lunedì 29 febbraio 2016

Perchè le attività di estrazione di idrocarburi non c'entrano nulla con i terremoti emiliani del 2012


Quelle che una volta si chiamavano “chiacchiere da bar” e restavano confinate in quell'ambiente, oggi con l'avvento dei social media si propagano con una velocità incredibile. Il problema è che a 400 anni di distanza da Galileo a chi si occupa seriamente di Scienza tocca ribadire il primato dei fatti sul pensiero, specialmente davanti a chi pensa che si possa applicare il principio della democrazia anche nella Scienza. Non è così: nella Scienza contano i fatti.
A questo punto mi sento quindi in dovere di ricapitolare la faccenda dei terremoti dell'Emilia del 2012 a causa dell'indecente strepitare antiscientifico di tanta gente a cui spesso la politica ha dato voce per convenienza o per inconsistenza cerebrale. Dedicando il post a Umberto Eco, non perché mi stesse particolarmente simpatico, ma perché ha sempre avuto il coraggio di sostenere che i Social Network hanno il difetto di dare la parola a milioni di imbecilli. E su questo tema le idiozie purtroppo si contano a migliaia.... 

La vox populi ha esplicitamente correlato (sbagliando) i terremoti dell'Emilia del 2012 con l'attività di estrazione di idrocarburi. Tutti questi strepiti comunque avuto il merito di porre il problema della sismicità dovuta a cause antropiche, cosa di cui in Italia si era parlato poco (ma si parla poco anche della sismicità naturale o, meglio, la gggente si preoccupa di un paio di scossettine, grida “aiuto! aiuto!”, ma non fa niente per esigere soluzioni). Ne ho parlato nel post precedente a questo.

1. SISMICITÀ INDOTTA, ATTIVATA E NATURALE

La zona cataclastica dentro una faglia
Una faglia è una frattura della crosta lungo la quale c'è stato uno spostamento fra le rocce poste ai due lati. Tra i due lati in genere esiste una fascia di rocce fratturate e permeabili, la zona cataclastica (nomaccio...), visibile in questa immagine.
Normalmente le faglie rimangono ferme a causa dell'attrito. Quindi per muoversi lo sforzo deve superare la forza di attrito e questo può avvenire in due maniere:
  1. aumento dello sforzo perché il campo di sforzo si modifica
  2. diminuzione dell'attrito perché il piano di faglia si lubrifica

La maggior parte della sismicità antropica è dovuta a reiniezioni di fluidi che penetrando lungo le zone cataclastiche vi aumentano la pressione dei liquidi, diminuendo l'attrito.
La sismicità indotta si produce lungo faglie che sono state attive in un passato remoto (esempio: le faglie paleozoiche dell'Oklahoma), che attualmente non sarebbero in stato di sforzo tale da muoversi naturalmente.
Nella sismicità attivata invece si tratta terremoti lungo faglie che già sono sotto sforzo (quindi in generale zone dove l'attività tettonica è un fatto “normale”): una piccola perturbazione generata dall'attività umana risulta sufficiente per muovere il sistema da uno stato “quasi-critico” (prossimo alla rottura) a uno “stadio instabile” (che coincide con la rottura).Un particolare importante è che con ogni probabilità anche senza intervento umano il terremoto ci sarebbe stato lo stesso in un futuro “prossimo” (geologicamente parlando) e quindi l'evento sismico è stato semplicemente anticipato.

2. PERCHÉ I TERREMOTI EMILIANI DEL 2012 SONO COMPLETAMENTE NATURALI?

Le zone a rischio sismico nella pianura padana
in una carta del 2003 presa da [1]
Ricapitoliamo in breve le motivazioni per le quali non si può addebitare alla attività umana i terremoti del 2012:

QUADRO TETTONICO. I terremoti del 2012 sono avvenuti lungo faglie ben conosciute e segnalate dalla Scienza, che si sono comportate esattamente come era stato ipotizzato [1]. Lo evidenziai immediatamente dopo la prima scossa principale. La sismicità storica conferma la pericolosità dell'area, zona di convergenza fra due zolle, come avevano già segnalato i geologi ferraresi (in particolare il mio amico Antonio Mucchi) decenni fa.

BASSA PROFONDITÀ IPOCENTRALE. É stata proprio la circostanza da cui sono partiti tutti gli strepiti: gli eventi emiliani sono avvenuti a profondità molto bassa (da qui i forti danni). E questo è un dato di fatto incontrovertibile, ma se è vero che tutti i terremoti di origine antropica si scatenano a bassa profondità, non è vero che tutti i terremoti a profondità inferiore a 10 km sono di origine antropica. Questo concetto, che fatica ad entrare in certe teste, ha comunque convinto la Regione Emilia Romagna ad approfondire la cosa.

IL FRACKING NON C'ENTRA NIENTE. È interessante notare che si sono moltiplicate voci sullo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi con il fracking o la realizzazione di un deposito di stoccaggio nel sottosuolo di gas a Rivara, molto vicino alla zona degli epicentri. Niente di tutto questo è vero!
Chi parla di fracking in Emilia è evidentemente convinto che questa tecnica sia di uso comune in tutti i campi petroliferi mondiali; non sa che invece questo è un metodo inventato di recente ed adatto a condizioni particolari in giacimenti non sfruttabili in altro modo: rocce argillose impermeabili e dure, ben diverse da calcari o arenarie che sono le normali rocce serbatoio. In Italia l'unica formazione di questo tipo con uno spessore decente è la Streppenosa della Sicilia di SE, ma non pare che i quantitativi estraibili possano essere di un qualche interesse anche perchè le precauzioni ambientali da sostenere sarebbero elevatissime (essenzialmente per la circolazione delle acque sotterranee, incoraggiata da estese fratturazioni) e quindi porrebbero vincoli economici troppo forti. 

Nel caso specifico, spiegai anche perché non si fa fracking in Emilia

  • una importante considerazione è che nè nel sottosuolo della pianura padana, nè in tutto il resto dell'l'Italia ci sono rocce coltivabili con il fracking (direi per fortuna...)
  • è impossibile nascondere una attività simile, sia per l'enorme quantitativo di acque richiesto (il cui prelievo verrebbe notato), sia perché la dispersione di quelle di risulta non passerebbe inosservata a causa di morie di pesci e quant'altro
  • mancano le vasche che accompagnano questi impianti (qualcuno mi fece vedere le immagini di vasche di raccolta dei liquami degli allevamenti di suini...)
In una discussione chiesi inoltre quali rocce sarebbero state sfruttate con il fracking, ovviamente non ricevendo risposta.

