martedì 14 ottobre 2025

anno 17 EV: la vittoria di Firenze e Rieti contro una proposta del Senato romano (probabilmente aiutate anche da una serie di circostanze)


Le commissioni parlamentari d’inchiesta erano evidentemente di moda anche nel senato romano e nel 17 EV una di queste si occupò di trovare il modo di diminuire le alluvioni del Tevere a Roma. Fu proposto un sistema per diminuire la portata degli affluenti, e questo fece preoccupare diverse città fra le quali Reate e Florentia, che espressero la loro contrarietà. Il progetto fu abortito, probabilmente non solo per l'opposizione delle popolazione, ma anche per motivi più pratici.

nell'immagine si vede come la parte romana di Firenze si trovi
ad una quota decisamente superiore al resto della piana circostante
FLORENTIA NASCE PER IL GUADO DELL’ARNO. Firenze è una città di fondazione, nel senso che la sua nascita è dovuta a un preciso intento, in questo caso militare e politico: la colonia fu fondata dall’esercito romano come presidio militare per difendere l’unico guado sull’Arno fra Arezzo e il mare (a cui forse su aggiunto un ponte). Il guado è dovuto ad un restringimento dell’alveo a causa dei sedimenti portati dal Mugnone in riva destra, che costringono il fiume a rasentare i colli in riva sinistra
La zona all’epoca era disabitata, preferendo gli etruschi risiedere sulle alture, in questo caso a Fiesole. In età più antica ci sono delle tracce di un insediamento villanoviano.
La scelta di difendere il guado è interessante, perché all’epoca l’Etruria non si trovava come adesso la Toscana interna lungo la direttrice principale nord – sud: l’itinerario “normale” tra Roma e la pianura padana era la Flaminia, che attraversava l’Appennino umbro-marchigiano fino a Fano e Rimini (non per nulla Cesare trasse il dado attraversando il Rubicone, fiume romagnolo). Ma l’Etruria settentrionale era lo stesso un’area strategicamente importante, basta considerare che i monti sopra Pistoia erano appena stati teatro della battaglia con cui si concluse la congiura di Catilina mentre due secoli prima Annibale aveva valicato l’Appennino nella stessa zona. Insomma, anche se il guado non era posto lungo una direttrice fondamentale, la presenza di una guarnigione avrebbe permesso un buon controllo dell’area, e soprattutto, di eventuali movimenti sgraditi sia via terra, che via acqua.

Naturalmente tutta la piana era impaludata, come ricorda anche Boccaccio all'incirca nel 1344 nel Ninfale Fiesolano, ottava V, 

Prima che Fiesol fosse edificata
di mura o di steccati o di fortezza,
da molta poca gente era abitata:
e quella poca avea presa l’altezza
de’ circustanti monti, e abandonata
istava la pianura per l’asprezza
della molt’acqua e ampioso lagume
ch’ai pie de’ monti faceva un gran fiume
Insieme alla presenza del guado, l’area presentava altre tre condizioni piuttosto interessanti:
  1. il castrum romano è sorto a breve distanza dall’Arno su un provvidenziale rialzo rispetto alla piana paludosa formato proprio dalla conoide del Mugnone (e in effetti è stato interessato dalle alluvioni solo nel 1333, 1557 e 1966)
  2. il castrum poteva inoltre essere difeso da due corsi d’acqua che fungevano da fossato lungo le mura, il Mugnone stesso (lungo l’attuale via Tornabuoni) e lo Scherraggio (lungo l’attuale via del Proconsolo).
  3. nell’area immediatamente a monte del restringimento dell’Arno e quindi a monte del castrum, la depressione corrispondente all’area attualmente occupata dagli Uffizi e dal quartiere di Santa Croce era caratterizzata da una insenatura dove da tempo esisteva già un piccolo porto al servizio della etrusca Fiesole.
la celebre carta di Philipp Cluver (1580-1623)
in cui si vede come i bacini di Arno e Tevere non erano distinti
IL CLANIS TRA ARNO E TEVERE. Il Clanis era il fiume che scorreva nella Val di Chiana e si gettava nel Tevere attraverso il Paglia, di cui era affluente. Si trattava all’epoca etrusca di un fiume importante e reso navigabile con un sistema di chiuse, che aveva fatto la fortuna di città come Chiusi, Cortona ed Arezzo, preziosissimo come era per i loro commerci (mi ricordo di aver visto qualche toponimo “porto” nella vallata). In questo modo i bacini di Arno e Tevere non erano separati e la posizione dello spartiacque nella Val di Chiana era incerto e soprattutto variava di continuo.  La situazione più o meno è rimasta la stessa fino alle regimazioni effettuate, non sempre in armonia, da Granducato di Toscana e Stato della Chiesa. La famosa carta del geografo tedesco Filippo Cluverio (1580 – 1622) mostra come si presentava l’Italia centrale tirrenica all’inizio del XVII secolo, quando lo spartiacque fra Tevere e Arno era mobile e dettato dall’altezza dell’acqua nel lago della Valdichiana.

