fiume omonimo, che scorre lungo una valle sostanzialmente rettilinea, la quale quindi potrebbe corrispondere ad una faglia. Il Paese asiatico è un mosaico di blocchi formatisi in una varietà di contesti geodinamici che si sono giustapposti durante l'evoluzione dell'Oceano Tetideo e quindi anche blocchi adiacenti possono presentare rocce e storia molto diverse fra loro e ad aumentare la confusione, spesso blocchi e faglie sono chiamati con nomi differenti. Insomma, se da un punto di vista generale il quadro tettonico è noto, i rapporti fra i blocchi sono spesso ancora incerti. Non è ancora nemmeno chiaro se il terremoto del Kunar possa essere addebitato alla omonima faglia.

terremoti dell' Afghanistan di NE con M>4 degli ultimi 50 anni
UN EVENTO DISTRUTTIVO ANCHE SE RELATIVAMENTE DI BASSA MAGNITUDO IN UNA TERRA STORICAMENTE DEVASTATA DAI TERREMOTI. L’Afghanistan è regolarmente interessato da forti terremoti, gli ultimi dei quali sono avvenuti nel novembre 2023 (ne ho parlato qui) lungo la faglia di Herat. Tutte le agenzie concordano sul meccanismo dell’evento sismico: il terremoto M 6 del 31 agosto 2025 si è verificato a causa di una faglia inversa e quindi il meccanismo è compressivo. I dati sull’epicentro sono ancora incerti: ad esempio GEOFON lo colloca a N del fiume Kumar, INGV e USGS a sud. 
Il sisma, come è noto, ha provocato oltre 1000 morti (il bilancio è ovviamente provvisorio). Quando il terremoto è comparso sui database si è diffusa un po' di apprensione pensando a magnitudo, orario ed edilizia locale. Di fatto il PAGER nella pagina dedicata all’evento nel sito di USGS all’inizio era “non troppo pessimista” e segnalato con il colore giallo. Poi con l’andare del tempo è diventato prima arancione e poi rosso, a significare il netto peggioramento della situazione.

La sua distruttività è dovuta ad una coincidenza di cause naturali e antropiche.
Le cause naturali sono (1) la sua energia, paragonabile a quella del terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016 e (2) la sua profondità davvero ridotta (meno di 10 km)
Venendo alle cause antropiche, siccome come è noto i danni e i morti non li fa un terremoto in se, ma le costruzioni della zona colpita, ecco che il bilancio si spiega con la pessima qualità degli edifici: la maggior parte delle case è costruita in fango, mattoni, legno e pietra non legati, proprio la tipologia edilizia peggiore dal punto di vista antisismico.
Inoltre il terremoto è avvenuto alle 23.47 locali, quindi in piena notte e la gente era praticamente tutta in casa. Il bilancio sarebbe stato decisamente meno grave se fosse avvenuto di giorno.
Ad ora si sono verificate anche diverse repliche, tutte per fortuna di Magnitudo minore.
I terremoti sono comuni in quel settore posto tra Afghanistan orientale e Pakistan occidentale e si verificano entro una ampia gamma di profondità. Sempre nella pagina su questo terremoto l'USGS riporta come in un raggio di circa 250 km dal terremoto del 31 agosto dal 1950, si sono verificati altri 71 terremoti di M 6 o superiore (in media uno all’anno, quindi), e la M di 6 di questi è stata di 7 o superiore.

Carta dei terranes dell'Afghanista e del suo intorno, da  Sihel (2015)
a destra un ingrrandimento dell'area interessata dal sisma
L'AFGHANISTAN: UN’AREA GEOLOGICAMENTE MOLTO COMPLESSA. Geologicamente l’Afghanistan e i suoi dintorni rappresentano un’area fra le più complesse essendo stata interessata da almeno 3 episodi di collisione fra l’Eurasia e blocchi continentali derivati dal Gondwana negli ultimi 300 milion di anni, di l'ultimo è ancora in corso. Il tutto si vede bene nella nella carta di Sihel (2015):
  1. Dapprima i terranes galatiani, noti in letteratura anche come ercinici o varisici, come  si sono scontrati con i primi nuclei di quella che diventerà l’Asia centrale, chiudendo la Paleotetide e costituendo il bordo meridionale del continente tra Carbonifero e Permiano (diciamo mediamente 300 milioni di anni fa). Si tratta di unità molto eterogenee e dalle origini varie (frammenti continentali, archi magmatici ed altro)
  2. poi nel mesozoico, più propriamente nel Triassico superiore (quindi un po' più di 200 milioni di anni fa), sono stati i terranes cimmerici a collidere con i terranes galatiani, diventando a loro volta il nuovo bordo meridionale dell’Eurasia (ne ho parlato qui)
  3. Si capisce che tra Paleocene ed Eocene, quando a sua volta l’India ha iniziato a scontrarsi con l’Eurasia, l’arrivo di questa massa continentale così importante abbia provocato la riattivazione di buona parte delle strutture che dividono i vari blocchi, specialmente di quelli cimmerici ma non solo. 
Ne deriva una sismicità molto complessa in un quadro geologico ancora di difficile decifrazione.