LO STOCCAGGIO DI RIVARA, ALTRA BUFALA. In Italia esistono diversi stoccaggi sotterranei di gas. Uno nuovo doveva giusto essere realizzato a Rivara, vicino a Mirandola. C'è una vasta letteratura sulle voci a proposito di questo impianto e il suo ruolo nella sequenza sismica. Anche qui beneamata ignoranza: i soliti informati pensano che per realizzare uno stoccaggio di gas si deve “scavare delle caverne” e qualcuno avrebbe addirittura sentito "le esplosioni per farle": in realtà si utilizza la normale porosità del terreno e quindi – volendo parlare in termini elementari -  le “caverne” sono semplicemente gli spazi fra i grani che compongono il sedimento (in molti casi gli stoccaggi vengono realizzati in vecchi giacimenti di idrocarburi esauriti).
Inoltre, e qui si sfiora il ridicolo, l'impianto di Rivara era ancora allo stadio di progetto e quindi non c'era stata ancora nessuna operazione a tal proposito

3. LA REGIONE EMILIA ROMAGNA E IL RAPPORTO ICHESE

Siccome la profondità di quelle scosse è stata molto bassa, possibile (ma non certo!) sintomo di sismicità, la Regione Emilia-Romagna ha costituito una commissione internazionale per studiare la situazione, che ha scaturito un rapporto interessante e ben fatto [2],  da me ampiamente esaminato in questo post.
Riassumo brevemente:
  • il processo sismico iniziato prima del 20 Maggio 2012 e continuato nella sequenza sismica del Maggio – Giungo 2012 è dal punto di vista della tempistica correlato all'aumento della produzione e della iniezione nel campo del Cavone
  • la maggior parte dei casi documentati di sismicità indotta sono associati ad acquiferi dove l'iniezione di fluidi induce variazioni nella pressione delle falde, ma in Emilia gli acquiferi vicini sono in grado di compensare agilmente questi aumenti
  • in base ai dati di sismicità storica si può ritenere molto probabile che il campo di sforzi su alcuni segmenti nel sistema di faglie attivato nel 2012 fosse ormai prossimo alle condizioni necessarie per generare un terremoto di M intorno a 6
  • la distribuzione delle repliche della scossa del 20 maggio è perfettamente in linea con quella teorica di un normale terremoto tettonico
  • il campo Cavone è molto più vicino all'epicentro della seconda scossa che non a quello della prima

Quindi il rapporto escluse la possibilità che l'attività di reiniezione a Cavone abbia indotto il movimento delle faglie coinvolte nel terremoto dell'Emilia, ma non può escludere la possibilità che lo abbia attivato, fornendo un minimo aumento di sforzo ad una faglia che era pronta a scattare (si parla dunque ed in maniera molto dubitativa di sismicità attivata e non indotta, che sono due cose diverse)
Le conclusioni sono molto vaghe: i dati sono carenti e occorrerebbe il lavoro di un'altra commissione senza il quale "non si può escludere" una relazione fra terremoti e reiniezione.
NB: non è una contraddizione dire che il rapporto è ben fatto e nel contempo che le sue conclusioni sono vaghe: semplicemente ha constatato una realtà oggettiva.

Comunque "non escludere" non è sinonimo di "essere certi"... quindi chi sostiene che la commissione ICHESE abbia sancito una relazione fra terremoti e reiniezione a Cavone dice una solenne idiozia. Ci possono essere solo 3 motivi per sostenerlo:
  • non aver letto il rapporto limitandosi al “sentito dire
  • non averci capito nulla
  • essere in malafede (questa spero proprio di no...)

Il comportamento della Regione lascia parecchio perplessi: è stato poco trasparente prima dell'uscita del rapporto, come se volesse nascondere il problema; sarebbe stato decisamente meglio rendere pubblico il tutto prima che uscisse un articolo in materia su Science [3]. Naturalmente molta gente (che non lesse l'articolo ma che "sapeva ogni cosa”) capì quello che voleva capire e cioè che i terremoti erano colpa dell'attività umana. In realtà, come feci già notare a suo tempo, per evitare di dire idiozie sarebbe bastato leggere meglio il titolo dell'articolo: non era scritto "Human Activity has surely induced fatal Italian Earthquakes", bensì "may have triggered", il che, secondo una normale prassi di rigore nel riportare le notizie, avrebbe dovuto consigliare una certa prudenza nelle conclusioni.

4. LE PROVE AL POZZO CAVONE ESCLUDONO DEFINITIVAMENTE UN LEGAME 
FRA LA REIMMISSIONE DI ACQUE DI STRATO E LA SISMICITÀ DEL 2012

Ad ogni modo fu fatto quanto richiesto dal rapporto ICHESE, cioè un supplemento di indagine per valutare le variazioni di pressione indotte dal pozzo Cavone 14 [4]. Devo dire che il testo di questo secondo rapporto è molto complesso e difficilmente comprensibile per i non addetti ai lavori (a parte le conclusioni). Sono state effettuate delle prove di iniezione e delle simulazioni numeriche che hanno stabilito come il valore delle variazioni di pressione indotte dalla reiniezione di forti quantità di acque di strato nel pozzo Cavone 14 non è assolutamente in grado di poter esercitare la benchè minima influenza sullo stato di sforzo delle faglie della zona e quindi la relazione fra i terremoti del 2012 e l'attività petrolifera è esclusa.

Nonostante questo, c'è ancora chi continua a parlare di un nesso causale fra terremoti del 2012 e attività estrattiva.
E ci siamo di nuovo con le stesse considerazioni di prima: ignoranza o cattiva fede?
Chi scrive non è un fanatico dell'estrazione e dell'utilizzo dei combustibili fossili, tutt'altro... basta vedere cosa ho scritto su effetto serra e cambiamenti climatici.
Ma le cose vanno dette come stanno: la Scienza non può essere accomodata per le proprie esigenze, né per quelle dei petrolieri né per quelle dei NO-TRIV.

[1] Burrato et al (2003) An inventory of river anomalies in the Po plain, Northern Italy: evidence for active blind thrust faulting. Annals of Geophysics 46, 865-882
[2] ICHESE (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia-Romagna region) 2014: Report on the hydrocarbon exploration and seismicity in Emilia Region. Regione Emilia-Romagna, E-R Ambiente, Geologia, sismica e suoli, Bologna, Italy, 213 pp., 
[3] Cartlidge 2014 Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquakes, Panel Says. Science 344, 141 
[4] Astiz et al 2014 On the potential for induced seismicity at the Cavone oilfield: analysis of geological and geophysical data, and geomechanical modeling. Report for the Laboratorio di Monitoraggio Cavone, 139 pp.,

sabato 20 febbraio 2016

La sismicità indotta dalle attività antropiche in Italia


La sismicità indotta dalle attività antropiche, in particolare quella derivata dalla reiniezione di fluidi nel sottosuolo, è diventata un caso piuttosto grave negli Usa (in particolare nell'Oklahoma). Anche l'Italia non è immune dal fenomeno, ma purtroppo nel dibattito pubblico in materia la grande assente è spesso la Scienza, dato che in molti casi chi “fa opinione” è creduto attendibile (se non addirittura spacciato per geologo) quando invece non lo è. In questo post passo in rassegna i casi italiani. Avvertenza: questo post è asettico, rigidamente scientifico e non contiene le mie considerazioni personali. È quindi un invito a tutti di occuparsi di queste cose non certo dimenticando le proprie convinzioni (mi rivolgo espressamente a no-triv e paladini dell'estrazione di petrolio in Adriatico) ma ricordando ad entrambi gli schieramenti che comandano i dati e che quindi qualsiasi interpretazione deve tenerne di conto prima di essi e poi delle proprie idee. Altrimenti si ritorna al “primato delle idee sui fatti” e buonanotte al metodo scientifico. Nel testo ci sono diversi collegamenti a post che ho scritto in passato sull'argomento e indicazioni bibliografiche.