RIETI E IL VELINO: l’antica Reate, oggi Rieti (per questo gli abitanti si chiamano reatini) si trova in una delle varie conche esistenti nell’Appennno centrale, come Colfiorito e il Fucino, per esempio. I rapporti fra Velino e Nera sono da vedersi nel quadro di una storia geologica delle ultime centinaia di migliaia di anni molto complessa: la conca di Rieti si è formata in diverse fasi grazie all’attività non contemporanea di più faglie:
  1. fino ad un certo punto era la Nera ad entrarvi dentro ed essere un affluente del Velino. Non sono in grado di dire con sicurezza verso dove questo Paleo-Nera si dirigesse: forse verso SE lungo il percorso dell'attuale Turano (che avrebbe quindi invertito il corso) oppure lungo il percorso del Canera, ma non ne sono sicuro 
  2. poi un altro sistema di faglie ha ribassato l’area ternana, formando quindi un dislivello importante fra quest’area e la conca di Rieti. A causa di questo il deflusso delle acque provenenti dalla Valnerina si è diretto verso il percorso attuale.
La deviazione della Nera verso Narni ed Orte ha provocato l'inversione della direzione delle acque nel tratto fra le Marmore e la conca di Rieti e quindi quel tratto della Paleo-Nera è diventato la parte bassa del Velino. Però poco dopo in quella stretta vallata è iniziata la sedimentazione di travertini. La quantità di sedimenti è stata talmente tale da provocare il blocco del deflusso del Velino. E così la conca di Rieti, alimentata dalle acque di Velino, Salto, Canetra e Turano e senza un emissario stabile fu occupata da un lago con le rive paludose. Si trattava quindi di una zona malsana per la malaria e totalmente inutile o quasi per la popolazione. Per migliorare la situazione igienica e sfruttare una piana così estesa per l’agricoltura, nel 271 a.C. il console romano Manio Curio Dentato fece realizzare il Cavo Curiano, che prende appunto il nome dal suo ideatore. Il Cavo Curiano permise il deflusso delle acque stagnanti in direzione del salto delle Marmore, trasformando la palude in un granaio e generando la famosa cascata.

