venerdì 23 agosto 2019

A 3 anni dal terremoto di Amatrice: 1. la sequenza sismica tra 2016 e 2018


Sono passati 3 anni da quel drammatico 24 agosto 2016, quando l'Italia, svegliandosi, ha appreso di una delle peggiori tragedie che ci si poteva aspettare. Quel giorno è iniziato il calvario di una popolazione attaccatissima alla propria terra e alle proprie tradizioni, con una sequenza sismica durata oltre 2 anni in cui scosse più o meno forti si sono ripetute incessantemente. In questa serie di post, che fanno anche riferimento al progetto RESTART dell'Autorità Distrettuale di Bacino dell'Appennino Centrale in cui sono coinvolto, parlerò di alcuni aspetti importanti della Geologia dell'Appennino Centrale, partendo da questo in cui espongo la mera cronaca degli eventi.

Il terremoto del 24 agosto ha aperto un terzo capitolo (e purtroppo forse non quello conclusivo…) della crisi sismica nell’Appennino centrale iniziata con gli eventi di Colfiorito del 1997: se i terremoti tra Colfiorito e Sellano del 1997 – 1998 potevano all’epoca essere un fenomeno isolato, il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009 ha suscitato maggiori timori sulla possibile ripetizione di nuovi eventi importanti negli anni successivi, come era già successo nel XIV e nel XVIII secolo, perché le faglie normali di un sistema come quello dell’Appennino Centrale possono interagire fra di loro semplicemente attraverso il trasferimento di stress anche senza essere connesse, promuovendo quindi più sequenze sismiche in tempi ristretti su varie faglie del sistema (Gupta and Scholz, 2000). 


Fig.2 - Schema sommario della faglia del Vettore
SEQUENZA TEMPORALE DEGLI EVENTI. La tabella di fig.1 mostra i 9 terremoti con Magnitudo uguale o superiore a 5 che si possono definire gli eventi più importanti della sequenza. Da notare che, come successe anche nel 1639 o nel 1703, gli eventi principali sono strettamente correlati fra loro nel tempo: il 24 agosto 2016 il Mw 5.4 nell’area di Norcia è avvenuto poco più di un’ora dopo il terremoto che ha iniziato la sequenza alle 3.36 del mattino ora italiana; alla fine di ottobre si raggruppano i due terremoti del 26 e quello del 30, mentre gli ultimi 4 eventi a Mw 5 o superiore sono avvenuti il 18 gennaio 2017. Il terremoto del 24 agosto ha prodotto nella zona di Castelluccio diversi movimenti superficiali, che si ripeteranno con entità molto maggiore il 30 ottobre successivo. 
Il terremoto del 24 agosto 2106 ha provocato in tre località danni pari al grado X-XI della Mercalli: simili termini di distruzione non si ricordavano in Italia dal terremoto in Irpinia del 1980; neanche nel 2009 all’Aquila abbiamo avuto danni simili, nonostante la magnitudo decisamente superiore. 

Fig. 3 - i tre segmenti coinvolti nella sequenza, che si sono mossi
in tempi diversi: agosto 2016 la parte centrale, ottobre 2016
quella settentrionale e gennaio 2017 quella meridionale
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO. Quella del 2016 - 2017 è sostanzialmente simile alle altre grandi sequenze appenniniche storiche. I meccanismi focali ne dimostrano l’origine estensionale, quindi un movimento lungo una faglia normale (fig. 2). Sommando i rigetti provocati da tutti i terremoti, lungo questa faglia il dislocamento complessivo è superiore ai 1000 metri. 
Nella figura 3 vediamo i 3 segmenti del sistema di faglie interessato dai terremoti: il primo a muoversi è stato il settore centrale, poi a ottobre gli epicentri interessano a nord il settore del Monte Bove e a gennaio il settore della Laga a sud. Il segmento centrale è tratteggiato perché la faglia non arriva in superficie, mentre invece a nord nella zona di Castelluccio (sistema di M. Bove – M.Vettore) e a sud in quella di Campotosto (sistema della Laga) la faglia del Vettore e quella di Campotosto, ben visibili in superficie e ampiamente conosciute e studiate, sono inserite nel database ITHACA per la descrizione delle faglie attive e capaci (dove per “capaci” si intende “capaci di provocare fagliazione superficiale”). 