Negli ultimi anni la sismicità indotta da attività antropiche sta diventando un problema sentito e dibattuto (purtroppo spesso la discussione è ideologizzata e la fanno da padrone soggetti che si attribuiscono competenze non loro). In questo post avevo distinto la sismicità indotta da quella innescata e da quella naturale. La questione riveste una particolare importanza in aree in cui non esiste o quasi sismicità naturale e dove – quindi – l'attribuzione antropica degli eventi è sostanzialmente facile a confermarsi (penso in generale alla zona centrale degli Usa ed in particolare all'Oklahoma o all'Olanda [1]. Il problema invece è più complesso in Italia, per due motivi:
  • viviamo in un territorio caratterizzato da un fondo naturale di sismicità piuttosto importante anche in aree dove le attività antropiche sono potenzialmente capaci di generare terremoti. Per questo motivo la correlazione fra alcuni eventi sismici e l'attività umana è considerata “probabile” ma non “sicura
  • in Italia c'è tanta gente che a proposito di Scienza è diventata un opinion maker pur parlando di cose che non conosce (o conosce molto sommariamente: Stamina, Xylella e L'Aquila sono alcuni dei più tristi esempi in materia) e, nel caso che ci interessa, ci sono persino persone che passano per essere geologi quando non lo sono

L'esempio delle cosiddette “trivelle” è illuminante al proposito: sta passano d'idea che il problema siano le trivellazioni di pozzi, non la reiniezione di fluidi come invece è stato ampiamente dimostrato (e di cui la maggior parte di chi discute non ne conosce neanche l'esistenza). Chi fosse interessato può leggere questo mio post che illustra il problema negli USA centrali.

Come è illuminante una seconda questione. L'attività antropica è in grado di generare solo terremoti a profondità molto ridotta (diciamo non oltre gli 8 km). Per cui da un lato gli strepiti sulle trivelle come causa dei terremoti dell'Adriatico del dicembre 2015 sono, mi si permetta il termine, delle emerite cazzate. Ma c'è chi afferma, sbagliando, che qualsiasi terremoto avvenuto a profondità inferiore a 10 km sia di origine antropica. È un errore che denota impreparazione scientifica e volontà di piegare i dati alle proprie convinzioni o convenienze.

LE CAUSE DELLA SISMICITÀ INDOTTA

Le ho passato in rassegna in questo post. Riepilogando, i casi tipici sono:
  • riempimento di bacini lacustri a seguito della costruzione di una diga: il peso dell'acqua modifica il campo di sforzi sottostante 
  • iniezione di fluidi nei campi geotermici, che rimette in movimento delle faglie preesistenti: la maggiore pressione dei liquidi nelle zone di faglia diminuisce l'attrito che le tiene ferme
  • attività connesse all'estrazione di idrocarburi: è un campo molto vasto. Anche qui in genere è la reiniezione delle cosiddette acque di strato (quelle estratte insieme al petrolio) e che dato il contenuto di sali non possono essere disperse nell'ambiente; alle volte vengono impiegate per la stimolazione della produzione di un pozzo
L'inizio delle attività di coltivazione dei gas – shales con il metodo del fracking corrisponde ad un forte aumento della sismicità. Ma solo in 3 casi c'è una correlazione diretta con i terremoti:
  • Preese Hall – Lancashire (UK) – 2011 
  • Poland Township – Ohio (USA) – 2014 (mio post in materia)
  • Fox Creek – Alberta (Canada) – 2015

In genere, quindi, anche per il fracking è sotto accusa lo smaltimento delle acque impiegate per frantumare la roccia in pressionee non, come erroneamente viene riportato, la pratica stessa.
Annoto che la forte sismicità che sta colpendo l'Oklahoma deve essere addebitata allo smaltimento in pozzi profondi di grandi quantità, maggiori che altrove, di acqua di strato estratta insieme al petrolio (come ho fatto notare in questo post).  

LA SISMICITÀ INDOTTA IN ITALIA

In Italia ci sono alcuni casi di sismicità indotta, recentemente riepilogati in un ottimo lavoro, di cui primo firmatario è il buon Mucciarelli [2]

1. CREAZIONE DI INVASI ARTIFICIALI. Molti bacini artificiali si trovano ben all'interno della catena alpina e di quella appenninica, in zone caratterizzate di loro da una sismicità elevata. Come di vede dalla tabella qui sotto, tratta da [3] ci sono stati diversi casi nei quali sembra appurata una connessione fra sismicità indotta e riempimento dell'invaso.


2. CAMPI GEOTERMICI. La sismicità è indotta dalla iniezione di fluidi che servono per il trasporto del calore. Nell'area intorno al confine fra Toscana meridionale e Lazio il vulcanismo recente ha lasciato un buon numero di campi geotermici residui. 
In Toscana i dati mostrano una sicura relazione fra eventi a bassa magnitudo e reiniezione dei fluidi; le cause degli eventi maggiori sono invece dibattute a causa del livello naturale di fondo e quindi per alcuni Autori sono eventi naturali, per altri indotti o innescati. 
Per questo la connessione è indicata solo come ipotizzata nell'episodio più grave accaduto in zona, il 1 aprile 2000 (M locale 3.9 e M momento 4.5 - ipocentro ad appena 2 km di profondità), durante il quale sono stati danneggiati numerosi edifici nella zona SE del Monte Amiata. È evidente nel danneggiamento il ruolo della bassissima profondità dell'evento, che è proprio la circostanza che ne suggerisce la stretta connessione con l'attività geotermica [4].
Nel Lazio settentrionale nei due campi geotermici dei Monti Vulsini (Latera e Torre Alfina) iniezioni di fluidi sono state accompagnate da sequenze sismiche a magnitudo crescente (un chiaro sintomo di sismicità indotta), che ha raggiunto 2.9 a Latera e 3.0 a Torre Alfina.
Anche a Cesano di Roma, sul vulcano dei monti Sabatini le due iniezioni a scopo esplorativo del 1978 sono state entrambe immediatamente seguite da eventi sismici con M massima di 1.6 e le prove sono state interrotte [5]