FLORENTIA E REATE ALLEATE CONTRO UN PROGETTO DEL SENATO ROMANO. Il panorama di Florentia non era però poi troppo sicuro dal punto di vista della pericolosità idraulica: è vero che il castrum, sorgendo in un relativo rialzo, aveva una minore pericolosità rispetto alle paludi che lo circondavano (tanto è vero che fra le decine di alluvioni che hanno coinvolto la città dal 1200 l'area romana è stata allagata solo da quelle del 1333, 1557 e 1966), ma che gli abitanti non si sentissero al sicuro è evidenziato da un episodio in cui i fiorentini si coalizzarono ad altre genti dell’Italia centrale per contrastare una operazione idraulica di vasta portata ideata a Roma, come racconta Tacito negli Annales, nel libro I: correva l’anno 17 d.C. e a Roma le alluvioni del Tevere suscitavano una preoccupazione talmente grande da far istituire una commissione del Senato avente l’obbiettivo di risolvere il problema (insomma, una “commissione De Marchi” ante litteram: la Commissione Interministeriale De Marchi ha predisposto dopo l’alluvione del 1966 dettagliati progetti per fronteggiare il rischio idraulico in Italia, a protezione degli abitati lungo le aste fluvali).
La commissione esaminò una proposta di due senatori, Arrunzio e Ateio, che consisteva nella deviazione di alcuni fiumi e laghi che alimentano il Tevere, con la convinzione che così si evitassero le piene del fiume a Roma. La proposta scatenò il panico non solo a Florentia, ma anche fra gli abitanti di Reate e di diverse città lungo la Nera, come Narni.
In particolare 
  • i fiorentini erano preoccupati perché secondo il progetto di Arrunzio e Ateio le acque del Clanis, anziché scorrere verso il Tevere attraverso il Paglia, sarebbero state riversate verso l'Arno. Annoto che anche Pietro Leopoldo quando lanciò il progetto della bonifica della Valdichiana ebbe delle difficoltà perché a Firenze si è sempre continuata ad esistere la corrente di pensiero secondo la quale le acque della Valdichiana fossero un pericolo gravissimo (ma per esempio nel 1966 non fu così). Gli abitanti della Valnerina, ad esempio quelli di Narni, condividevano la stessa situazione dei fiorentini.
  • quanto ai reatini, evidentemente c’era la prospettiva di tornare alla situazione precedente alle opere volute da Manio Curo Dentato e quindi ad un nuovo impaludamento della conca.
Inoltre non dobbiamo dimenticare i motivi religiosi: le popolazioni avevano consacrato culti, boschi e altari ai loro fiumi e secondo alcune correnti di pensiero anche lo stesso Tevere (anche esso a maggior ragione oggetto di venerazione), non poteva accettare di scorrere privato degli affluenti. E toccare i sentimenti religiosi può non essere opportuno oggi, figuriamoci allora.
Fiorentini e reatini allora inviarono delle delegazioni a Roma per protestare vivacemente contro questa operazione, che minacciava la sopravvivenza dei primi e l’economia dei secondi.

Il progetto in effetti venne bocciato, anche se Tacito ammette di non sapere (o, almeno, così dice) se nella bocciatura abbiano prevalso le preghiere delle colonie, la difficoltà dei lavori, le motivazioni religiose o altre opinioni come quella di Gneo Calpurnio Pisone, fermamente contrario all’opera. La mia impressione personale è che sia stato un mix di tutti questi ostacoli a bloccare l’opera. Ho anche il sospetto di forti timori sul fatto che questa operazione avrebbe avuto gravi implicazioni economiche e sociali a Roma, per la cessazione della produzione di derrate alimentari in quelle fertili pianure particolarmente vicine alla capitale come conca di Rieti, bassa Valnerina e Valdichiana.

il lago della Valdichiana e il Trasimeno 
nella veduta a volo di uccello della Toscana di Leonardo
 
IL SUCCESSIVO MURO GROSSO SUL PAGLIA, UN RIMEDIO CHE NON HA AVUTO SUCCESSO. Per completezza delle informazioni riguardo al Clanis - Paglia, è comunque importante ricordare che continuava a riscuotere consensi l’ipotesi del Clanis come origine delle alluvioni a Roma e quindi nel 65 ev fu realizzato vicino a Fabro un muro sul Paglia, il “muro grosso”, una operazione che ha avuto un esito che eufemisticamente si potrebbe definire “sub-ottimale”: non ha impedito minimamente le alluvioni a Roma, ma in compenso ha pesantemente allagato tutta l’area a monte di esso.
Ovviamente il muro grosso cadde in rovina nel periodo post-imperiale, determinando un ritiro delle paludi. Ma nel 1055 gli orvietani, che si erano stufati dei continui passaggi di eserciti da quelle parti, risistemarono e rialzarono lo sbarramento costruito dai romani, proprio per impaludare nuovamente la vallata allo scopo di diminuire le possibilità di movimento delle armate perugine e senesi; la cosa riuscì loro benissimo, e non solo nel settore meridionale, perché in pochi anni le paludi ricoprirono di nuovo quasi tutta la Valdichiana, come si vede nel particolare della celebre "veduta a volo di uccello" di Leonardo da Vinci

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