LA SEQUENZA DELLE REPLICHE. A terremoti così forti è sempre associata una lunga sequenza di “repliche”, in inglese "Aftershocks" (“repliche” è un termine più corretto rispetto a “scosse di assestamento”, che ne implica una chiara origine). 
Fig. 4 - La sequenza di Omori del terremoto del 2009
Queste repliche sono diminuite in intensità e frequenza con l’andare del tempo, seguendo la classica legge di Omori: Fusakichi Omori (1868 – 1923) è stato un geologo e geofisico giapponese che ha proposto una relazione empirica tra il tempo che trascorre da un terremoto importante e la diminuzione in frequenza e intensità delle repliche. Vediamo ad esempio in fig. 4 la sequenza di Omori associata al terremoto aquilano del 2009. Per questo è normale che la sismicità di fondo rimanga alta a distanza di settimane (e mesi) nell’area interessata da un forte evento sismico. Naturalmente ogni terremoto fa storia a se e quindi i coefficienti della legge di Omori variano da sequenza a sequenza; inoltre durante l’attenuazione della sequenza si possono verificare repliche di un valore superiore a quella che è, in quel momento, una Magnitudo caratteristica. Alcuni di questi eventi possono innescare a loro volta serie di Omori secondarie.
La durata che è sembrata infinita delle repliche probabilmente non è stata molto diversa da quella degli eventi storici, ma siccome la stragrande maggioranza degli eventi è strumentale, solo oggi con la rete di sismometri è stato possibile rendersi conto effettivamente di come scosse strumentali possano durare molto a lungo. Quindi non possiamo sapere quanto sono durate, ad esempio, le code degli eventi del 1700, anche se alcune fonti storiche parlano di scosse che si sono protratte per mesi.

Fig. 5 - La cartografia sismica nazionale
prevista nella OPCM 3519 del 2006
I TIMORI DI NUOVI EVENTI IMPORTANTI ARRIVARONO PRESTO. Subito dopo il 24 agosto, nel pieno della parte iniziale della sequenza di Omori generate dal terremoto di Amatrice e annidata nel settore centrale, gli scienziati non hanno nascosto la possibilità di nuovi terremoti distruttivi, in conformità con quanto avvenuto nel passato, ad esempio nel XIV e nel XVIII secolo quando ci sono stati forti terremoti con una frequenza molto serrata. 
Ad esempio l’11 settembre 2016 sul Corriere della Sera è apparso un articolo di Mario Sensini. Nell’articolo, il cui titolo un po' improvvido per colpa del titolista e non certo del giornalista era “Ora la frattura si sposta a Nord”, Paola Montone dell’INGV aveva detto, banalmente, che “l’evoluzione spazio – temporale della sismicità suggeriva la possibilità della migrazione dell’attività in settori adiacenti della faglia”.
 Paola Montone ha usato il verbo “suggerire”, Quindi anche se non si poteva escludere la possibilità di nuovi terremoti importanti, chiaramente quella non era una “previsione”, ma l’accettazione del fatto che in quel momento il rischio di qualche evento un po' più forte rispetto alla sismicità di fondo dell’area era notevole. 
Anche un rapporto prodotto da un gruppo di ricercatori afferenti a enti governativi e università straniere e italiane scrisse esplicitamente che era aumentata la probabilità di terremoti importanti nell’area (Piccardi et al, 2016).