3. ESTRAZIONE DI IDROCARBURITralascio volutamente il caso dei terremoti emiliani del 2012, perché – appunto - l'attività estrattiva non c'entra nulla con quella tragica sequenza (come invece afferma la vox populi) anche se mi ripropongo di ribadire prossimamente tutta quella assurda storia. Faccio solo notare che:
  1. nel sottosuolo della pianura padana e in tutta l'Italia NON ci sono rocce coltivabili con il fracking (attività che oltretutto, come ho scritto in questo post, è impossibile nascondere) 
  2. l'impianto di stoccaggio sotterraneo di Rivara era ancora allo stadio di progetto e quindi non era stata eseguita ancora nessuna operazione a tal proposito
  3. i terremoti sono avvenuti lungo faglie ben conosciute e segnalate dalla Scienza, come evidenziai immediatamente dopo la prima scossa principale
  4. la sismicità storica conferma la pericolosità dell'area, zona di convergenza fra due zolle
  5. il rapporto ICHESE [6] non escluse la connessione (sia pure definendola molto improbabile, proponendo un supplemento di indagine, che è stato eseguito e ha dimostrato l'insussistenza del legame [7]
Ma nonostante tutto c'è chi continua a credere a queste panzane. 

Ci sono altri casi: il primo è il terremoto di Caviaga (Lodi) del 15 maggio 1951 (M 5.4, profondità 5 km). Questo evento coincide con l'attività estrattiva nella zona nel tempo e nello spazio. Ma se all'inizio fu considerato un evento molto superficiale, la riconsiderazione complessiva dei dati ha dimostrato che si tratta di un evento in profondità egato alla tettonica della zona e quindi assolutamente naturale [8]
La cosa ironicamente divertente è che tutti i contrari al petrolio italiano considerano questo evento di natura indotta, mentre per i favorevoli normalmente no. È un classico esempio di ideologia applicata alla Scienza: la tempistica coincidente con lo sfruttamento di un giacimento di petrolio e la bassa profondità ipocentrale sono sicuramente sintomi che portano a sospettare pesantemente la cosa, ma, ripeto, non c'è un automatismo e quindi Caviaga può essere considerato solo come “probabilmente indotto”, ma non “sicuramente” come asseriscono alcuni...  Intendiamoci, penso anche io che sia stato indotto, ma non riesco certo a dimostrarlo!

L'altra zona dove è stata ipotizzata una relazione fra reiniezione di fluidi e sismicità è la val d'Agri. Anche qui il problema è la sismicità di fondo in un'area storicamente prona a fenomeni sismici.
I dati dimostrano a partire dal 2006 una netta correlazione spaziale e temporale  fra la reiniezione della cosiddetta acque di strato estratta insieme al petrolio nel pozzo Costa Molina 2 e l'attività microsismica iniziata nel Giugno 2006 [9]


CONCLUDENDO

Che cosa possiamo dire in conclusione? Che il problema è molto serio, specialmente a causa della scarsa profondità degli eventi indotti, ma soprattutto a causa della bassa qualità media degli edifici in Italia (ricordando che non è il terremoto a uccidere, specialmente a queste intensità, ma la cattiva edilizia!). 
E nella VIA (valutazione di impatto ambientale) per l'autorizzazione di impianti del genere si rende necessaria una stima della possibile intensità della sismicità indotta, confrontandola con la classificazione del luogo in base alla sismicità naturale e -  ovviamente – con lo stato dell'edilizia della zona. 

Al solito, bisognerebbe ragionare caso per caso in maniera serena. Ma perché succeda questo, occorrerebbe anche una opinione pubblica (e soprattutto degli opinion maker!) di spessore scientifico. Invece molti hanno studiato scienze alla iutiùb iunivèrsiti o su wikipedia, non sui banche delle università.
E i risultati si vedono.... 

[1] van Eck et al. 2006: Seismic hazard due to small-magnitude, shallow-source, induced earthquakes in The Netherlands. Eng. Geol., 87, 105-121
[2] Mucciarelli et al 2015 Seismic hazard from natural and induced seismicity: a comparison for Italy Bollettino di Geofisica Teorica ed Applicata 56/4, 519-526
[3] ISPRA 2014: Rapporto sullo stato delle conoscenze riguardo alle possibili relazioni tra attività antropiche e sismicità indotta/innescata in Italia. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Roma, Italy, 71 pp
[4] Mucciarelli et al. 2001: Osservazioni sul danneggiamento nella zona del Monte Amiata a seguito del terremoto del 1° Aprile 2000. In: Atti X Congresso Nazionale “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Potenza-Matera, Italy, CD-Rom Edition
[5] Batini et al 1980 Seismic monitoring in Italian geothermal areas II: seismic activity in the geothermal fields duringexploitation. In: Proceedings of Second DOE-ENEL Workshop on Cooperative Research in Geothermal Energy, Report LBL-11555, Lawrence Berkeley Laboratory, Berkeley, CA, USA, October 20–22, pp. 48–85
[6] ICHESE (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia-Romagna region) 2014: Report on the hydrocarbon exploration and seismicity in Emilia Region. Regione Emilia-Romagna, E-R Ambiente, Geologia, sismica e suoli, Bologna, Italy, 213 pp.
[7] Astiz et al 2014 On the potential for induced  seismicity at the Cavone oilfield: analysis of geological and geophysical data, and geomechanical modeling. Report for the Laboratorio di Monitoraggio Cavone, 139 pp
[8]Caciagli et al 2015 Can We Consider the 1951 Caviaga (Northern Italy) Earthquakes as Noninduced Events? Seismological Research Letters (2015) 86 (5): 1335–1344. 
[9] Valoroso et al 2009 Active faults and induced seismicity in the Val d’Agri area (southern Apennines, Italy).Geophys. J.Int. 178, 488–502

lunedì 15 febbraio 2016

L'influenza delle condizioni climatiche nel popolamento dell'Europa prima e durante la glaciazione wurmiana


Un lavoro appena uscito su Current Biology riassume i grossi sforzi di un team internazionale in cui anche l'Italia ha svolto un ruolo importante, che ha potuto tracciare, tramite lo studio del DNA mitocondriale, la storia di Homo sapiens in Europa da quando, meno di 50.000 anni fa i primi esponenti di Uomo anatomicamente moderno si sono insediati in Europa sostituendo i neandertaliani. I nuovi dati hanno evidenziato come le variazioni climatiche (in particolare le dure condizioni imposte dalla glaciazione wurmiana) abbiano profondamente inciso sulla dinamica demografica in Europa e risolto alcuni dubbi sulla storia dell'uscita dall'Africa.