TERREMOTI PROFONDI. Di fatto l’Hindu Kush è una delle poche aree in cui si verificano terremoti molto profondi (ne ho parlato qui).
E proprio a causa della scadente tipologia degli edifici che i terremoti possono risultare distruttivi anche se profondi: il terremoto M 7,5 nel 2015 di cui ho parlato nel post appena linkato, nonostante la ragguardevole profondità di 231 km di profondità, ha causato 115 vittime a Jalalabad, pochi km a SW dell’area ora colpita e posta a quasi 100 km dall'epicentro (ma con tali Magnitudo l'area interessata dal movimento è grande decine di km). Nella stessa zona una parte dei 150 morti registrati in occasione del terremoto M 7.4 del 3 marzo 2002 fu dovuta a edifici distrutti da frane direttamente innescate dal sisma.
Questi terremoti si verificano all'interno di una porzione di crosta subdotta fino a quella profondità, di cui quando scrissi il post non era ancora chiara l’origine perché manca di continuità verso la superficie. Successivamente sono comparsi articoli come quello di Kuffner et al (2016) per i quali questa è una parte della crosta della placca indiana arrivata a quella profondità.

la faglia di Kunar nell'interpretazone di Shnizai (2020) 
e gli epicentri principali della crisi innescata il 31 agosto
TERREMOTI SUPERFICIALI COME QUESTO DEL 31 AGOSTO. I terremoti a bassa profondità non hanno una relazione diretta con quelli profondi e si producono all'interno della placca euroasiatica in quell’incredibile mosaico di blocchi.
Ho già parlato in questo post dell’area meridionale di questo scontro, lungo il Pakistan, dove l’India scorre accanto al settore iraniano dell’Eurasia, lungo un limite fra le placche sostanzialmente trascorrente (anzi, con un pò di compressione e qundi è trans-pressivo), che prende il nome dalla struttura più conosciuta, la faglia di Chaman.

Più a nord il limite fra le placche diventa convergente e quindi da faglie trascorrenti come la Chaman si passa nel settore afghano a faglie compressive. Di queste una delle più note è proprio la faglia di Kunar, uno dei diversi sovrascorrimenti presenti nell’area che assorbono il tremendo sforzo dell’India che si incunea nell’Eurasia e che si trova nell'area interessata da questo eventoÈ una faglia molto importante, tanto da essere commentata nello specifico dal lavoro di Shnizai (2020) che s è occupato d diverse faglie dell'Afghanistan. Da notare che se il sistema di Chaman corrisponde al limite fra Eurasia e India, la faglia di Kunar è all'interno dei terranes cimmerici e quindi è probabilmente il ringiovanimento di una struttura attiva già nel Triassico.
Non è però ancora chiaro se il terremoto si sia verificato sulla faglia di Kunar o no. Addirittura per Geofon il terremoto è avvenuto nei monti a nord della valle del Kunar, mentre per USGS e INGV a sud. Le repliche secondo l'Iris Earthquake Browser (per il quale l'evento principale è a sud del fiume) individuano un allineamento perpendicolare alla valle, dove Shnizai (2020) pone la faglia. Ma il dato è estremamente parziale, perché mancano tutti gli eventi con M inferiore a 4.5 e quindi il trend reale potrebbe essere molto diverso

la nuova collocazione dell'epicentro di USGS e di conseguenza
di IEB, rende più realistico un movimento lungo la faglia del Kunan
EDIT: USGS il 2 settembre (notte fra il 2 e il 3 in Italia)  ha modificato la posizione dell'epicentro, collocandolo ora a N del fiume, più o meno in corrispondenza dell'epicentro già indicato da GEOFON. Di conseguanza è stato modificato anche  quello dell'Iris Earthquake Browser. La nuova collocazione rende più plausibile  l'attribuzione del terremoto al movimento lungo la faglia del Kunar.

BIBLIOGRAFIA

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