Questa non era comunque una previsione, perché allo stato attuale i terremoti non si possono prevedere, neanche mezzo minuto prima che avvengano. Sappiamo comunque quali sono nel nostro Paese le aree con il maggiore potenziale sismico e difatti gli epicentri di tutti questi terremoti sono compresi nell’area ad alto rischio sismico corrispondente ad una fascia che corre lungo il crinale appenninico, chiaramente visibile nella carta sismica vigente dal 2006 (fig. 5), dove la magnitudo massima (Mw) potenziale associata alle varie faglie del sistema è intorno a 7. Questo valore è stato determinato da vari tipi di studi sui terremoti del passato: documenti storici importanti che attestano i danni nelle varie località, studi sul campo hanno evidenziato la presenza di forti dislocamenti cosismici, modificazioni del reticolo fluviale ed altre caratteristiche geomorfologiche. Un ottimo articolo che mostra diverse evidenze di movimenti lungo diverse faglie attive in Italia è Galli et al (2008).
I movimenti associati a un evento sismico importante sono stati particolarmente evidenti durante il più forte terremoto recente dell’area prima del 1997, quello del Fucino del 13 gennaio 1915, per oltre 80 anni l’unico realmente distruttivo avvenuto in “età sismologica” nell’Appennino centrale (Galadini e Galli, 1999).

Fig. 6 - Eventi sismici con M 3 e superiore fra il 24 agosto e il 25 ottobre 2016 
FINE OTTOBRE: ATTIVAZIONE DEL SISTEMA BOVE - VETTORE. Queste ipotesi di continuazione della sequenza (cosa diversa dal definirle “previsioni”) hanno avuto una tragica conferma due mesi dopo: il 26 ottobre due scosse molto forti hanno investito la zona tra Visso e Castelsantangelo sul Nera, a nord di Castelluccio. Per fortuna la prima delle due è stata la più debole, ma è stata sufficiente a far uscire la popolazione per strada e per questo la seconda, due ore dopo, ha colto gli abitanti all’aperto e non nelle proprie case all’ora di cena. Gli eventi del 26 ottobre hanno interessato duramente anche Camerino. 
Quattro giorni dopo, la mattina del 30 ottobre, è arrivata la scossa più violenta di tutte, il terremoto M 6.5 di Norcia. Questo terremoto, il più forte avvenuto in Italia dopo la tragedia irpina del 23 novembre 1980, ha prodotto una serie di effetti superficiali diffusi, in particolare ci sono stati dei movimenti ben visibili sia lungo la faglia principale (fino a quasi 2 metri di rigetto allo Scoglio dell’Aquila, sul monte Vettore) che lungo tutta una serie di faglie accessorie; alcuni di questi hanno addirittura sbarrato il passo ad alcuni ruscelli, provocando la formazione di piccoli laghi temporanei (ho descritto alcune faglie del bacino di Castelluccio qui). Inoltre a seguito del sisma c’è stata una importante modificazione nel sistema di circolazione delle acque sotterranee (il massiccio dei Sibillini è essenzialmente formato da rocce carbonatiche delle quali il carsismo costituisce una delle caratteristiche peculiari): il fiume Nera nei giorni successivi ha più che triplicato la sua portata, passando da 3 a 10 metri cubi a secondo. Ma il terremoto per fortuna non ha fatto vittime anche a causa delle scosse del 26, dopo le quali gran parte della popolazione di una vasta area non era ancora tornata a casa. Naturalmente con le scosse del 26 e del 30 ottobre sono iniziate nuove sequenze di Omori. 
Fig. 7 - dal 26 ottobre la sismicità a M 3 e superiore interessa anche la zona più settentrionale
fino ad allora risparmiata. La linea rappresenta il limite di questa sismicità al 25 ottobre

 Fig. 8 - gli eventi con M 3 e più fino a maggio 2019: si vede come dopo
gli eventi di Campotosto anche la parte meridionale non ha zone senza epicentri
18 GENNAIO 2018: I TERREMOTI DI CAMPOTOSTO. Dopo qualche mese di scosse più o meno risentite quotidianamente dalla popolazione locale, a metà gennaio la sequenza sismica ha avuto una nuova recrudescenza, stavolta a sud di Amatrice, generando i 4 terremoti di M compresa fra 5.0 e 5.4 del 18 gennaio 2018. Da allora non sono state più registrati eventi sismici con tale Magnitudo. 