IL CLIMA IN EUROPA TRA 50.000 ANNI FA E L'ULTIMO MASSIMO GLACIALE. I primi esponenti di uomo anatomicamente moderno sono arrivati in Europa meno di 50.000 anni fa. Questa espansione è avvenuta durante il MIS 3, un intervallo caldo compreso fra 60 e 27.500 anni fa  durante il quale si è assistito ad una forte espansione dell'umanità. Il loro arrivo ha provocato l'estinzione degli uomini locali, i Neandertaliani, che una volta erano diffusi tra Europa, Asia centrale e coste del Mediterraneo. 
Il periodo successivo è il MIS 2, iniziato 27.000 e finito 11.700 anni fa: corrisponde alla glaciazione wurmiana  ed è stata una fase più fredda, in cui le calotte glaciali hanno ricominciato ad avanzare, raggiungendo la massima estensione 20.000 anni fa, quando durante l'ultimo massimo glaciale, noto in letteratura scientifica come LGM – Latest glacial Maximum, ricoprivano Scandinavia, Mare del Nord e buona parte delle Isole Britanniche, giungendo fino alla Germania settentrionale. Nello stesso tempo la maggior parte delle principali catene montuose europee come le Alpi erano a loro volta ricoperte da ghiacciai permanenti. 
A sud delle calotte e a nord di Alpi e Pirenei, l'Europa era coperta da una inospitale tundra e da una steppa, abitate da una fauna sparsa di cui i rappresentanti più noti sono il Mammut e il rinoceronte lanuto. Durante la fase più fredda non ci sono tracce di occupazione umana dell'area [1].
L'LGM è stato quindi un periodo molto duro per i cacciatori – raccoglitori europei, che hanno potuto sopravvivere soltanto nell'area mediterranea dove si erano rifugiati insieme a faune e foreste che qualche migliaio di anni prima occupavano larga parte del continente.

In alto la popolazione umana durante l'acme della
glaciazione Wurmiana. In basso la situazione precedente 
all'inizio della glaciazione, durante il MIS3. Da [1]
Blu= Neandertal; Arancio=Sapiens; Giallo=Denisova 
LA FASE DI DEGLACIAZIONE DELLA FINE DEL WURMIANO. È la parte finale del MIS 2: quando i ghiacci hanno iniziato ad arretrare e le temperature a risalire uomini, faune e boschi ricominciarono l'espansione verso nord: la caccia umana e la perdita della vegetazione di tundra e steppa, loro sostentamento, a vantaggio del biota forestale che era ritornato dopo la fase glaciale, sono state due terribili sfide per i grandi mammiferi che occupavano la zona e a seguito delle quali scomparvero rapidamente dall'Europa.
Nel periodo post-LGM le temperature erano ancora basse e le piogge scarse, perché era l'epoca di “Heinrich 1”: la deglaciazione della zona della Baia di Hudson e del mare di Barents immetteva nell'Atlantico nordoccidentale un forte quantitativo di acque pesanti perché fredde, che entrarono in concorrenza con quelle pesanti perché salate provenienti dalla Corrente del Golfo: entrambe infatti tentavano di sprofondare davanti alle coste dell'America Settentrionale e muoversi verso sud nelle profondità marine. In quel momento le acque fredde settentrionali erano quelle vincenti e il risultato fu il blocco della AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation, termine traducibile come inversione verso sud della circolazione atlantica) e, conseguentemente, della Corrente del Golfo. Per cui l'Atlantico di NE divenne più freddo (non riuscendo a riscaldare l'Europa più di tanto) mentre a causa della scarsa evaporazione le piogge non erano certo abbondanti (anche se, sicuramente, erano maggiori di prima). 

14.500 anni fa si concluse Heinrich 1: le acque calde della corrente del Golfo ripresero a circolare, le temperature risalirono e le piogge aumentarono: iniziò il tardo glaciale, noto anche come stadio di Bolling – Allerod, in cui il clima era generalmente più freddo di oggi ma esistevano treni di annate molto più calde anche di quelle odierne.

LA STORIA GENETICA UMANA IN RELAZIONE AL PRIMO POPOLAMENTO DELL'EUROPA. Un lavoro apparso proprio in questi giorni su Current Biology [2] ad opera di un folto gruppo internazionale di cui fanno parte anche ricercatori fiorentini, ha dimostrato che questi eventi climatici si sono drammaticamente riflessi sulle popolazioni umane. È stato esaminato il DNA mitocondriale di 35 individui da Italia, Germania, Belgio, Francia, Cechia e Romania, aventi una età compresa fra 35 e 7 mila anni fa.

Tutta l'umanità non africana appartiene a due linee basali del DNA mitocontriale, gli aplogruppi M e N, che sono più vicini fra loro rispetto a tutte le linee africane. Nelle odierne popolazioni di Asia, Oceania e nei nativi americani ci sono entrambi gli aplogruppi, mentre prima di questo lavoro in Europa c'erano solo esponenti di N. Il progenitore comune più giovane dei portatori dell'aplogruppo M è vissuto circa 50.000 anni fa, 60.000 anni fa quello dell'aplogruppo N.  
Queste differenze temporali e la mancanza di M in Europa erano state interpretate in maniera piuttosto varia: 
  1. una prima diffusione di individui appartenenti a M in Asia, probabilmente passando lungo le coste meridionali del continente, seguito da una successiva diffusione degli individui portatori di N; solo la seconda ha raggiunto l'Europa
  2. una dispersione singola e rapida in Eurasia di una popolazione mista dei due gruppi, che ha raggiunto prima l'Asia, mentre la popolazione europea deriva da un gruppo in cui M era stato perso
  3. una espansione precoce, avvenuta prima della differenziazione fra M e N a cui in Europa è seguita una perdita di M a causa di dinamiche demiche locali

Ricordo che le popolazioni dell'Africa mediterranea sono da considerarsi non – Africane, riservando il termine "africano" a quelle che vivono a sud del Sahara.

La genetica in Europa durante il MIS 3, da [2]
LA POPOLAZIONE EUROPEA DURANTE IL MIS 3. Il lavoro su Current Biology fornisce un buon  report sulla genetica europea del tardo Pleistocene. La maggior parte del DNA mitocondriale appartiene a varie linee di U, un sottogruppo di N come lo è anche il più raro in Europa R, ma la grande novità è la presenza, in luoghi diversi dell'Europa atlantica, di 3 individui appartenenti al gruppo M vissuti tra Belgio e Francia tra 35 e 28 mila anni fa. In questo periodo è stato trovato anche un altro individuo dalle caratteristiche particolari vissuto in Romania 33.000 anni fa: possiede una linea molto antica di U che non ha lasciato discendenti.
È interessante notare che tutte queste – chiamiamole così – eccezioni appartengono ai cacciatori – raccoglitori europei vissuti prima dell'ultimo massimo glaciale. Lo studio del loro DNA mitocondriale dimostra due cose:
  1. delle tre soluzioni che ho presentato sopra la terza appare la più probabile
  2. alcune linee di U e tutte quelle di M sono state perse in una diminuzione della diversità genetica che è avvenuta durante la fase di raffreddamento che ha portato all'ultimo massimo glaciale: quindi tra 25 e 18.000 anni fa l'umanità europea si è trovata in un collo di bottiglia 

Questo collo di bottiglia è rappresentato dai pochi rifugi nell'area mediterranea in cui alcune popolazioni sono riuscite a sopravvivere.

LE DINAMICHE DEMICHE NELLA FASE DI RISCALDAMENTO POST GLACIALE. Durante Heinrich 1 gli uomini hanno potuto riconquistare l'Europa centrale. Tutti gli individui esaminati a nord delle Alpi appartengono a varie linee dell'aplogruppo U. Ma il dato interessante è che nelle linee di DNA mitocondriale del post-glaciale manca U5, che è invece la linea di U più diffusa nell'Europa odierna: in media la porta circa il 7% della popolazione [3]. 
U5 in quel periodo è stato trovato soltanto in Italia, mentre diventa la linea di U predominante del tardo-glaciale.
È interessante notare che la sostituzione avviene all'incirca quando si conclude Heinrich 1 e inizia, 14.500 anni fa, lo stadio di Bolling – Allerod: è da quel momento che U5 diventa preponderante, se non addirittura esclusivo.
Questo cambio demico viene confermato indirettamente da altri dati:
  • uno studio di qualche anno fa [4] ha stimato l'età dell'origine dei vari sottogruppi di U5: sono tutti molto giovani e la frequenza delle divergenze fra le varie linee presenta un massimo tra 16 e 12 mila anni fa, perfettamente in armonia con una larga diffusone della popolazione portatrice di questa linea avvenuta intorno al limite fra Heinrich 1 e Bolling – Allerod.
  • una seconda conferma che qualcosa è cambiato lo porta il nuovo stile di vita: cambiano i luoghi degli accampamenti, inizia lo sfruttamento delle risorse vegetali (prima la caccia era di gran lunga la fonte predominante di cibo) e finisce la fase culturale che aveva portato alle splendide pitture murali nelle grotte   

La storia del popolamento in Europa prima e durante
la glaciazione wurmiana, da [2] 
Riassumendo, quindi, le caratteristiche demografiche della popolazione umana europea da quando l'uomo anatomicamente moderno si è insediato in Europa, sono riassunte nella figura qui accanto: 
  • arrivati grazie alla fase calda del MIS 3, il freddo della fase glaciale Wurmiana (MIS 2) ha prodotto una diminuzione della popolazione con perdita di numerose linee e di areali
  • la sopravvivenza è stata garantita soltanto da rifugi lungo le coste mediterranee
  • grazie al successivo riscaldamento c'è stato un ritorno nell'Europa centrale e atlantica
  • la transizione fra la fase post – glaciale e il tardo – glaciale ha provocato in Europa Centrale una sostituzione demica e culturale
Comunque c'è ancora da accertare un dettaglio di non trascurabile importanza: la provenienza dei nuovi venuti che hanno soppiantato 14.500 anni fa i primi (ri)colonizzaotri dell'Europa centrale. Spero che arrivino novità a breve

[1] Stewart e Stringer (2012): Human Evolution Out of Africa: The Role of Refugia and Climate Change. Science 335, 1317-1321 
[2] Posth et al. (2016) Pleistocene Mitochondrial Genomes Suggest a Single Major Dispersal of Non-Africans and a Late Glacial Population Turnover in Europe, Current Biology (2016), http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2016.01.037
[3] Finnila et al (2001) Phylogenetic network for European mtDNA. Am J Hum Genet 68,1475–1484
[4] Malyarchuk et al (2010) The Peopling of Europe from the Mitochondrial Haplogroup U5 Perspective. PLoS ONE 5(4): e10285. doi:10.1371/journal.pone.0010285

martedì 9 febbraio 2016

La bufala delle lattine nel terremoto di Tainan e alcune altre riflessioni su edilizia e terremoti


Le immagini delle latte di olio annegate nel cemento in uno degli edifici crollati a Tainan nel terremoto del 5 febbraio e considerate parte delle colonne portanti e quindi causa del crollo sono state prontamente rilanciate in tutto il mondo, destando l'ovvio scalpore. Ma si tratta di un errore in quanto non erano contenute in delle colonne ma si tratta di un espediente tecnico e architettonico che serviva ad alleggerire una struttura non portante e quindi non hanno avuto nessun crollo. È comunque interessante, oltrechè pieno di immagini significative, il rapporto preliminare del dopo terremoto, ad opera di Yi-Hsuan Tu, professore di architettura dell'università nazionale taiwanese che fa il punto sullo stato delle costruzioni. Il rapporto, che è stato diffuso in Italia grazie al buon Mucciarelli,  è disponibile qui, e si presta a tutta una serie di commenti.

Inizio con la questione delle lattine di olio nel cemento. Le foto, fra le quali questa, hanno fatto il giro del mondo e sono state riprese da commentatori autorevolissimi come Dave Petley. Però, appunto, come fa rilevare Marco Mucciarelli, non si tratta di materiali che riempivano colonne portanti, ma di un espediente a metà fra necessità tecnica di ridurre il peso di alcune strutture non portanti e il design. 
Data l'importanza dei commentatori l'avevo rilanciata anche io, sia pure restando perplesso principalmente per due fattori:
  1. francamente la liquefazione mi sembrava spiegare piuttosto bene i problemi 
  2. la seconda che per fare una cosa del genere ci vogliono diverse persone che poi diventano (scomodi) testimoni

Di fatto questo espediente architettonico è stato largamente usato nell'isola e non riguarda solo il Weiguan Jinlong, il palazzo incriminato, la cui costruzione oltretutto risale al 1983, quindi ben prima del terremoto del 1999, dopo il quale operazioni del genere sono state espressamente vietate. 

L'IMPORTANZA DEGLI STANDARD EDILIZI. Sottolineo di nuovo come la scossa sia stata piuttosto significativa: nel terremoto di Tainan (scientificamente noto come “M6.4 - 28km NE of Pingtung, Taiwan del 5 febbraio 2016”) l'accelerazione di picco del suolo (quella che nelle carte dello scuotimento “fa” il grado nella scala Mercalli – o, meglio, MCS – ed è indicata come PGA – peak ground acceleration) ha superato il 35% di quella di gravità, ponendosi nella parte bassa dell'VIII grado, appunto nella scala MCS. 
Quindi non è stata una passeggiata di salute ma il dato significativo è che con uno scuotimento del genere in una città di 2 milioni di abitanti solo 10 edifici hanno riportato danni più o meno gravi crollando o venendo dichiarati inagibili.

È evidente che la maggior parte delle costruzioni rispettavano standard edilizi piuttosto severi. In questo caso bisogna sottolineare che la crescita della città è avvenuta in gran parte dopo il 2000. cosa è cambiato da allora? Semplice, che il 20 settembre 1999 a sud di Taipei c'è stato un fortissimo terremoto (M7.6) il cui ipocentro era ad appena a 5 km di profondità. Ci furono oltre 2000 morti e 50.000 edifici distrutti, compresi quelli in cemento.
A quel punto furono emesse delle norme edilizie piuttosto rigide e dato che a Tainan c'è stata una attenzione speciale in quanto all'epoca erano già arrivati i primi dati sulle deformazioni che stanno rialzando il terrazzo su cui è costruito il nucleo cittadino di cui ho parlato ieri (al proposito speriamo giungano presto i dati sui movimenti cosismici). Il terremoto dell'altro giorno è stato un ottimo banco di prova e difatti la maggior parte dei crolli riguarda edifici costruiti prima di quelle norme.