In queste carte si vede la distribuzione delle repliche in tre intervalli temporali significativi, osservando esclusivamente gli eventi con M uguale o superiore a 3: la sequenza iniziata il 24 agosto 2016 è caratterizzata da 3 fasi: 
  1. nella prima fase (fig. 6), dal 24 agosto al 25 ottobre, la sismicità è essenzialmente annidata fra Preci a nord e il lago di Campotosto a sud, ma con gli eventi più meridionali “staccati” dagli altri. Questo denota che il settore settentrionale del Monte Vettore non ha ancora iniziato a muoversi. 

  2. il 25 ottobre 2016 (fig. 7) si attiva anche la parte settentrionale tra Preci e Camerino, e fino al 15 gennaio 2017 le repliche coprono tutta l'area tra Muccia a nord e Pizzoli a sud, a parte una leggera discontinuità che separa gli eventi della zona di Amatrice da quelli di Campotosto 

  3. dopo il 15 gennaio 2017 (fig. 8) non esiste più il gap tra Amatrice e Campotosto e la distribuzione delle repliche è praticamente continua

Fig. 9: tra aprile e maggio 2018, oltre a due eventi a Campotosto,
solo la zona di Pieve Torina è stata unteressata da sismicità con M 3+
LA CODA DI PIEVE TORINA. Nella primavera del 2018 si è evidenziato un aumento della frequenza e della magnitudo degli eventi nella zona più settentrionale del cratere sismico: tra Muccia e Pieve Torina, dal 4 aprile al 23 maggio 2018, l’area estremamente localizzata evidenziata nella carta di fig. 9, è stata colpita da 172 eventi con M > 2.1, dei quali 19 con M uguale o superiore a 3 e, soprattutto, dalle le punte di M 4.0 il 4 e 4.6 il 10 aprile. Ma era dall'inizio del 2018 che in zona si registrava una attività superiore a quella dei mesi precedenti: vi sono stati localizzati dal 1 gennaio al 22 maggio 2018 ben 36 dei 38 eventi con M 3 ed oltre di tutto il cratere. L’evento del 4, ma soprattuto quello del 10 aprile, hanno innescato a loro volta una piccola sequenza di Omori: limitandoci a terremoti con M uguale o superiore a 3 la zona di Muccia è stata interessata tra il 10 e il 30 aprile 2018 da 10 eventi (compreso il 4.6 del 10 aprile) e da 5 eventi nel giugno successivo, mentre in tutto il resto del cratere tra il 10 aprile e la fine di maggio ne è stato registrato solo uno; nel resto del 2018 in tutta l’area ci sono stati 7 eventi con M uguale o superiore a 3, mentre nel 2019 fino a tutto il 10 giugno sono stati registrati 4 eventi. 
Dal punto di vista temporale in tutta l'area interessata gli eventi complessivi con M3+ sono 260 entro il 23 ottobre 2016, e 957 entro il 14 gennaio 2017; considerando solo la zona del M 6.5 del 30 ottobre 2016, i 3 eventi più forti che hanno seguito la scossa principale sono: 

• M 4.8 1 novembre 2016 
• M 4.7 3 novembre 2016 
• M 4.6 10 aprile 2018 

Insomma, la sequenza di Omori iniziata il 24 agosto 2016 sembra finalmente volgere al termine... 
 


Gupta e Scholz, 2000. A model of normal fault interaction based on observations and theory. Journal of Structural Geology 22, 865–879

Galadini e Galli, 1999. The Holocene paleoearthquakes on the 1915 Avezzano earthquake faults (central Italy): implications for active tectonics in central Apennines, Tectonophysics 308, 143–170. 

Galli et al 2008. Twenty years of paleoseismology in Italy. Eart. Sci. Rev., DOI: 10.1016/j.earseirev.2008.01.001

Piccardi et al 2016. The August 24, 2016, Amatrice earthquake (Mw 6.0): field evidence of on‐fault effects – preliminary report
  

1 commento:

mario sensini ha detto...

Grazie per la citazione, Aldo
Mario Sen