GLI EDIFICI COLLASSATI. Il professor Yi-Hsuan Tu nel rapporto indica che non più di 10 edifici in cemento armato sono stati interessati da collassi significativi, mentre non evidenzia quanti edifici a mattoni sono stati danneggiati (viene solo confermato che alcuni hanno avuto problemi); comunque il numero totale degli edifici poco danneggiati è basso, anche se non specificato e la stragrande maggioranza dei palazzi appare intatta.
Ci sono poi degli edifici inclinati, che non a caso sono tutti collocati vicino al fiume Yansuei: la liquefazione del terreno è considerata la causa del problema. Di recente oltre ai terremoti emiliani del 2012, alla liquefazione del terreno sono stati attribuiti molti dei forti danni dovuti al terremoto di Christchurch del 21 febbraio 2011 (ne ho parlato qui).
Altra particolarità è che la maggior parte degli edifici danneggiati si trova nella parte orientale della città e viene confermato che a parte quegli edifici, nel resto della città si sono registrate soltanto 2 vittime.

Quindi è chiaro che oltre al fattore costruttivo, la collocazione geografica (e quindi geologica) abbia rivestito un ruolo significativo nell'aumentare l'esposizione al rischio degli edifici.

ESAMINIAMO ORA ALCUNI EDIFICI CROLLATI. Il King’s Town Bank building è stato costruito circa 20 anni fa e come si vede ha completamente perso i 3 piani inferiori.
Lo Street building, demolito per questioni di sicurezza, e il Tachi market risalgono agli anni '80 hanno perso il piano inferiore adibito a magazzino commerciale. Quindi, come nel caso del King's Town Bank, il collasso ha riguardato un livello con poche e grandi sale e non la parte superiore adatta ad appartamenti o uffici. È interessante notare come in questo edificio erano state realizzate nel 2013 delle colonne per rinforzarne la struttura, probabilmente a seguito di uno studio sulla vulnerabilità.
Il caso più eclatante è quello del Wei-guan Golden Dragon Building, quello delle lattine, per intendersi. Lo vediamo prima del disastro. Anche questo edificio risale a circa il 2000.
Secondo l'Independent le banche rifiutavano i mutui per comprare appartamenti in questo edifico perché era noto come non sicuro.

Insomma, i crolli riguardano edifici costruiti prima della stretta normativa a seguito del terremoto del 1999.
Una parte significativa del rapporto riguarda l'edilizia scolastica: gli edifici non a norma sono stati sottoposti a lavori che hanno permesso di resistere al sisma: nessuna scuola o ospedale è stato danneggiato.

CONSIDERAZIONI IMPORTANTI UTILI ANCHE PER NOI.
Oltre a ribadire che anche il caso di Tainan dimostra come non sia il terremoto ad uccidere, ma i killer sono gli standard edilizi insufficienti e/o la posizione sbagliata degli edifici, ci sono da fare delle considerazioni importanti sull'Italia.

La prima è sugli "edifici sensibili". Ci sono tre classi di edifici che devono essere obbligatoriamente resistere ad un sisma:  
  1. le scuole, perché proteggere la popolazione giovane è fondamentale (San Giuliano di Puglia docet...) e perché sono ideali per sistemare gli sfollati
  2. gli ospedali, sia perché in caso di terremoto ce n'è bisogno sia perché con tutto quello che c'è da fare pensare anche a sgomberarli è un grosso problema
  3. i centri di protezione civile, perché snodi nevralgici della macchina dei soccorsi

Purtroppo in molti caso sono stati fra i pochi edifici danneggiati o distrutti da sismi recenti. È necessario adeguare queste strutture in base alla pericolosità sismica e non in base alla zonazione per comune, ma in base a quella particolare del sito in cui sono costruiti (e in caso di problemi troppo difficili da risolvere delocalizzazione obbligatoria.

Nelle operazioni immobiliari è di legge inserire una certificazione sulla classe di appartenenza dell'immobile dal punto di vista del rendimento energetico. Sarebbe interessante inserire anche le condizioni dell'immobile dal punto di vista antisismico. Ma tanto, come per la classificazione energetica, la cosa verrebbe percepita come uno dei soliti “lacci e lacciuoli” burocratici che tartassano gli italiani e ostacolano lo sviluppo...


lunedì 8 febbraio 2016

Il terremoto di Taiwan del 5 febbraio: una situazione geologica particolare e un monito per l'Italia


Il terremoto del 5 febbraio a Tainan, SW di Taiwan, si presta a diverse considerazioni. Una prima, scientifica, perché la zona è contraddistinta da forti movimenti tettonici asismici, una situazione particolare ma analoga ad altre aree del mondo. Una seconda è che la scoperta di questi movimenti è stata tenuta di conto dai regolamenti edilizi in quanto nonostante il tumultuoso aumento di popolazione, quasi triplicata in 20 anni, senza il collasso del complesso di 4 edifici ci sarebbero state davvero pochissime vittime nonostante una scossa non fortissima, ma che in alte nazioni (cito non a caso l'Italia, avrebbe provocato davvero tanti morti e sfollati, dimostrando quindi che il killer non è il terremoto, ma lo sono le pratiche edilizie non adeguate. Questo a monito per quei deficienti di politici e lobbisti vari che hanno fatto di tutto per evitare la riclassificazione in termini di normative antisismiche più stringenti in varie parti del nostro Paese. 

Nella zona di collisione di Taiwan abbiamo una veloce convergenza fra la zolla del mare delle Filippine e quella euroasiatica che le scorre sotto [1]. La storia geologica di quest'area è molto complessa e esula dalla materia di questo post. Accenno solo al fatto che il contesto tettonico è differente da quello del resto del margine continentale pacifico dell'Asia: dall'Alaska alla Kamchatka, al Giappone la zolla pacifica scende sotto l'Eurasi; nell'area di Taiwan, dove tra le due zolle principali si frappone quella delle Filippine, la subduzione è rivolta verso est, verso il Pacifico perchè è l'Eurasia che scende sotto alle Filippine, con la progressiva chiusura del Mar Cinese Meridionale. Questo braccio di crosta oceanica nella zona più settentrionale si è già chiuso e circa 6 milioni di anni fa è avvenuta la collisione fra l'arco di Luzon e il margine continentale cinese, con la formazione delle montagne della zona orientale di Taiwan. di conseguenza la catena di Taiwan è contraddistinta da una polarità inversa a quelle del Giappone: i sovrascorrimenti principali immergono verso il Pacifico anzichè verso l'Asia, e Taiwan si sta muovendo in direzione SW rispetto al continente.

Immagine da [2]: I. terrazzo di Tainan II. piana di Tawan
III. terrazzo di Chungchou
IL CASO PARTICOLARE DI TAINAN. La città si trova nella pianura costiera sudoccidentale di Taiwan, tra la piattaforma continentale della Cina meridionale (lo stretto di Taiwan) e la catena collisionale che forma la parte orientale dell'isola, dove è evidente il classico prisma di accrezione.
Fino a qualche anno fa solo la zona orientale di Taiwan era considerata a forte rischio sismico, ma da un pò di tempo gli scienziati hanno capito che tutta l'isola è interessata da forti movimenti tettonici che la mettono a rischio.
Vediamo in figura 2 la situazione geografica: la maggior parte della città è stata costruita sul terrazzo di Tainan, un'area pianeggiante rialzata rispetto a quelle circostanti di una trentina di metri, lungo circa 12.5 km e largo 4, orientata all'incirca N/S [2]
Questo terrazzo è limitato a W dalla faglia di Tainan, ad E da quella di Houchiali dove comincia la piana di Tawan. A sua volta questa zona ribassata è separata dal terrazzo di Chungchou dalla omonima faglia. Tutte e tre le faglie sono molto inclinate e quindi possono essere considerate dei sovrascorrimenti. In particolare la più occidentale, quella di Tainan, è considerata l'espressione superficiale del limite del fronte deformativo tra la placca euroasiatica e quella del mare delle Filippine.  
 .
Le deformazioni verticali misurate
tra il 2007 e il 2009 lungo la linea
A-A' della figura precedente,
sempre modificata da [2] 
Negli anni '90 rilievi radar da satellite hanno evidenziato che quella zona era tutt'altro che stabile come invece si credeva: in particolare presentava una deformazione continua con la quale il terrazzo si rialza al ritmo di 1.5 cm/anno, mentre le misure GPS evidenziavano  una componente orizzontale di più di 1 cm/anno verso WSW rispetto alle isole Penghu, poste nello stretto di Taiwan, che fanno parte dell'Asia stabile [3]. Vediamo nell'immagine qui accanto la deformazione verticale fra il 2007 e il 2009.
Il bassopiano di Tawan si stia abbassando di circa 0,5 cm/anno, ma non mi è chiaro se questo movimento abbia una origine tettonica e/o presenti una subsidenza a causa della deposizione di sedimenti.

È importante osservare che questi movimenti non possono essere associati a una deformazione provocata da terremoti e che la loro origine è puramente locale. La prima interpretazione è stata quella dell'accumulo di deformazione sopra ad una piega anticlinale in formazione.
Da quell'epoca si sono moltiplicati gli studi, anche perchè nel mare vicino sono stati trovati buoni giacimenti di idrocarburi e c'è una certa abbondanza di profili sismici a riflessione.

Quindi il terrazzo di Tainan è l'espressione morfologica di una struttura in formazione sottostante, collegata al fronte della deformazione che sta proseguendo fra Taiwan e la Cina continentale e il suo sviluppo è guidato dalle due faglie che la limitano (Tainan e Houchiali), le quali si muovono in modo asismico da parechcio tempo (nel mondo ci sono varie aree che presentano situazioni simili, in cui lungo le faglie i movimenti sono continui e asismici). 
Negli ultimi modelli sotto la zona di Tainan è indicata una superficie suborizzontale a circa 3.5 km di profondità la cui attività controlla le tre faglie superficiali.
La stessa situazione è descritta in un'area poco più a sud in un lavoro in uscita in questi giorni [3].
Il meccanismo del terremoto del 5 febbraio 2016 di M 6.4 è quello di una faglia inversa a media angolazione a circa 20 km di profondità. Il meccanismo focale indica una rottura su un piano di faglia orientato circa NW/SE che immerge verso NE. La deformazione superficiale è quindi l'effetto di queste deformazioni profonde.
Sarò davvero interessante capire come il terrazzo ha reagito durante il terremoto, in particolare se ha accentuato l'innalzamento o se, al contrario, il sisma ne ha provocato un abbassamento. Penso che fra un pò di tempo ne sapremo qualcosa propri perchè l''area è abbindantemente monitorata.

la liquefazione del terreno sottostante appare la causa 
più probabile per l'incilnazione di questo palazzo
IL TERREMOTO E LA RISPOSTA DEGLI EDIFICI DI TAINAN: UNA RIFLESSIONE VALIDA PER L'ITALIA. Un aspetto interessante di questo terremoto è stato la risposta degli edifici. È importante ricordarsi che non sono i terremoti a fare vittime, ma l'edilizia non adeguata (come hanno terribilmente dimostrato in Italia San Giuliano di Puglia e L'Aquila). 
Quando furono scoperte, le deformazioni che interessavano l'area di Tainan hanno suscitato una forte apprensione dal lato del rischio sismico. All'epoca la città contava solo 700.000 abitanti contro i 2 milioni di oggi e un terremoto in cui l'accelerazione cosismica ha raggiunto il valore del 40% rispetto alla accelerazione di gravità solo un singolo complesso di 4 edifici è collassato: tutte le vittime sono state registrate qui, a parte due morti, colpiti dalla caduta di detriti e non si hanno notizie di massicci sfollamenti. Ergo, le strutture di tutti gli altri edifici della città sono state realizzate in modo da resistere al terremoto. Una ottima lezione per tutti (specialmente in Italia): un terremoto come questo non desta particolari apprensioni in zone caratterizzate da buone pratiche edilizie, che vanno dalla struttura ben progettata ed eseguita alla giusta localizzazione degli edifici.
Per spiegare i pochi crolli avvenuti ci sono 3 possibilità:
  • cattive pratiche edilizie
  • accelerazione delle onde sismiche
  • liquefazione del terreno 

Per l'edificio di questa immagine la liquefazione sembra la causa più probabile.


EDIT: stanno facendo il giro del mondo le foto delle colonne in cemento dai palazzi collassati. Direi che le responsabilità dei costruttori sono evidenti... Dire che annegare nel cemento delle colonne dei contenitori per cibo o olio usate sia delinquenziale è dire poco...
edit II: giunge una smentita da parte della commissione tecnica che indaga. Si tratta di controsoffitti che erano stati alleggeriti. 
Domani scriverò delle precisazioni

[1] Lin et al 2003 Cenozoic stratigraphy and subsidence history of the South China Sea margin in the Taiwan region Basin Research 15, 453–478
[2] Huang et al 2009 Active deformation of Tainan tableland of southwestern Taiwan based on geodetic measurements and SAR interferometry Tectonophysics 466, 322–334
[3] Ching et al. 2015 Rapid deformation rates due to development of diapiric anticline in southwestern Taiwan from geodetic observations, Tectonophysics (in press)